5 Giugno 2020 - 10.18

L’affaire Crisanti tra scienza e politica

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Come da copione, dopo il superamento della fase più acuta della crisi da coronavirus, in cui giustamente tutte le energie erano concentrate sull’emergenza, si ritorna a quello che è il vezzo comune della nostra vita pubblica, la polemica.
Spiace constatare che questa cattiva abitudine alligni anche nella nostra Regione, e ancora di più perchè coinvolge persone che nei mesi scorsi sono state portate unanimemente sugli scudi, e che ora si immiseriscono in quelle che in altri tempi qualcuno avrebbe definito ”liti da comari”.
Le polemiche coinvolgono il prof. Andrea Crisanti, il virologo dell’Università di Padova descritto come il “messia” che ha salvato il Veneto, e Luciano Flor, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera di Padova, entrambi professionisti che operano nell’ambito della sanità padovana. 
Ma a ben vedere le vicende travalicano i confini di Padova, in quanto coinvolgono giocoforza la sanità veneta nel suo complesso, e la politica nella persona del Governatore Luca Zaia.
Ma andiamo con ordine.
L’affaire Crisanti, stando alle notizie dei media, nasce in ambito fra lo “scientifico” ed il “politico”, ed in particolare sulla paternità dell’uso dei tamponi.
Zaia ha sostenuto che il merito del successo del modello veneto si debba al piano redatto dal suo Dipartimento di prevenzione ed al gioco di squadra dei tanti che sono stati impegnati nella lotta al virus, ma Crisanti ha risposto senza tanti giochi di parole: “Baggianate”.
Nella polemica si è inserita ad un certo punto la responsabile del Dipartimento di Prevenzione e Sanità Pubblica della Regione dott.ssa Francesca Russo, la quale, secondo la stampa, avrebbe invitato Crisanti a “starsene al suo posto”.
Lo scontro ha poi assunto toni accesi, ed un Crisanti come un fiume in piena ha precisato: “Se la dottoressa Russo aveva un piano sui tamponi, deve spiegare perché l’8 febbraio il suo ufficio mi ha intimato di non fare più i tamponi a chi tornava dalla Cina. Dire che aveva un piano è una baggianata. Vogliamo prendere in giro tutti?». «Io non ho interessi politici, se volete credere alle favole siete liberi di farlo.  Fino a ieri pensavo che collaborassimo e che i meriti venissero riconosciuti, io posso dimostrare tutto e loro no. La dottoressa Russo non scriverà nessun report scientifico, perché non ha nessun dato in mano”.
Al di là dello scontro, e delle polemiche che ne sono seguite, spiace rilevare che dopo l’ottima prova offerta dalla sanità veneta e padovana in occasione della pandemia, si sia arrivati adesso al “volo degli stracci”.
Ma non va a mio avviso sottaciuto che queste polemiche fra “primedonne” siano in qualche modo state amplificate anche da settori del nostro mondo politico, supportati dai media di riferimento, che sembrano non rassegnarsi al consenso di cui gode attualmente Luca Zaia fra i cittadini, e che evidentemente sperano di indebolirne l’immagine insinuandosi nelle incomprensioni che inevitabilmente si creano fra i vertici di una struttura complessa ed articolata qual è la sanità veneta.
E lo dimostrerebbe il fatto che qualcuno dell’opposizione ha subito pensato di proporre l’inconsapevole Crisanti come il candidato anti-Zaia alle prossime regionali.
Chi conosce un po’ il mondo, sa bene che, comunque vadano le cose, qualcosa si “è rotto” nel rapporto fra Crisanti e Zaia, e c’è solo da sperare che qualche amarezza non induca l’illustre virologo ad allentare il suo impegno professionale.
Venendo alla vicenda che ha come protagonista Luciano Flor, tutto nasce dai punteggi espressi nella delibera del 19 maggio della Giunta Regionale che riguardano la valutazione dell’operato relativo al 2018 delle varie Aziende sanitarie e ospedaliere del Veneto. Nel report l’Azienda ospedaliera patavina è ultima con punteggio totale di 74,51, poco sopra la sufficienza fissata a quota 70 punti.  In cima alla classifica c’è l’Ulss 1 Dolomiti di Belluno con 95,13 punti, seguita dall’Ulss 3 Serenissima di Venezia con 94,28, dall’ Azienda Zero (il braccio operativo che gestisce acquisti ed appalti) con 92,67, e da Treviso con 91,5 punti.
Per capirci, le “pagelle” della sanità rappresentano una valutazione annuale dell’operato dei direttori generali, che la Giunta assegna valutando la garanzia dei livelli essenziali di assistenza forniti, nel rispetto dei vincoli di bilancio. Contribuisce alla valutazione anche il punteggio assegnato dalle Conferenze dei Sindaci e dalla Commissione Consiliare competente (il voto dell’Esecutivo regionale incide per l’80%).
