9 Dicembre 2019 - 11.19

Il MES della discordia

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di Fabio Rossi

Non c’è mai pace. L’ultimo argomento che porta conflittualità ai nostri governanti, e disorientamento nei comuni cittadini è il MES. Ma cosa significa in realtà questa sigla. Il MES non è altro che il meccanismo europeo di stabilità, più genericamente detto anche Fondo salva Stati, in inglese European Stability Mechanism, istituito con lo scopo di finanziare la stabilità finanziaria della zona euro.

Come sempre, al di là delle facili proclamazioni, bisognerebbe avere almeno la pazienza di provare ad informarsi, consapevoli che queste poche righe non possono dare cultura tale da permettere di prendere posizione, ma coscienti che con un po’ di curiosità qualsiasi persona potrebbe tranquillamente approfondire l’argomento per poi esprimere un proprio giudizio personale senza essere necessariamente influenzato da nessuno.

Detto che il MES è un’organizzazione intergovernativa che ha lo scopo di fornire assistenza finanziaria a quei paesi dell’area euro a rischio default, c’è da aggiungere che ogni Stato membro contribuisce con una quota proporzionale alla sua importanza economica.

Non è comunque una novità. In tempi non molto lontani è intervenuto per aiutare alcuni Stati in difficoltà quali Portogallo, Grecia e Cipro.

Forse l’aspetto della riforma del MES che porta maggiore disagio a parte dei nostri governanti, è il paracadute di circa 70 miliardi di euro a favore di quei paesi che hanno necessità di risolvere le proprie crisi bancarie. Qui inevitabilmente il pensiero va alla Germania chiamata a breve a rivolvere la grana Deutsche ma non solo, senza dimenticare che l’Italia a suo tempo rimase sola a risolvere i suoi problemi, con i risparmiatori che ancora oggi si stanno leccando le ferite, come dire che il MES dà i soldi degli italiani a Francia e Germania per salvare le loro banche.

Non dovrebbe essere proprio così. Il MES come si diceva poc’anzi viene finanziato dai diciannove paesi dell’area euro. I primi maggiori contribuenti sono la Germania con circa il 27%, seguita dalla Francia con il 20% e dall’Italia con una quota prossima al 18%.

Non è comunque facile ricevere l’aiuto. La Grecia insegna. Si può accedere solamente dopo aver accettato un importante piano di riforme che riporti la sostenibilità dei conti pubblici, riforme che inevitabilmente giocoforza sono dure ed impopolari.

Verrebbe quindi da dire che l’Italia versa a fondo perduto e che non può accedere a questi aiuti se non ristrutturando il debito pubblico, cosa difficilmente realizzabile se non attraverso dolorose patrimoniali.

Di certo c’è ancora confusione ed un reciproco sbeffeggiamento tra populisti, laddove per i tedeschi il MEF salverebbe l’Italia e viceversa. Le prossime settimane ne vedremo delle belle e senz’altro avremmo modo di approfondire l’argomento, con l’invito nel frattempo, tra un acquisto di Natale ed un altro, magari d’iniziare a curiosare in maniera autonoma e personale l’argomento.

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