24 Dicembre 2020 - 11.12

Natale di guerra? Guardatevi “Joyeux Noel”

Anche se, parlando della lotta al Covid-19, metaforicamente vengono utilizzati termini bellici, questo non lo possiamo definire un Natale di guerra, almeno non nel senso di guerra guerreggiata. I nostri ragazzi non sono al fronte, non ci sono restrizioni alimentari, non ci piovono bombe sulla testa. Purtroppo ci sono le decine di migliaia di morti, ma c’è da dire che sicuramente avrebbero potuto essere molti meno se tutti gli italiani avessero sempre rispettato scrupolosamente le norme anti contagio.

Ma in ogni caso questo è un Natale “diverso”. La pandemia ci costringe a non abbracciarci, a restare in casa, magari a non festeggiare con i nonni. Forse sarà l’occasione di riscoprire il senso vero della festa, quello “intimo”, quello che non prevede la frenesia che negli ultimi decenni ci ha accompagnato fino allo scoccare del fatidico 25 dicembre; l’ansia per il regalo giusto da fare, l’albero da addobbare, le ore passate a tavola per gustare manicaretti d’ogni sorta, e la successiva fuga verso le piste innevate delle nostre montagne.

Fra i “riti” di questa “Festa della famiglia”, perchè non dobbiamo dimenticare che questa è la vera essenza del Natale, ci sono certamente i film natalizi.

E ogni famiglia ha la propria tradizione cinematografica legata a questo periodo dell’anno: c’è chi guarda i film di Natale romantici, chi i cartoni animati con i bambini; chi ama i cine panettoni all’italiana, e, ancora, chi preferisce i film di Natale americani con il classico lieto fine.

Certo tutto va bene per passare un paio d’ore serene, ma io mi permetto di segnalarvi “Joyeux Noel – Una verità dimenticata dalla storia”, un film non recente, girato nel 2005 dal regista Christian Carion, in cui il Natale e la guerra sono i veri protagonisti; a mio avviso uno dei migliori film antimilitaristi della storia del cinema,

Se non lo avete visto è un film da non perdere, e se lo avete visto è senz’altro da rivedere, soprattutto perchè si tratta di una storia vera, avvenuta nella notte di Natale del 1914, nelle trincee dove si confrontavano sanguinosamente militari francesi, supportati da una squadra di scozzesi, e soldati tedeschi.

Non ho intenzione di raccontarvi la trama completa del film, anche per non togliervi il piacere della visione.

Solitamente qualche televisione lo riscopre durante il periodo natalizio, ma sono certo che su Youtube o su qualche altro network non dovrebbe essere difficile trovarlo.

Qual’ è la storia narrata in “Joyeux Noel” (che immagino avrete capito vuol dire semplicemente “Buon Natale”?

È la vigilia di Natale del 1914, il primo da quando è iniziata la Grande Guerra.

Nel fango delle trincee del fronte occidentale, nelle Fiandre, avviene un fatto inaspettato, quasi incredibile.

E credo che il miglior modo per raccontarlo siano le parole di un soldato inglese di nome Tom, che in una lettera alla sorella scrisse: “………Ieri mattina, la vigilia, abbiamo avuto la nostra prima gelata. Benché infreddoliti l’abbiamo salutata con gioia, perché almeno ha indurito il fango. Durante la giornata ci sono stati scambi di fucileria. Ma quando la sera è scesa sulla vigilia, la sparatoria ha smesso interamente. Il nostro primo silenzio totale da mesi! Speravamo che promettesse una festa tranquilla, ma non ci contavamo. Di colpo un camerata mi scuote e mi grida: “Vieni a vedere! Vieni a vedere cosa fanno i tedeschi!”. Ho preso il fucile, sono andato alla trincea e, con cautela, ho alzato la testa sopra i sacchetti di sabbia. Non ho mai creduto di poter vedere una cosa più strana e più commovente. Grappoli di piccole luci brillavano lungo tutta la linea tedesca, a destra e a sinistra, a perdita d’occhio. “Che cos’è?” ho chiesto al compagno, e John ha risposto: “Alberi di Natale!”. Era vero. I tedeschi avevano disposto degli alberi di Natale di fronte alla loro trincea, illuminati con candele e lumini. E poi abbiamo sentito le loro voci che si levavano in una canzone: “Stille Nacht, heilige Nacht…”. Il canto in Inghilterra non lo conosciamo, ma John lo conosce e l’ha tradotto: “Notte silente, notte santa”. Non ho mai sentito un canto più bello e più significativo in quella notte chiara e silenziosa. Quando il canto è finito, gli uomini nella nostra trincea hanno applaudito. Sì, soldati inglesi che applaudivano i tedeschi! Poi uno di noi ha cominciato a cantare, e ci siamo tutti uniti a lui: “The first nowell the angel did say…”. Per la verità non eravamo bravi a cantare come i tedeschi, con le loro belle armonie. Ma hanno risposto con applausi entusiasti, e poi ne hanno attaccato un’altra: “O Tannenbaum, o Tannenbaum…”. A cui noi abbiamo risposto: “O come all ye faithful…”. E questa volta si sono uniti al nostro coro, cantando la stessa canzone, ma in latino: “Adeste fideles…”.

Tutto ebbe inizio quindi con i canti di Natale, che sono da sempre un linguaggio universale, tanto che i soldati dei due schieramenti riuscivano a cantare contemporaneamente le medesime canzoni, ognuno nella propria lingua madre.

E non è un caso che la scena emotivamente più forte del film sia quella del canto di Natale che si alza dalla trincea tedesca, subito accompagnato da una cornamusa scozzese, a cui si aggiunge un’armonica francese.

Coinvolti in questo momento “magico” i soldati trovarono il coraggio di uscire lentamente dalle trincee, attraversarono la terra di nessuno, e iniziarono a salutarsi e a stringersi la mano.

