1 Maggio 2020 - 11.30

I protagonismi fanno male alla scienza

Abbiamo già osservato che quella cui ci troviamo di fronte è la prima vera emergenza sanitaria governata dai social, e ci siamo trovati del tutto impreparati a gestirla, nonostante il generoso ed encomiabile contributo che medici e personale sanitario hanno profuso e continuano a garantire per il suo controllo.Il fatto di trovarci di fronte ad un virus del tutto nuovo, di cui ancora adesso non comprendiamo appieno le dinamiche di diffusione, le modalità del contagio, la reazione immunitaria, ha fatto sì che la politica, influenzata e pressata dai media, smarrita di fronte all’assalto agli ospedali, abbia scelto da subito di “affidarsi” agli esperti, agli scienziati, che via via sono assurti al ruolo di “demiurghi”, i cui responsi e suggerimenti diventano la base degli interventi del Governo e delle Istituzioni. E quindi ogni Autorità, dal Presidente del Consiglio dei Ministri al singolo Ministro, dal Governatore di ogni Regione al Sindaco di una città, si sono dotati di un “comitato tecnico scientifico”, sui cui indirizzi basare le decisioni “politiche”.  Che poi ci sia una oggettiva proliferazione del numero di  esperti inseriti in questi Comitati è diretta conseguenza dell’amore tutto italiano per i tavoli istituzionali ricchi di “careghe”, anche se, a onor del vero, la consulenza è prestata  per lo più a titolo gratuito.Molti lamentano che c’è stato, ed è ancora in atto. una sorta di trasferimento del potere dalla politica alla comunità scientifica, che fa comodo alle nostre “autorità” sia per evitare scelte che possono risultare inadeguate o impopolari, sia per alleggerire la responsabilità politica che deriva dal “decidere”.   Ma questo è un altro discorso.Tornando a questi “scienziati precettati dai politici”, che dato il tipo di problema sono quasi tutti di formazione medica, l’attenzione mediatica si è concentrata su alcuni tipi di specialisti di settori particolari, di cui solitamente sappiamo molto poco, perchè costituiscono una ristretta consorteria di super specialisti che vivono ed operano nel mondo delle Università e dei laboratori di ricerca.Le gestione mediatica della crisi ha inevitabilmente sovra esposto questi scienziati, che ormai stanno su tutti i giornali, su tutti i siti, in televisione a tutte le ore, tanto che talvolta viene da chiedersi dove, fra una intervista e l’altra,  trovino il tempo per fare il loro vero lavoro di ricercatori.Virologi, epidemiologi, infettivologi, immunologi, sono diventati le star di questo periodo tragico, oracoli consultati instancabilmente da chiunque si occupi di informazione ed intrattenimento.E francamente sembra si siano abituati subito e bene alla ribalta mediatica, sicuramente per il dovere di informare i cittadini sugli sviluppi della pandemia, ma, mi sembra di capire, anche per un “pizzico di narcisismo”.Ma hanno tutti le stesse competenze?Sicuramente no, per cui vale la pena fornire qualche indicazione per distinguere e capire meglio i vari ambiti scientifici in cui operano.La virologia è la disciplina che studia le caratteristiche biologiche e molecolari dei virus.  E la virologia medica è la branca che studia i virus coinvolti nelle malattie dell’uomo, e lo fa con approccio per buona parte “statistico”.L’epidemiologia  studia invece la distribuzione e la frequenza di eventi di rilievo medico nella popolazione, tipo le pandemie. L’infettivologia è la scienza che propone i trattamenti per la cura delle malattie infettive. L’immunologia infine è la branca della biologia che si occupa del sistema immunitario, studiando le funzioni fisiologiche e le risposte immunitarie durante una malattia.Come si vede si tratta di settori diversi, che richiedono studi diversi, professionalità diverse. Volendo schematizzare al massimo, si potrebbe dire che un virologo può dirci quali sono le caratteristiche di un virus, un epidemiologo ci informa su qual è la sua diffusione, un infettivologo su quali siano le modalità di contagio, un immunologo su quali sono le reazioni immunitarie di una persona infetta. E’ palese che non si tratta di “saperi”, come dire, intercambiabili, anche se nessun conduttore televisivo si pone mai il problema, rischiando così di fare domande specifiche ad uno studioso che magari si occupa d’altro.E che si tratti di settori scientifici diversi lo dimostra il fatto che sono previsti percorsi di studi e di carriera differenziati.Tanto per dare un’idea, per diventare virologo, dopo la laurea in medicina (6 anni) bisogna avere una specializzazione in microbiologia e virologia (altri 4 anni), cui non è facile accedere per la limitata disponibilità di posti nelle scuole di specialità (una ventina di posti in tutta Italia).Per diventare infettivologo oltre alla laurea in medicina serve la specializzazione in infettivologia (4 anni).Non esiste invece il titolo di “epidemiologo”, per cui si tratta in