18 Aprile 2015 - 10.12

LAVORO- Come batto la crisi con un tavolino da Dj

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Ilaria Ometto-

Un’amica ha fatto progettare e costruire da suo nonno un tavolo su misura per un dj che ha suonato ad un evento da lei stessa organizzato per la ditta per cui lavora. Un fatto banale ma sicuramente curioso. Un dettaglio, ecco forse perché rimane così impresso. Forse anche perché, nella situazione così statisticamente tragica e stagnante che l’Italia sta attraversando, ogni singolo barlume di positività salta all’occhio. Stando ai numeri il Bel Paese ha un tasso di disoccupazione generale del 12,7% (molto più alto della media europea), la disoccupazione giovanile è al 42,6% (quasi un giovane su due!) e nel Veneto quest’ultima percentuale è quasi triplicata in solI cinque anni raggiungendo nel 2012 il 23,7%. Un appalto su tre è truccato, una persona su quattro evade le tasse e l’80% di quest’ultime è pagato da dipendenti e pensionati e nel frattempo gli imprenditori dichiarano meno dei loro dipendenti. Non sarà mica un bel ritratto o resumé per un paese che sull’arte e la poesia ha vissuto di rendita fino al secolo scorso. Per la prima volta nonostante le due guerre mondiali del novecento, la “generazione 2000” è la prima che sta peggio della precedente in termini di soddisfazione e qualità di vita. Alcuni giovani addirittura dichiarano che oltre a non studiare e non lavorare, non provano nemmeno più a trovarla una occupazione. Dato che la parola “crisi” è la più utilizzata dal 2008 è curioso che in cinese la parola wēijī, che erroneamente tradotta come termine ambivalente “crisi/opportunità”, significa di fatto “momento cruciale” ossia quando comincia o cambia qualcosa. Non sarà difficile trovare esempi, anche nella vita quotidiana di ognuno, che calzino con questa definizione. In particolare i “ciovani” come li chiama Chiambretti, sono una generazione di passaggio. Si pensi solo all’avvento di internet, il digitale che ha la meglio sull’analogico, la macchina che supera la manualità. Nonostante ci si trovi a meno di un mese dalle regionali in Veneto volano affermazioni come “non è il gesto del singolo che cambia un paese”. Se lo dicessimo ad una delle migliaia delle api che compongono un alveare probabilmente ci riderebbe in faccia e tornerebbe affaccendata alle sue mansioni. Ma un ape ha dai 2 ai 4 neuroni, l’essere umano è la specie vivente che ha il rapporto tra volume del cervello e volume corporeo più alto conosciuto, l’inventiva è la sua dote, utilissima in un momento, appunto, di crisi. Cosa centra un tavolino fatto su misura da un’ottantenne per una ventitreenne con tutto ciò? Centra con il fatto che la statistica, per quanto scienza, rimane pur sempre una stima e per quanto possa essere matematicamente significativa, una percentuale rimane sempre un numero ottenuto su un “campione normativo” di popolazione che risulti rappresentativo, il più possibile, della realtà dei fatti. Ed è per questo che un tavolino fatto su misura per passione per la buona riuscita di un lavoro, non potrà mai essere rappresentato da un numero. Ma senza andare contro ad una scienza assodata e riprendendo un dato iniziale, un giovane su due è senza lavoro. Quindi uno su due ce l’ha. L’invito è quello di tenerselo stretto e di costruire più tavolini su misura possibili. Tavolini che non prevarichino ma che colleghino il vecchio con il nuovo, l’anziano con il giovane, la crisi con la ripresa. E dato che i numeri non si possono cambiare se non con i fatti, si spera nel buon esempio e nell’effetto a catena e se questo non basta nella peggiore delle ipotesi, renderemo molti dj felicissimi.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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