30 Dicembre 2016 - 9.00

La tregua in Siria, una sottile speranza di pace

Quello con cui si sta provando a costruire una reale pace in Siria è un filo sottile e fragile, ma perlomeno sancisce un bene prezioso, sebbene aleatorio, come il cessate il fuoco.
Tutto si basa su tre accordi raggiunti dalla parte più moderata dei ribelli e dal regime di Assad, come annunciato dal grande sostenitore di quest’ultimo, il presidente russo Vladimir Putin, che, in un gioco di cui è sempre più complicato comprendere le regole, è oggi il garante della tregua insieme al leader turco Erdogan, che fino a pochi mesi fa era tra i suoi più grandi nemici.
Molti sono stati negli ultimi mesi i cambiamenti di scenario e tra questi vi è stato proprio quello che ha portato la Russia e la Turchia a riaprire canali di dialogo su cui si è costruita un’alleanza, che questa nuova fase in Siria sembra consolidare.
Ovviamente tutto ciò va osservato con il distacco e il realismo richiesti da intrecci internazionali che da lungo tempo stanno avendo impatti devastanti, in termini umanitari, su popolazioni indifese.
Di fronte ai drammi di bambini, donne e uomini stremati e vittime è inutile soffermarsi su valutazioni di tipo etico rispetto a protagonisti, che sono quanto di più lontano si possa immaginare da quelli che nella nostra concezione sono assimilabili a reali principi di democrazia e di stato di diritto.
Sono personaggi privi di scrupoli, spinti da idee di potere, in cui non c’è spazio, se non a parole, per termini come giustizia e convivenza civile, che in Siria non esistono da anni e sembra non possano mai più trovare spazio.
Da Assad, diventato nel tempo un feroce dittatore, a Putin che lo sostiene, all’Isis, che si è inserita nella guerra innescata dai ribelli per annettersi parti di territorio, agli stessi oppositori al regime, divisi in ali più o meno moderate, con il sostegno degli Stati Uniti, peraltro non così incisivo da risultare determinante.
In mezzo a questo quadro, dove rivali come Usa e Russia sono poi a fasi alterne anche uniti nella lotta comune al Califfato, sebbene in Siria sia meno determinata di quanto lo sia in Iraq, c’è Aleppo, assediata e martoriata, dove senza pietà e ritegno è stato annullato il valore della vita umana, a partire da quella di donne e bambini.
Un simbolo di resistenza umana, che assume il ruolo di estremo monito anche per uomini troppo concentrati sul loro potere, perché ritrovino finalmente la capacità di ridare un valore alla vita delle persone.
Nella lunga e sanguinaria guerra nella ex Jugoslavia fu Sarajevo a ergersi, suo malgrado, a città martire, il cui sacrificio sconvolse le coscienze del mondo e impose a tutti di trovare una soluzione, per porre fine a una tragedia che ogni giorno assumeva proporzioni contro qualsiasi logica umanitaria.
Oggi quel compito la storia lo ha attribuito ad Aleppo e sul suo strazio viene proposta una tregua tanto sottile quanto instabile.
Non coinvolge l’Isis e parti dei ribelli, ma esiste e va difesa e rafforzata.
Oggi tutti dobbiamo dare appoggio al cessate il fuoco e credere fermamente che possa reggere, nonostante quanto ammesso dallo stesso Putin, che ha dichiarato come “si tratti di accordi fragili, che richiedono un’attenzione speciale e pazienza e un atteggiamento professionale a queste questioni ed un costante contatto con i nostri partner”.
Solo con i cannoni spenti e i combattenti fermi nelle loro postazioni può iniziare un dialogo basato sulle parole e non sulle armi, in cui le ragioni della pace abbiano una reale speranza di trovare ascolto.
Ora tocca agli uomini di buona volontà di tutte le parti in campo provare a rafforzare quel filo e intessere una tela capace di reggere alla dirompenza della guerra.
Il mondo che crede nella pace sta dalla loro parte e li sostiene, senza riserve, con il fiato sospeso e con una forza tanto impalpabile quanto potente.
Quella della speranza.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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