genere di igienisti, cioè laureati in medicina specializzati in igiene e medicina preventiva.Dall’inizio della pandemia questi esperti hanno scalato in modo accelerato un vuoto mediatico, perché capaci di informare e comunicare trattando più temi, dalla spiegazione del virus alle proiezioni dell’andamento epidemiologico.E non poteva essere che così visto anche l’affidamento pseudo religioso tenuto nei loro  confronti dalla politica. Senza togliere nulla a nessuno, soprattutto nei primi giorni della pandemia abbiamo finito per immaginarli come macchine infallibili, freddi e compassati, pure menti calcolanti, che a differenza di noi poveri mortali, così sensibili alla vanità e alle passioni, non aprivano mai bocca se non per proferire verità sperimentali accertate. Abbiamo poi dovuto constatare che non è sempre così, e con il passare del tempo abbiamo visto anche altri aspetti di alcuni di questi scienziati, risultati un po’ ciarlieri, litigiosi, talvolta approssimativi, quasi sempre molto simpatici, appassionati di notorietà.Abbiamo assistito a momenti di “scadimento”, come lo scontro fra il prof. Burioni e la collega Maria Rita Gismondo dell’ospedale Sacco di Milano, o quello più recente sempre fra Burioni ed il prof. Giulio Tarro, con scambio di battute al vetriolo. Non proprio un bel vedere, non proprio quello che ci si aspetterebbe da persone considerate “luminari” della medicina, dai quali dovrebbe dipendere la nostra salute collettiva. Non so voi, ma la stessa sensazione di sconcerto io la provo quando leggo sullo stesso giornale, o sento nello stesso talk show, questi esperti sostenere tesi anche diametralmente opposte su cosa si dovrebbe fare, su quali saranno gli sviluppi futuri della pandemia, se si può procedere alla fase 2, e quant’altro.Sappiamo bene che la medicina non è una scienza esatta, ma talvolta, mi si perdoni l’immagine iconoclasta, di fronte a certe “divergenze” sembra di assistere alle dissertazioni dei medici di Pinocchio, o di Don Ferrante sulle cause della peste nei Promessi Sposi.Di conseguenza a poco a poco ho finito per fare un po’ di tara a questi studiosi, individuando quelli che, per competenza e morigeratezza, ritengo più credibili, e che quindi ascolto con maggiore attenzione.   Non faccio nomi per ovvi motivi, ma non posso esimermi dal dire che qui in Veneto a mio avviso siamo stati fortunati. Data la visibilità, data l’esposizione mediatica, era inevitabile che questi studiosi cadessero nel tritacarne dei sondaggi. E una prima rilevazione, finalizzata a fare la classifica dei “più conosciuti” dagli italiani ha visto Roberto Burioni in testa con il 92%, seguito da Massimo Galli, Ilaria Capua e Silvio Brusaferro. Ad inizio mese le agenzie Noto e My PR hanno invece stilato la classifica degli scienziati più “credibili” secondo gli italiani. Ai primi tre posti, con più del 70% dei consensi, ci sono Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’ ospedale Spallanzani di Roma, seguito da Ilaria Capua, direttrice dell’ One Health Center of Excellence dell’ Università della Florida, la quale precede l’ epidemiologo dell’ Istituto superiore di sanità Giovanni Rezza. Dietro seguono Andrea Crisanti, virologo dell’ università di Padova, Roberto Burioni, virologo dell’ università Vita e Salute del San Raffaele di Milano, e Luigi Lopalco, epidemiologo dell’ università di Pisa.Si tratta in ogni caso di percentuali da fare invidia ai nostri politici.Va comunque osservato che testare gli scienziati percepiti come più “credibili”  dagli italiani può essere interessante, con l’avvertenza però che si tratta di dati da prendere con le molle, perchè è palese che un posto prima o dopo in classifiche basate sulle “percezioni” dei cittadini, non vuole certo dire che uno sia più o meno competente e bravo nel suo campo.  In realtà dipende dalle ore di presenza in video, o dal numero di interviste comparse sui media; in sintesi una mera questione di “visibilità”.La scienza è una cosa seria, e queste classifiche che non attribuiscono certo attestati di professionalità, non sono altro che un gioco. Diversamente, celiando un po’, il noto virologo Donald Trump, con i suoi consigli di bene disinfettante, sicuramente giganteggerebbe nelle varie classifiche. Concludendo, da anni la Rete è diventata terreno di pascolo per messaggi pseudo scientifici di ogni tipo, dietro i quali ci sono interessi commerciali ben precisi. Tanto più pericolosi in quanto riguardano il tema della salute. Forse sarebbe opportuno che relativamente alla pandemia che ci sta cambiando la vita, almeno la scienza ufficiale, quella che, volenti o nolenti, influenza il nostro pensiero ed i nostri comportamenti, evitasse i “protagonismi”, e non si dividesse su dispute che, comunque vada, contribuiscono solo ad intaccarne la solidità reputazionale.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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