7 Novembre 2019 - 12.04

Halloween sì, Halloween no… storia di ordinario paganesimo

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di Alessandro Cammarano

I “Finalmente è passato!” si alternano ai “Quanto mi sono divertito!”: Halloween da qualche anno è ricorrenza che non lascia indifferenti ed è capace di scatenare opposte fazioni – le stesse dai tempi dei Guelfi e Ghibellini, Palleschi e Piagnoni, Capuleti e Montecchi, ecc. – che si scontrano a colpi di social e non solo.

“Festa importata e pagana” gridano alcuni, “Celebrazione antica” sostengono altri; in realtà hanno ragione tutti. Halloween, chiariamoci, non c’entra nulla con la festa di Ognissanti, dato che quest’ultima si celebra il Primo novembre, mentre ‘apoteosi delle zucche intagliate si festeggia il 31 ottobre: anche il calendario può mettere ordine nella polemica.

Festa pagana? Sì, e allora? Anche il Natale, più esattamente il 25 dicembre, è in parte festa pagana, trattandosi del Dies Natalis Sol Invictus – ovvero festa per la nascita di quel dio Mitra il cui culto mise a dura prova e a lungo il nascente Cristianesimo – istituito dall’imperatore Eliogabalo, che era uno che il travestimento lo aveva nel sangue, e ufficializzato da Aureliano nel 274 e che fu poi assunto dalla Chiesa come Natale di Cristo. Così il 31 ottobre – che all’epoca non era il 31 ma, con il calendario lunare corrispondeva al 19 circa, data prossima al solstizio d’inverno – era per le culture celtiche la notte in cui si apriva, per brevi ore, il passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti; un po’ quello che succede nel “Dia de los muertos” in tutta l’America Latina o più semplicemente in Sicilia, dove i defunti assolvono alla funzione di portatori di doni ai bambini.

Esaurita la prefazione “colta” – noiosina eh? – veniamo al “Dolcetto o scherzetto” che ha contagiato le generazioni più giovani e non solo negli ultimi anni, contribuendo anche ad un vistoso incremento nelle vendite di dolciumi spesso di qualità parecchio discutibile e dalle fogge che più rivoltanti sono e meglio è. I piccoli questuanti, accompagnati dall’adulto di turno che sembra uno al quale un’ora un ginocchio sui ceci sarebbe parsa preferibile alle peregrinazioni crepuscolari in compagnia dei marmocchi, vanno di casa in casa sperando nella munificenza dei vicini. I più fortunati tornano a casa con le saccocce piene e un’opzione a svariate carie dentali; i meno assistiti dalla sorte e dagli spiriti dei defunti si trovano davanti a porte chiuse sulle quali campeggiano scritte del tipo “Qui abita una famiglia timorata. Halloween è peccato. No caramelle.”. Spesso però gli autori del cartello moralizzatore stanno in realtà dando gli ultimi ritocchi ai loro travestimenti – che sfoggeranno alla esclusiva festa in discoteca prenotata da fin da agosto – sistemando parrucche, zanne e sangue finto; le caramelle se le mangiano loro, con calma, nel privé. Ai contrari, come si diceva – si oppongono fieramente i sostenitori strenui, quelli che pianificano con cura i costumi in compagnia. Generalmente hanno raggiunto da vari anni l’età della ragione, ma vengono guardati con malcelata compassione dai figli non più che decenni i quali si accontentano di un cerchietto con le corna o una palandrana da fantasma; se potessero si farebbero truccare da maghi hollywoodiani degli effetti speciali e assumerebbero un costumista personale. Alcuni invece, preoccupati dal dover ribadire uno status sociale di assoluta opulenza si concentrano sui figli, talora ancora in fasce, che diventano minuscoli unicorni, microzombie, vampiri nani e chi più ne ha più ne metta. Tutto sommato sono divertenti, non disturbano e l’allegria non si nega a nessuno, neppure ai minimaghi, e promuovere tridui di riparazione è decisamente fuori luogo. Ah…più di qualcuno, in particolare tra gli adulti, con la maschera ci guadagna, e parecchio.

Alessandro Cammarano

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