Il tutto è basato su una “griglia” che prevede dei parametri con un punteggio relativo, ma che tenderebbe naturalmente a penalizzare le Aziende ospedaliere universitarie di Padova e Verona, che non possono contare sui 20 punti assegnati dalle conferenze dei sindaci dei Comuni che compongono il territorio dell’Asl, e su cui però nessuno ha mai messo mano.
Mi sembra comprensibile che vedere l’Azienda Ospedaliera Padovana, quella che a giudizio di tutti ha “fatto la differenza” nella lotta al coronavirus, relegata all’ultima posizione abbia fatto saltare i nervi al suo Direttore Generale Flor.
Il quale, a onor del vero, l’ha presa malissimo, tanto da sbottare: “È un avviso di sfratto e sono pronto ad andarmene in qualunque momento. Evidentemente non sono gradito. Quando una cosa è sbagliata, bisogna avere il coraggio di dirlo. E io lo dico. Se il metodo fa arrivare l’ospedale di Padova ultimo in Veneto, vuol dire che è sbagliato perché non è possibile».  E ancora: “Le dimissioni? Non si minacciano, si danno. Se il problema sono io, ne prendo atto». E riguardo al governatore Luca Zaia, che gli ha rinnovato la sia fiducia: «È ampiamente ricambiata. Che non salti fuori che si creano problemi dove non ce ne sono. Con il presidente ho un rapporto molto franco. Se c’è qualcosa da dire, lo dico”.
Secondo quanto riportato dai media, Flor avrebbe anche fatto capire che sul suo operato graverebbe anche la scarsa simpatia di cui godrebbe presso il Direttore Generale della sanità veneta, Domenico Mantoan, quello che all’inizio della pandemia aveva contestato a lui e a Crisanti l’uso dei tamponi sugli asintomatici provenienti dalla Cina.
Per completezza di informazione, va specificato che alla valutazione della Giunta è legato un sistema premiale in denaro, relativamente al quale Luca Zaia, nel corso della quotidiana conferenza stampa, ha chiarito che comunque il dott. Flor avrà il premio perchè la valutazione raggiunta è comunque risultata superiore al minimo richiesto.    Per i più curiosi specifico che lo stipendio annuale di Flor è di 154mila euro, ed il premio è del 20% dello stipendio, quindi al massimo 30mila euro.
Questi in estrema sintesi le motivazioni che hanno suscitato “l’ira funesta” di Luciano Flor, che siamo sicuri si sia mosso non per un mero interesse economico personale, ma per ottenere un giusto riconoscimento della professionalità dell’Azienda Ospedaliera di Padova, che da sola ha effettuato metà dei tamponi del Veneto.
Relativamente alla quale, intendo l’ ”ira, va specificato che Luca Zaia si è speso pubblicamente a favore di Flor con queste considerazioni: “Ci sono tre temi: quello umano, quello burocratico e quello manageriale, e spesso si sovrappongono. Dal punto di vista umano il dottor Flor ha tutta la mia comprensione e solidarietà, non è un “avviso di sfratto” quindi se Flor dice che vuole andare via è perché lo vuole lui, anche perché io sono dell’idea che Flor sia uno dei migliori direttori generali che abbia mai conosciuto, ma ognuno ha il suo ruolo e ognuno deve restare al suo posto. Non è la Giunta a dare punteggi, bensì la Giunta delibera quanto stabilito da una commissione esterna. Vedo che agli ultimi posti ci sono le aziende ospedaliere di Padova e Verona, quindi penso che ci sia un “vulnus”. Forse la griglia non tiene conto della peculiarità dell’Azienda Ospedaliera di Padova, che rimane un punto di riferimento internazionale a livello sanitario. Nessuno mette in discussione Flor, non voglio che vada via. Non sto sminuendo il caso ma non voglio neanche che venga ingigantito. L’ho scelto io Flor, così come la squadra che ha vinto questo campionato, quindi di certo non lo metto in dubbio”.
Cercando di tirare un po’ le somme da queste vicende, mi sembra di poter affermare che mai una epidemia ha goduto di una esposizione mediatica come quella da Covid-19, con la conseguenza che tutti coloro che si muovevano a livello istituzionale o sanitario sono diventati improvvisamente personaggi corteggiati da media e televisioni. 
Questa improvvisa notorietà ha forse innescato anche fra gli scienziati dei meccanismi psicologici tipici dello star system.
In tale bailamme forse sarebbe il caso di abbassare i toni, evitando di “mettere in piazza” questioni che poco o nulla hanno a che fare con il contenimento dell’epidemia, e che alla fine finiscono per svilire professionisti di indubbio valore internazionale come il prof. Crisanti, ai quali è affidato il bene più grande che abbiamo, la nostra salute.
Per di più le questioni su cui si è acceso lo scontro sono di tipo tecnico, di non facile comprensione per il cittadino comune, che potrebbe essere indotto a fare di ogni erba un fascio, vanificando gli sforzi e l’impegno di migliaia di operatori che fino ad ora hanno “gettato il cuore oltre l’ostacolo” per arginare il virus di Wuhan.

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