11 Gennaio 2017 - 16.35

NOVENTA VIC.NA – Martedì 10: giornata di fuoco (e di ghiaccio) al Pronto Soccorso

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Un pomeriggio di fuoco, o meglio, di ghiaccio, al pronto soccorso di Noventa di Vicentina. Ce lo racconta con una lettera-cronaca un’insegnante di Italiano dell’ITEC Masotto di Noventa Vicentina, vittima come molti vicentini di disavventure legate al fondo ghiacciato delle strade, dei parcheggi e dei marciapiedi. Con breve, simpatico e autoironico racconto Francesca Ghiro, di Agugliaro, narra le quanto accaduto nella giornata di martedì, nota anche come la giornata della ‘freezing rain’ nel Vicentino.

Nella mattinata del 10 gennaio mi recavo, come d’abitudine, a scuola in auto, percorrendo la nuova strada che dalla località Sopral’acqua conduce direttamente in Riviera Berica. Il fondo stradale si presentava come una pista di pattinaggio, non era stato sparso il sale, non riuscivo a controllare il volante: ho preso l’impavida decisione di procedere in prima, ai 20 all’ora, non prima di aver allertato scuola e famiglia sui pericoli che mi attendevano. Una volta giunta in Riviera Berica, la situazione mi è apparsa migliore, il traffico era regolare e scorrevole, anche se più lento del solito, io ho mantenuto una velocità di crociera di 30 all’ora. Arrivata a scuola, all’ITEC Masotto in Noventa Vicentina, ho ringraziato le divinità e gli angeli tutti, ma, scendendo dall’auto, ho messo il piede in fallo, più precisamente su un cumulo di nevischio, terminando lunga distesa. Ho sentito subito dolore ad una caviglia ma, devo ammetterlo, per me l’importante era che nessuno m’avesse vista franare indecorosamente. Sono andata in classe e ho fatto le mie lezioni come se nulla fosse, al termine delle quali ho deciso di farmi visitare il piede, a causa dell’intensificazione del dolore.
Mi sono recata quindi al Pronto soccorso dell’ospedale di Noventa Vicentina (meno male che ancora esiste) perché non avrei avuto il coraggio di andare al San Bortolo di Vicenza con le strade in quelle condizioni. Al pronto soccorso la situazione è apparsa subito critica: in sala d’attesa si accalcavano decine di persone, tutte vittime della freezing rain. Un’affluenza davvero eccezionale, il tabellone segnalava costantemente dai 15 ai 20 pazienti in attesa e altrettanti in ambulatorio; c’erano poi gli accompagnatori-badanti, il personale ausiliario si è dato molto da fare per recuperare sedie per tutti. Si prospettava un’attesa lunghissima, dato che tutti dovevano essere sottoposti ad esame radiologico e tra medici ed infermieri io non ho contato più di 4-5 persone. L’età media dei feriti e contusi era abbastanza elevata, non mancavano però i baldi giovani, al che mi sono un po’ consolata: anche gli anziani si consolavano, apparivano sollevati quando scoprivano che anche persone più aitanti di loro avevano avuto lo stesso tipo di incidente; perché a scivolare sul ghiaccio ci si sente un po’ degli imbranati. Mentre i più giovani presentavano più che altro contusioni e slogature agli arti inferiori, gli anziani avevano battuto teste, sederi, braccia: ho visto molte fratture ai polsi, sono state fatte molte tac alla testa e controlli alla colonna vertebrale.

Tanti tipi umani, dall’anziano e distinto signore in giacca, cravatta e 24 ore, alla casalinga con la traversa sporca di sugo, dal signore con turbante giallo e palese accento orientale, esperto di meteo che profetizza temperature vieppiù rigide fino ad una nuova globale glaciazione, al nonnino silente accompagnato da nipote con cuffiette e telefonino, per estraniarsi da quella realtà di sofferenza; dalla ragazza con jeans strappati e sneackers che dava la colpa di tutto all’odiato padre (Kafka docet) al di lei padre che imputava alle maledette Converse di pezza con suola liscia (daghe on tajo de nare in volta con chee zavate, istà e inverno!).
E poi tutti i cellulari scarichi, che “come fazo ciamar casa che i vegna torme?! Signora, c’è una cabina là: peccato che l’apparecchio funzioni con i defunti gettoni”.

Io me la sono cavata in maniera relativamente celere: pensavo che ci avrei trascorso anche la serata, invece dopo tre ore (dalle 15:00 alle 18:00) sono stata dimessa con una banale slogatura alla caviglia, qualcuno è stato meno fortunato di me ed è uscito col gesso. Sicuramente desidero esprimere il mio ringraziamento al personale medico e paramedico (nelle persone della dott.ssa Evangelia Ntirogianni e dell’infermiere Massimo De Marchi) per la professionalità, la solerzia e lo zelo con cui si è preso cura di noi vittime della freezing rain.

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