28 Ottobre 2019 - 17.50

La sconfitta in Umbria cementerà l’alleanza giallo-rossa

di Stefano Diceopoli

Si sa che i media si nutrono anche di immagini. 

E così è stato per le elezioni regionali dell’Umbria, piccola regione paragonata allo stato nordamericano dell’Ohio. Perché questo ardito accostamento? Non certo perché i due territori abbiano molto in comune per caratteristiche ed economia. L’Ohio, terra di mormoni, è considerato da sempre il bellwether state, lo Stato che indica le tendenze politiche nazionali.  In pratica il candidato che vince le primarie in Ohio quasi certamente diventa Presidente USA.

Visto che queste elezioni regionali sono state le prime dopo il cambio di colore al Governo, da giallo-verde a giallo rosso, era inevitabile che le stesse diventassero la “cartina di tornasole” per capire gli umori dell’elettorato nei confronti del Governo nazionale. Una forzatura? In altri tempi una tornata elettorale nella terra di San Francesco avrebbe avuto il valore che ha, vale a dire il voto di circa 800mila abitanti, di fatto una città medio grande guardando all’Italia intera. Quindi un voto che non avrebbe forse nemmeno sfiorato gli equilibri del Governo in carica. Ma questa è ormai un’altra Italia, e da un lato Salvini voleva dimostrare che gli italiani vogliono lui e la Lega, dall’altro Democratici e 5Stelle volevano testare sul campo il gradimento popolare sui nuovi equilibri romani. E che questa sia la chiave di lettura, lo dimostra sia l’impegno di Salvini, che ha battuto l’Umbria quasi casa per casa, sia quello di Zingaretti e Di Maio, che hanno preteso che anche il premier Conte ci mettesse la faccia sul campo. Quanto al risultato è andata come è andata, come forse ci si aspettava.

Quello che era al di là di ogni immaginazione è stato lo scarto fra i due candidati Presidente. 20 punti (58,9% circa contro il 37,5%) sono una disfatta, una débacle, un terremoto. Ottenuta per di più con una grande crescita della percentuale dei votanti rispetto alle precedenti elezioni regionali ed europee. Gli osservatori avevano ipotizzato che questo nuovo “coinvolgimento” popolare potesse favorire la sinistra, in una sorta di chiamata alle armi in funzione anti Salvini. Non è andata così, ed a questo punto è palese che i cittadini sono andati massicciamente alle urne (+13%) per “voltare pagina”, per dare un segnale di discontinuità dopo 50 anni di governi regionali di sinistra. L’impressione è che a trovare nuovamente la strada dei seggi sia stato il popolo che una volta votava Berlusconi, e che dopo le delusioni degli anni scorsi si era rifugiata nell’astensionismo.  Questo popolo di moderati probabilmente ha trovato nel rampantismo salviniano una nuova ragione di mobilitazione. Ed i numeri sono lì a testimoniarlo.  E a dimostrare inoltre che quello del crescente disinteresse dei cittadini per la politica è un “luogo comune”, e che quando c’è grande voglia di cambiare o di lanciare segnali forti i cittadini alle urne ci vanno, eccome se ci vanno. Se dovessimo fermarci alle fredde cifre, potremmo chiuderla qua.  Destra batte sinistra 20 a zero. Ma la politica non è solo numeri, è ben altro, e quindi occorre soffermarci anche su altri fattori.

Innanzi tutto: chi ha vinto e chi ha perso? Nel centro destra sicuramente Salvini, con la Lega che arriva al 37% dei suffragi (nelle regionali del 2014 ebbe il 4%).  Un vero e proprio trionfo, che ha fatto da traino anche a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che arriva al 10% e doppia Forza Italia, fermata al 5,5%. Dall’altra parte il Partito Democratico non ha certamente nulla da festeggiare. Governava l’Umbria da 50anni, ed oggi veleggia intorno al 22%.   Certo il Pd paga lo scandalo della sanità umbra, che ha portato alle elezioni anticipate, ma sicuramente dovrà riflettere sull’opportunità di proseguire  nell’alleanza con i 5 Stelle, che almeno gli elettori dell’Umbria hanno dimostrato di non gradire. Ma se per il Pd si può parlare di batosta, per il Movimento 5Stelle si tratta di un tracollo.  Come chiamare diversamente una “decrescita”, sicuramente non felice, che in Umbria porta i pentastellati dal 25% delle ultime politiche al misero 7% delle regionali 2019, addirittura al di sotto di Fratelli d’Italia? A caldo è difficile capire cosa potrà succedere, in particolare quali effetti queste elezioni potranno avere sugli equilibri nazionali.  Tanto per fare un solo esempio, se questo tracollo potrà portare ad un ridimensionamento del leader grillino Di Maio, ormai molto contestato all’interno del Movimento. Io credo che Salvini, nonostante i proclami, sappia bene che non esiste una correlazione precisa vittoria in Umbria- caduta del Governo Conte. Anzi, secondo me, l’effetto potrebbe essere addirittura quello di rafforzare ulteriormente la volontà di Pd e pentastellati di continuare l’esperienza di questo Esecutivo. Non c’è solo il cemento del potere a tenerli insieme, che comunque ha il suo bel peso in politica, ma soprattutto la certezza, a questo punto, che  andare ad elezioni politiche anticipate vorrebbe dire consegnare le chiavi dell’Italia a Matteo Salvini ed alle forze di Centrodestra. Se a questo si aggiunge che nei prossimi anni ci saranno da fare ben 500 nomine negli Enti pubblici e nelle società controllate o partecipate, ma che soprattutto si dovrà trovare il successore del Presidente Sergio Matterella,  si capisce bene che le ragioni per stringere i denti e restare in sella potrebbero superare qualsiasi altra considerazione. Come sopra accennato, Salvini queste cose le sa bene. Ed infatti dalle sue parole si intravvede l’idea di una sorta di “lunga marcia” verso Roma ed il potere. Adesso si godrà le glorie della vittoria in Umbria.  Poi il tendone della sua carovana, che lavora a tempo di selfie, twitter e messaggi sui social, si sposterà poco lontano, in Emilia Romagna. Perché sa che quella, la grande regione rossa simbolo della sinistra, è la “battaglia di tutte le battaglie”, e quello il colpo grosso capace di sferrare veramente il ko alla coalizione di governo. E Salvini sa anche che la battaglia fra la sua candidata Lucia Bergonzoni ed il Governatore Pd uscente, Stefano Bonaccini, non sarà facile come è accaduto in Umbria.   E a seguire ci sarà l’appuntamento delle regionali in Calabria. Capisco che la politica obbliga a guardare sempre avanti, sempre verso nuovi obiettivi e nuove scadenze, soprattutto elettorali. Per qualche mese l’Umbria è stata il “centro del mondo”, il luogo dove provare nuove alleanze, dove testare nuove formule politiche, addirittura l’Ohio d’Italia. Da oggi questa regione passerà inevitabilmente dalla ribalta alla cronaca quotidiana, e le regionali diventeranno solo un argomento di riflessione e discussione.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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