Sul fronte era presente anche il tenore Walter Kirchhoff dell’Opera di Berlino. Il musicista inviato dal principe Guglielmo di Prussia, cantò per i ragazzi del 120° e 124° reggimento Wurttemberg, attirando plausi non solo dai suoi compagni tedeschi, ma anche dalle truppe nemiche accalcate a una settantina di metri di distanza; i soldati francesi sui parapetti opposti avevano applaudito e chiesto il bis.

Era l’inizio di quella che è passata alla storia come la “Tregua di Natale”.

Tregua che continuò anche il giorno successivo, festa della Natività, e che portò con sé sentimenti di pace e di buona volontà e, inevitabilmente, anche la malinconia di casa e della famiglia.

Fraternizzando con il nemico, ai soldati apparve evidente che all’altra estremità del fucile vi era qualcuno molto simile a loro; in fondo erano gli stessi ragazzi della classe lavoratrice, con la stessa voglia di tornare a casa a riabbracciare i propri cari.

Vennero sepolti i caduti abbondonati nella terra di nessuno, e vi furono attimi di vera fratellanza. I regali ricevuti dai soldati per Natale diventarono doni ideali da scambiare con il “nemico”; gli inglesi avevano tabacco e cioccolato, i tedeschi sigari e salsicce.

Ad un certo punto spuntò anche un pallone e si organizzano partite di calcio: tedeschi contro inglesi. Il calcio non era ancora uno sport molto famoso ma era già diffuso, perché ha il pregio di potersi giocare con una palla di stracci cuciti, e due sassi a far da porta; regole semplici e divertimento assicurato.

Di una di queste partite parlò nei primi giorni di gennaio 1915 il quotidiano inglese Times, addirittura riportando il risultato:133esimo Reggimento Reale Sassone batte Scottish Seaforth Highlanders 3 a 2.

C’è da dire che gli Alti Comandi purtroppo non gradirono l’iniziativa dei loro soldati, e subito inviarono ordini affinché tale condotta poco “bellicosa” cessasse al più presto. Il Comando tedesco riaffermò addirittura le regole che proibivano la fraternizzazione con il nemico, ricordando che quelle azioni erano punibili come alto tradimento.

Per porre immediatamente fine all’intesa che si era venuta a creare fra gli schieramenti avversari, i Generali decisero di togliere dalla linea di fronte le truppe che avevano “familiarizzato” con le loro controparti nemiche, e le rimpiazzarono con soldati che non erano stati coinvolti nella cosiddetta “Tregua di Natale”. Partì anche un’operazione di censura di qualsiasi notizia riguardasse la tregua del 1914, si arrivò persino a negare ufficialmente che fosse mai avvenuta. Infine, per prevenire qualsiasi impulso a fraternizzare, il successivo Natale del 1915 i comandanti britannici ordinarono una lenta e continua raffica di artiglieria ad ogni ora del giorno.

Da febbraio 1915 nessuno parlò più di quella “tregua di Natale”, e la storia venne ripresa solo molti anni dopo, grazie alle moltissime lettere dei soldati che l’avevano vissuta.

Al di là di ciò che accadde poi, delle decisioni degli Alti comandi, della posizione degli Stati, della censura, rimane che la tregua del Natale del 1914 sul fronte francese fu un momento unico nella storia dell’umanità, un evento straordinario in cui prevalse la solidarietà umana e la fratellanza fra i popoli, un avvenimento che rivela la forza sorprendente dell’animo umano, capace di trovare speranza e pace anche nei momenti più difficili e disperati.

E come meglio esprimere questi sentimenti se non con la chiusa della citata lettera del soldato Tom: “……Questi soldati sono simpatici, ma eseguono gli ordini e noi facciamo lo stesso. A parte che siamo qui per fermare il loro esercito e rimandarlo a casa, e non verremo meno a questo compito. Eppure non si può fare a meno di immaginare cosa accadrebbe se lo spirito che si è rivelato qui fosse colto dalle nazioni del mondo. Ovviamente, conflitti devono sempre sorgere. Ma che succederebbe se i nostri governanti si scambiassero auguri invece di ultimatum? Canzoni invece di insulti? Doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte le guerre? Il tuo caro fratello Tom”.

Avrete certamente capito che quella narrata in “Joyeux Noel” non è una storia a lieto fine. Tanti, troppi, di quei ragazzi che diedero vita alla “Tregua di Natale” nel fango delle trincee della prima guerra mondiale non tornarono a casa, non riabbracciarono le loro nonne, le loro mamme, le loro spose, i loro bambini.

E quell’episodio fu l’ultimo lampo di umanità prima che gli orrori della Grande Guerra mettessero da parte ogni “fratellanza”.

Ecco perchè, tornando all’oggi, i sacrifici che ci vengono richiesti per contrastare la pandemia da Covid-19 non sono minimamente comparabili con quello che hanno vissuto i nostri nonni durante i conflitti del passato, e anzi il solo paragonarli lo ritengo disonesto ed indegno.

Le guerre che purtroppo ancora oggi si combattono in molte parti del mondo sono il tempo dell’odio, il tempo in cui per sopravvivere si è costretti ad uccidere altri uomini.

Questo Natale 2020, per noi che abbiamo la fortuna di vivere in pace, deve invece essere il momento della vicinanza, della solidarietà, e soprattutto della responsabilità individuale, nel rispetto delle disposizioni anti contagio, indispensabile per superare questo momento difficile per l’intera umanità.

E perchè no? Anche della speranza che l’unica vera arma che abbiamo a disposizione, i vaccini, riescano a debellare il Covid-19 e le sue varianti.

A tutti voi “Buon Natale” da Tviweb.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA