15 Marzo 2020 - 12.34

Ma la Spagna? Ecco la testimonianza di Enrico

Sarà per il sole, sarà per il carattere aperto, sarà per la comune tradizione cattolica romana, fatto sta che Italia e Spagna sono due Paesi per certi aspetti simili, anche se spesso si sentono in concorrenza.In questa contingenza da epidemia da Covid19, inimmaginabile solo un mese fa, l’Italia si trova ed essere la nazione con più malati, ma la Spagna la sta seguendo a ruota, ed è attualmente al secondo posto in Europa per contagi. Dopo alcuni tentennamenti, il Governo Sanchez sembra avere ora imboccato la “via italiana”, fatta di restrizioni alla mobilità dei cittadini ed alle attività economiche.

Abbiamo pensato di sentire al riguardo le impressioni di un nostro connazionale che risiede in Espana da oltre dieci anni.Si tratta di Enrico Maria Crisostomo, un padovano che lavora e vive  a Madrid, con la moglie spagnola e due bambine, Sofia e Irene. Gli abbiamo chiesto quale sia la situazione attuale nella capitale spagnola, e queste sono le sue risposte

Qual è la situazione attuale a Madrid relativamente all’emergenza coronavirus?

Direi che, fino all’inizio della settimana scorsa, la maggior parte delle persone non aveva la sensazione che le misure che ora sta prendendo il Governo sarebbero diventate realtà. Io notavo che la gente tendeva a minimizzare il problema. Ma con il passare dei giorni, e soprattutto da quando in Italia si è cominciato a parlare di “confinamiento” per milioni di persone, la gente ha cominciato forse ad informarsi di più, e a guardare all’Italia come esempio di ciò che stava per arrivare qui.

Cosa è cambiato nella vita della sua famiglia in questi ultimi giorni?

Principalmente la logística: ad esempio le nostre due bambine hanno dovuto smettere di andare a scuola, e sia io che mia moglie abbiamo cominciato a tele-lavorare. Per certi versi è anche comodo, ma i bambini hanno bisogno di stimoli ed attenzioni quasi continue, ed è una sfida difficile seguirle, dovendo  anche lavorare.  Nei giorni scorsi la vita si è svolta in modo quasi normale, ma  già oggi ho trovato il parco in cui porto le “chicas” a giocare interdetto dai nastri della polizia. 

Secondo lei c’è stata in Spagna una sottovalutazione del rischio epidemia?

Non ne sono sicuro, perché non ho i numeri per dirlo, e sicuramente non sono cosciente di tutte le variabili che stanno valutando gli esperti nei loro modelli. Da un lato posso dire che ho visto le aziende muoversi in anticipo: i piani di contingenza e di predisposizione al telelavoro, nei casi più virtuosi, erano cominciati due settimane fa. Nel contempo, il Governo centrale e quello della Comunidad di Madrid mandavano messaggi tranquillizzanti, assicurando che si era preparati a tutto, e non si sarebbero prese misure “eccessive”.  Abbiamo visto come è andata a finire, e da domani si annunciano misure ancora più restrittive quanto alla mobilità, del tutto simili, se non addirittura più drastiche, a quelle prese in Italia.

Da italiano che vive all’estero, che impressione ha delle misure fin qui adottate in Italia?

Anche in questo caso ho qualche dubbio.  Se da un lato è vero che l’esempio cinese, numeri alla mano, sembra avere funzionato, resta da vedere e ci vorranno ancora un paio di settimane, se le misure adottate in Italia sono quelle giuste. Alcune voci sono dissonanti, e forse l’esempio più rilevante  è quello del Regno Unito e del premier Boris Johnson, che afferma basicamente che restrizioni troppo forti e troppo anticipate nei tempi  potrebbero addirittura avere un effetto negativo nel contenimento dell’infezione. Io penso che l’esperienza del telelavoro a questi livelli, in un paese poco abituato a questa modalità di impiego come l’Italia, sarà comunque un esperimento positivo per il futuro. Una differenza grande tra l’Italia e la Spagna è la densità di popolazione e le dimensioni di alcuni grandi nuclei urbani. Chiunque, come me, abbia vissuto sia a Milano che a Madrid, ha ben presente la differenza del numero di lavoratori che, ogni giorno, si muovono dentro la capitale spagnola e la sua cintura urbana facendo uso dei mezzi pubblici.    A tal proposito, se fosse stato promosso il telelavoro con maggior anticipo rispetto ad ora, probabilmente si sarebbero potuti avere effetti positivi nel ridurre la propagazione dell’infezione

Ritiene che, giorno dopo giorno, progressivamente la Spagna adotterà misure analoghe a quelle italiane?

A questo punto penso proprio di sì. Nel bene e nel male, la Spagna segue  l’Italia a ruota, con uno scarto di pochi giorni. Spero che faremo tesoro dell’esperienza italiana al meglio, per poter far “virare la barca” della nazione quando siamo ancora in tempo.

Secondo la sua percezione, qual è il “sentiment” degli spagnoli rispetto all’epidemia?

Gli spagnoli in generale mi sono sempre sembrati meno inclini alla preoccupazione dei miei connazionali italiani. Anche in questo caso, visto che mantengo giornalmente contatti con persone di molte nazionalità, continuo a percepire l’italiano medio come una persona più incline all’ansia. Sappiamo che è un meccanismo di difesa: spero che in questo caso serva a salvare vite umane.Ritiene che se le Autorità lo chiedessero, gli spagnoli sarebbero disposti a chiudersi in casa, rinunciando al loro stile di vita?Senza dubbio: gli spagnoli condividono con gli italiani un carattere aperto e spesse volte “furbo”. Ma dopo oltre un decennio che vivo qui, posso dire che in generale la popolazione è molto ligia quando si tratta di rispettare le prescrizioni ed i divieti delle autorità. E già oggi girando per la città la cosa che balza agli occhi è il vuoto; la gente mostra di aver ben capito la gravità del momento, e comincia a stare in casa.  

Enrico  ci conferma l’idea che ci eravamo fatti circa le risposte degli altri Governi europei rispetto a quella del nostro Paese. Diciamo la verità.  Credo che ognuno di noi si sia chiesto nei giorni scorsi: ma non è che stiamo esagerando?  Ma perchè nelle nostre città e nei nostri paesi c’è un’atmosfera di tipo “bellico”, addirittura con gli altoparlanti delle auto dei comuni che girano per le strade invitando a “restare in  casa”, mentre a Madrid piuttosto che a Londra o a Parigi si continua con la solita routine? La verità è che l’epidemia in Italia rispetto agli altri è in anticipo di due/tre settimane, e che inevitabilmente quello che sta succedendo da noi verrà replicato anche nel resto dell’Europa.Forse se gli “altri” avessero fatto tesoro di quanto succedeva qui da noi, e ci avessero trattato con un po’ meno sufficienza, avrebbero preso quelle misure che ora debbono assumere sotto l’incalzare del morbo.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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