2 Agosto 2021 - 10.12

Le Olimpiadi e il riscatto degli “sport poveri”

Sicuramente il fuso orario che ci divide da Tokio non favorisce una grande partecipazione del pubblico televisivo alle gare olimpiche.Quelle 7 ore di differenza fanno si che batterie, semifinali e finali si svolgano di notte, e al mattino fino al primo pomeriggio (ovviamente ora italiana), quindi in orari che mal si conciliano con chi lavora, o in questo periodo di vacanza sta spaparanzato in spiaggia.Certo gli appassionati che mettono la sveglia ci sono sicuramente, ma è evidente che con questa location dei Giochi in estremo oriente, davanti agli schermi ci siano soprattutto pensionati.Tutti coloro che sono stati incollati alla televisione fra sabato e domenica hanno  sicuramente vissuto  un  momento magico, forse epico. Quello in cui, per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, un atleta italiano non solo ha partecipato alla finale dei 100 metri piani, ma l’ha addirittura vinta. Non so se mi spiego, stiamo parlando della gara che rappresenta l’emblema dell’atletica leggera, che nelle ultime edizioni è  stata dominata dal giamaicano Usain Bolt, il cui nome fa già parte della storia dell’atletica mondiale. E per capire bene la portata della vittoria di Marcell Jacobs (non inganni il nome in quanto la mamma è italianissima, mentre il padre era un marine Usa), sono bastate le immagini della sala stampa italiana, con i giornalisti in delirio.Già, perchè  i “100 piani”  da sempre apparivano una specialità interdetta agli italiani, tanto da sembrare fantascienza anche il solo pensare di avvicinarsi ad una finale. E sicuramente l’immagine simbolo delle Olimpiadi di Tokio sarà quell’abbraccio fra  Marcell Jacobs e Gianmarco Tamperi, che l’oro lo aveva vinto qualche minuto prima nella gara del salto in alto, altra impresa leggendaria. Questi successi straordinari mi hanno indotto a riflettere sulle discipline sportive che stanno rimpinguando il medagliere italiano, suscitando l’orgoglio nazionale per le imprese di chi quelle medaglie le ha vinte.Il perchè è presto detto. Quando si parla di sport noi automaticamente pensiamo al calcio, che sicuramente è il più bel gioco del mondo, ma ci fa dimenticare che nel nostro Paese vengono praticate tante altre discipline sportive, come la carabina, la pistola, il tiro con l’arco, il judo, il nuoto, ecc.Tutte attività sportive che ci ricordiamo di praticare, spesso eccellendo a livello mondiale, solo nel caso di grandi eventi come i giochi olimpici, vissuti a livello mediatico.Discipline che hanno anche la caratteristica comune di essere “sport poveri”, quelli cioè che non catalizzano la nostra attenzione e quella degli sponsor, se non appunto nei pochi giorni in cui si svolge un’olimpiade, un mondiale, un europeo. Non riporto ovviamente tutte le medaglie fin qui portate a casa dai nostri ragazzi e dalle nostre ragazze, perchè le potete trovare elencate dettagliatamente in Rete.Mi limito agli “ori”, conquistati, sottolineo fino ad ora, da Vito Dell’Aquila nel taekwondo, da Valentina Rodini e Federica Cesarini nel canottaggio pesi leggeri, da Gianmarco Tamperi nel Salto in alto, da Marcell Jacobs nei 100 metri. Ma gratificazioni le abbiamo avute anche nel tiro a volo, nella scherma, nel sollevamento pesi, nel tiro con l’arco, nel judo, nel canottaggio, nella boxe.Io non ce l’ho con il calcio, ci mancherebbe, o con qualche altro sport in cui circolano molti soldi, tipo il basket, ma credo non possiamo, e non dobbiamo, dimenticare quei ragazzi che con mille sacrifici si impegnano quotidianamente in questi “sport poveri”, che però ogni quattro anni ci fanno vincere numerose medaglie. E scusate la cattiveria, ma non va sottaciuto che la nazionale italiana dei calciatori milionari non è presente a Tokio perchè non si è qualificata.  