5 Febbraio 2021 - 11.24

La soluzione Draghi contro le pericolose e continue baruffe dei partiti

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di Umberto BALDO

Nella vita politica di un Paese quella del cosiddetto Governo “tecnico” rappresenta l’extrema ratio.
Una scelta, che la Costituzione affida al Presidente della Repubblica, che qualunque Capo dello Stato non compie mai a cuor leggero, perchè significa rinunciare, anche se temporaneamente, alla supremazia politica dei Partiti.
Credo che le ultime notti di Sergio Matterella non siano state tranquille, bensì turbate dalle immagini drammatiche della pandemia che ha già fatto oltre 88 mila morti e che si trova di fronte l’incognita delle varianti del Covid-19, di un’economia in ginocchio con centinaia di migliaia di aziende sparite, di milioni di lavoratori che quando scadrà il blocco dei licenziamenti non sanno se avranno ancora un’occupazione, di un Recovery Plan ancora da consegnare alla Commissione europea, di un sistema politico che non è riuscito a superare la deriva dei veti incrociati e, dopo lunghi giorni di un indecoroso mercato delle vacche in Parlamento, ha di fatto gettato la spugna mostrando la sua incapacità di dare vita ad un Governo all’altezza della situazione e da cui dipende il futuro dell’Italia e dei nostri ragazzi.
Di fronte allo spettacolo ignobile e degradante dei Partiti impegnati a bisticciare come i “polli di Renzo” per accaparrarsi qualche Ministero o Sottosegretariato in più, arroccandosi nella difesa di “Totem” quali il reddito di cittadinanza, o di Ministri palesemente inadatti al ruolo perchè incapaci, di uno spettacolo indegno di un Paese come l’Italia, cosa poteva fare il Presidente?
Sciogliere il Parlamento abbandonando il Paese allo sbando più totale in uno dei momenti più drammatici della sua storia, o cercare di garantire la governabilità dando vita ad un Governo di scopo, per definizione provvisorio e a tempo, dedicato a dare le risposte immediate alle criticità imposte dall’attuale situazione?
Non è questo il luogo per un’analisi approfondita delle responsabilità di quella che purtroppo non ha solo le caratteristiche di una crisi politica, bensì di sistema.
E Sergio Mattarella, conscio del baratro verso cui le forze politiche marciavano a ranghi compatti, immagino dopo una drammatica riflessione, ha deciso di chiamare Mario Draghi.
Non è il primo Presidente della Repubblica a trovarsi di fronte a questa scelta.
La prima volta fu nel 1993, quando il Presidente Oscar Luigi Scalfaro chiamò Carlo Azeglio Ciampi a formare un Governo di “emergenza”.
Ciampi prese in mano un Paese sull’orlo del collasso politico (dopo Tangentopoli) e finanziario (dopo la maxi-svalutazione della lira), e lo stesso Ciampi non esitò poi ad azzardare l’ipotesi più inquietante: che l’Italia, in quel frangente, rischiò il colpo di Stato, in uno dei passaggi più oscuri della nostra Repubblica, caratterizzato da un attacco diretto allo Stato da parte della Mafia, a colpi di bombe ed attentati. Era l’epoca degli assassini di Falcone e Borsellino, e delle bombe a San Giorgio in Velabro a Roma.
Ciampi per formare la sua squadra ricorse ad un mix di politici (es: Nicola Mancino, Nino Andreatta, Rosa Russo Iervolino, Valdo Spini, Fabio Fabbri) e di tecnici di altissimo profilo ai portafogli economici (Luigi Spaventa, Luigi Gallo, Piero Barucci). I giornali parlarono per la prima volta di «governo del Presidente».
Poi fu la volta di Lamberto Dini, chiamato sempre da Scalfaro a formare un Governo “tecnico” all’inizio del 1995, veramente “tecnico”, perchè fu il primo Governo formato da Ministri non eletti in Parlamento, e composto da personalità scelte al di fuori della politica attiva.
A portare Dini a Palazzo Chigi fu la crisi del primo Governo della cosiddetta “seconda Repubblica”.
Esattamente dieci anni dopo a riprendere l’Italia per i capelli sull’orlo dell’abisso fu chiamato Mario Monti.
Monti e la sua Ministra Elsa Fornero ancora oggi sono oggetto del ludibrio da parte di laeder come Matteo Salvini.
Ma tornando al 2011, ve le ricordate le condizioni in cui Monti si trovò ad operare?
All’epoca Presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi e Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Nel mese di gennaio lo spread era a 173 punti, ma a novembre era arrivato a 574. La situazione economica era fuori controllo sotto l’attacco della speculazione internazionale, i conti pubblici sull’orlo del dissesto, tanto che si rischiò veramente il commissariamento da parte della cosiddetta “Troika”, come avvenne in Grecia.
Una situazione talmente grave che ricordo ancora il titolo de Il Sole 24 Ore del 10 novembre 2011: “Fate presto”.
Evidentemente Il nostro Presidente della Repubblica valuta, per quanto mi riguarda a ragione, che in questa fase sussistano condizioni di drammaticità tali da richiedere un Governo tecnico.
E le sue parole, accorate ma ferme, lo dimostrano, descrivendo la gravità del momento in cui ci troviamo, il rischio di vuoto di potere qualora si sciogliesse il Parlamento e si decidesse per elezioni anticipate, ma delineando anche la strada da percorrere per superare il dramma, e guardare al futuro con nuova speranza.
Per questo Mattarella si è appellato a tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento, ai Partiti ed ai loro leader, ma anche alla responsabilità ed all’amor patrio di noi cittadini, anche se questa espressione sembra ormai obsoleta.
Ritengo, per concludere, che Mario Draghi possa essere l’uomo giusto al momento giusto.
Perchè rappresenta una combinazione unica di esperienza, maturata dall’insegnamento universitario al Ministero del Tesoro, dalla Banca d’Italia alla Bce, di capacità tecnica e di senso politico. Il tutto accompagnato da un’enorme rete di fiducia e di consenso in Europa e nel Mondo.
Ma un uomo da solo, per quanto bravo e capace, non può salvare l’Italia.
Questo è il momento in cui la politica deve mettere da parte beghe ed interessi di bottega, per fare senza furbizie e tentennamenti quel che serve per il bene ed il futuro dei cittadini.
Poi, ad emergenza superata, verrà anche il tempo delle elezioni, e stiano certi i Capi partito che gli italiani si ricorderanno di chi ha operato bene nell’interesse comune, e di chi invece ha preferito coltivare il proprio orticello.
Umberto Baldo

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