21 Gennaio 2021 - 11.55

Melomani e streaming: un anno triste e grottesco per l’Opera

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di Alessandro Cammarano

“Andrà tutto bene”, così si leggeva ormai quasi un anno fa sui lenzuoli che pendevano da balconi e finestre e che adesso sembrano l’eco lontana di una speranza che oggi appare sempre più grottesca.

Non è andato tutto bene, proprio per niente, e le prospettive perché la situazione cambi in un futuro prossimo sono prossime allo zero. Pessimismo cosmico? No, puro realismo.

Tra i settori che soffrono – e onestamente non si sa per quanto potranno ancora resistere – sicuramente quello dello spettacolo dal vivo è sul podio del campionato di disinteresse da parte della politica che a parole si fa paladina della cultura ma nei fatti rivolge le sue attenzioni altrove.

La mancanza di teatro, di concerti, di opere si sta facendo pesante anche per il pubblico, cui è stato di fatto tolta la possibilità di partecipare a quello che Paolo Grassi ebbe a definire una liturgia collettiva nella quale la rappresentazione costituisce la parte più importante ma non la sola. L’attesa, l’uscita di casa, l’abbigliamento, l’atmosfera della sala, il contatto con gli altri spettatori, la compartecipazione, l’empatia con gli artisti: ogni aspetto entra a far parte di un “unico” insostituibile.

In mancanza d’altro in qualche maniera ci si ingegna – la musica, lo si voglia o no, scandisce e caratterizza le giornate di ciascuno di noi: dal jingle pubblicitario alla sinfonia – e l’appassionato cerca conforto nell’ormai ampio ventaglio di proposte offerte dallo streaming. Dai concerti “finto-live” a produzioni, poche, espressamente realizzate con linguaggi visivi ripensati alla bidimensionalità dello schermo.

Molti teatri – grazie anche a Rai5, RaiPlay e ClassicaHD – hanno aperto le porte dei loro archivi riproponendo allestimenti storici dove oltre a perle di assoluta bellezza si trovano anche inguardabili fondacci di magazzino.

L’ineffabile ministro Franceschini intanto lancia “ItsArt”, nuova piattaforma che per sua definizione dovrebbe essere “la Netflix della cultura ma che al momento poggia su due zampette fatte di argilla: e niente, fa già ridere così.

Assai meglio fanno all’estero: è emblematico un “Falstaff” dall’Opera di Malmö pensato per un numero ridottissimo di spettatori in sala e interamente concepito per la trasmissione in streaming e con vendita di biglietti.

Le uniche risposte convincenti da parte dei teatri italiani sono state finora “Il barbiere di Siviglia” dall’Opera di Roma pensato come un film da Mario Martone e le tre produzioni del Festival Donizetti di Bergamo, queste ultime visibili – giustamente – a pagamento.

L’appassionato si sta tristemente abituando, o meglio assuefacendo, a questa nuova e forzata modalità di fruizione per la quale comunque non sempre è disposto a pagare un biglietto virtuale.

Inoltre si fa fatica ad immaginare un loggionista sfegatato, abituato al pari di un tifoso da curva a manifestare platealmente il suo consenso o la sua disapprovazione anche durante la recita, che si dimena e fischia in dissenso davanti al monitor di un computer, magari anche con le cuffie per non dare fastidio alla moglie che pisola e alla quale l’opera fa schifo da sempre.

Eppure qualche vantaggio lo streaming lo porta, per esempio apre alla possibilità di accesso a spettacoli altrimenti “invisibili” ai più dando voce non solo ai teatri di maggior prestigio ma anche alle realtà più piccole o “di nicchia”, ma qui si apre un’ulteriore fonte di discussione che verte sulla qualità tecnica.

Se si continuerà a pensare allo streaming come una rappresentazione plastica della realtà che si vive “in presenza” allora non si andrà lontano; tutto andrà ricalibrato, anche con l’aiuto di cantanti e attori che saranno chiamati a movimenti scenici del tutto diversi e più esteriorizzati rispetto a quelli richiesti da cinema e televisione.

Per non chiudere su note eccessivamente malinconiche pensiamo anche alla nuova categoria nata da questo sfracello planetario: il melomane fai-da-te.

Basta fare un giro sui nuovi sociali, a cominciare da Tik-Tok, dove dopo aver digitato “opera” nella stringa di ricerca e aver schiacciato INVIO si accede ad un fantastico mondo di tardone che mimano l’aria della Regina della Notte e pensionati che straziano “Nessun dorma”. Provare per credere, in fondo anche questo è streaming, ma non fatelo sapere a “ItsArt”.

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