6 Luglio 2020 - 12.03

L’imprenditore untore se ne “ciava”? Toccatelo sui “schei”, che paghi tamponi, cure, a tutti

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di Stefano Diceopoli

Per fare in modo che il veneto medio ti ascolti lo devi toccare nel portafogli. E così deve essere anche con chi pensa sempre di essere sopra a tutto e a tutti Veneto o di altra regione che sia. Non ci sono regole, non ci sono divieti, non ci sono leggi che possano avere una forza di convincimento pari a quella dei “schei” per il tipo di imprenditore laborioso, sgobbone, ma a volte menefreghista e “paron”. 

La vicenda che ha fatto il giro d’Italia negli ultimi giorni è quella dell’imprenditore vicentino che ha finito per far scoppiare un nuovo “cluster” di contagio dopo aver contratto il virus durante un viaggio in Serbia.

I racconti, attorno a questa vicenda, si fanno sempre più dettagliati, ad ogni giorno che passa. Intorno al 20 di giugno, l’uomo si è sottoposto ad un tampone. Era necessario per poter varcare la frontiere di uno dei paesi dei Balcani che ancora stanno facendo i conti con una epidemia non sconfitta, tanto che Belgrado, in queste settimane, sta sperimentando una forma di lockdown molto simile a quella imposta in Italia fra marzo e aprile scorsi. Il tampone aveva dato risultato negativo. In Serbia l’uomo entra in contatto con un 70enne che mostra i sintomi della malattia, e che in seguito sarebbe morto. Il 25 giugno l’uomo rientra in Italia viaggiando in auto con altre tre persone (ma lui dirà che erano solo due inizialmente), e già comincia ad avvertire i sintomi della malattia, ma non rinuncia a nulla.

Nella serata, nella grande casa di Sossano, si incontra con una donna cinese, già coinvolta in indagini per sfruttamento della prostituzione e residente nel Padovano. La mattina dopo riparte e si reca in Bosnia, a Medjugorie.

Torna nuovamente in Italia, la febbre sale a 38 ma lui non ci bada e va ad un funerale nella chiesa di Orgiano.

Passa ancora un giorno e nella serata fra il 27 e il 28 giugno eccolo fra gli invitati di una festa organizzata da una cantina vinicola a Gambellara. A quella cena sono almeno un centinaio gli invitati: ci sono sindaci e amministratori, imprenditori, politici e anche il conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani, conduttore del fortunato programma “La Zanzara” di RAdio24, assieme al giornalista padovano Alberto Gottardo.

C’è anche il consigliere regionale Joe Formaggio. Tutti dicono che la cena e la festa sono state organizzate nel pieno rispetto delle regole del distanziamento sociale: si cena all’aperto, seduti su panche ma con tutto lo spazio necessario per non correre rischi… eppure.

Nella notte fra il 27 e il 28 giugno, dopo essere uscito da quella cena, il paziente 0 decide di andare al pronto soccorso di Noventa. Ha febbre, dolori articolari, inappetenza. Viene sottoposto al tampone che risulta positivo. Lo trasferiscono a Vicenza, gli propongono il ricovero ma lui rifiuta. Pare che nel frattempo avverta i compagni di viaggio, quelli che erano tornati con lui dalla Serbia e che questi, sottoposti a loro volta a tampone risultino tutti positivi. Positiva anche la cinese con la quale l’uomo si era incontrato nella notte del 25 giugno. Quando finalmente si arriva al ricovero del primo di luglio, l’uomo ammette contatti avvenuti anche dopo aver saputo di essere positivo – secondo una ricostruzione fornita dal direttore generale dell’Ulss 8 Giovanni Pavesi – tanto che alla fine sono proprio le autorità sanitarie a presentare una relazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza affinché vengano accertate eventuali ipotesi di reato. Il paziente 0 intanto finisce in rianimazione e si spera di salvarlo. 

I giornali nazionali e le reti televisive parlano di “untore”, di comportamento irresponsabile e invocano la gogna o comunque pene pesantissime, esemplari. Inutile. Il buon caro imprenditore veneto della gogna mediatica e delle pene pesantissime (che comunque sono al massimo 18 mesi e 5 mila euro di multa), se ne frega. Esattamente come se ne frega delle raccomandazioni, degli inviti a non uscire di casa con la febbre, come se ne frega di diventare un pericolo per gli altri.

Lui deve lavorare, deve incontrarsi con la sua bella cinese, deve andare a cena e stringere mani al funerale. Insomma lui fa l’imprenditore, sa quello che deve fare e non se lo fa spiegare da nessuno.

Punto. A meno che… A meno che, appunto, non gli si mettano le mani in tasca. Quanto costa un tampone eseguito in una struttura privata? Da 80 a 100 euro l’uno?

Ecco allora cominciamo a fare un bel conto di tutti quelli che sono stati fatti e spediamo la fattura al nostro bravo imprenditore: sono più di cento tamponi, fra Vicenza, Padova e Verona, e andranno ripetuti di sicuro entro una decina di giorni e forse non basterà. Poi vediamo quanto costano le cure cui lo stesso paziente 0 viene e verrà sottoposto, quanto costano le cure per tutti quelli che nel frattempo sono risultati a loro volta positivi, tiriamo una riga in fondo e facciamo le somme.

Quanto è costato tutto questo alla sanità pubblica? E il conto lo mandiamo sempre al nostro bravo imprenditore e facciamolo sapere a tutti. Altro che trattamento sanitario obbligatorio, che poi se lo facciamo tocca sempre metterlo in conto ai cittadini! Da adesso in poi si passi al trattamento sanitario a pagamento. Hai fatto una montagna di stupidaggini? Ti rifiuti di farti ricoverare? Non mi dici esattamente con quanta gente ti sei incontrato? Benissimo! Ti metto in conto tutto il costo delle cure e con i soldi magari dal prossimo anno riesco a finanziare qualche borsa di studio in più per far specializzare i medici che servono e che mancano, compro le attrezzature per allestire le postazioni di terapia intensiva e le mascherine per il personale. E’ una prospettiva bellissima, ma ha un solo difetto. Se i “cialtroni” vengono a sapere quanto può costare, statene certi, da domani mattina smettono di fare i furbi. 

S.D.

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