E questo per la terza volta consecutiva, tanto che l’ultima partecipazione risale a Pechino 2008.Non è facile praticare uno “sport povero”, uno sport senza grandi sponsor o Tv che si degnino di trasmettere le gare.Perchè per gli sport “minori” il segreto per sopravvivere è solo uno, quello di far vincere i propri atleti agli Europei, ai Mondiali e soprattutto alle Olimpiadi. C’è un problema però: per portare ragazzi ad alti livelli sono necessari anni di duro allenamento e  di sacrifici. Anni in cui questi giovani non possono far altro che pensare allo sport, rinunciando a tutto il resto, allo studio, ma soprattutto al lavoro.E poiché i finanziamenti a queste Federazioni  “povere” arrivano solo se ci sono i risultati, tipo le medaglie olimpiche, se non si vince non ci sono i soldi, ma  senza soldi non si può vincere.  Il tipico “gatto che si morde la coda”.Ma allora come è possibile che nonostante tutto vengano fuori  atleti come Jacobs o Tamperi? Semplice, perchè ci sono i gruppi sportivi della Polizia di Stato (Fiamme Oro), dei Carabinieri, della Guardia di Finanza (Fiamme Gialle), della Polizia Penitenziaria (Fiamme Azzurre), dei Vigili del Fuoco (Fiamme Rosse), che permettono agli atleti di valore di avere una divisa, e quindi di essere pagati per allenarsi e raggiungere risultati sportivi eccellenti, dando così lustro al Corpo di appartenenza.  E anche di avere un’occupazione sicura quando a fine carriera, come si usa dire, si “appendono le scarpe al chiodo”.Così Jacobs appartiene alle Fiamme Oro di Padova, e Tamperi è stato arruolato sempre nella Polizia di Stato proprio alla vigilia dei Giochi di Tokio. Non pensiate si tratti di stipendi favolosi. Parliamo di somme che si aggirano sui 1300/ 1500 euro al mese, ma che comunque consentono di sopravvivere e dedicarsi totalmente allo sport. Certo lo so anch’io che ci sono atleti come Federica Pellegrini che guadagnano molti soldi grazie agli sponsor, o come Danilo Gallinari che giocando a basket negli Usa si porta a casa un cifra non  lontana dai 30 milioni di dollari l’anno, ma si tratta sempre di eccezioni.Fa un certo effetto constatare che all’Olimpiade ci sia questa mescolanza fra “Ricchi e Poveri”.Una volta non era così, poichè fino a quando ha retto la finzione del “dilettantismo” gli assi miliardari dello sport erano esclusi dai Giochi. Fu il catalano Juan Antonio Samaranch, allora Presidente del Comitato Olimpico Internazionale, a volere che anche i professionisti potessero gareggiare.E così oggi è possibile vedere assieme alle Olimpiadi appunto Danilo Gallinari e Vito dell’Aquila, al quale  non basterebbe tirare calci nel taekwondo per  cento vite per guadagnare quello che incassa Gallinari in un anno.E fortuna quindi che ci sono i Gruppi sportivi delle Forze armate!Che sicuramente non sono la soluzione ottimale, e non a caso in nazioni forti dal punto di vista sportivo come Russia, Cina, Stati Uniti, il meccanismo di selezione degli atleti è diverso, e sicuramente più logico.  Così un giovane che decide di praticare una attività sportiva lo può fare nella sua scuola di appartenenza e, una volta cresciuto e migliorato, trasferirsi in un istituto superiore o in un college dove l’istruzione e l’allenamento si conciliano. In questo modo il ragazzo o la ragazza possono studiare e fare sport, essendo supportati economicamente dal college.Capite bene che in Italia questo non è possibile, per il solo fatto che le scuole  di soldi non ne hanno proprio, figurarsi per lo sport.Non resta quindi che applaudire ogni quattro anni questi atleti degli “sport poveri”, che riescono comunque ad eccellere a livello mondiale grazie alla cultura del sacrificio.Quindi grazie ragazzi, per saperci trasmettere sia le emozioni per le vostre vittorie, che l’orgoglio di essere italiani.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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