27 Marzo 2020 - 10.23

Fenomenologia di Luca Zaia

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In altri tempi le misure di contrasto al coronavirus sarebbero state decise e comunicate a livello centrale, e le avremmo apprese solo dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della Sanità.
Ma nel frattempo c’è stato un progressivo trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni, e l’assistenza sanitaria è diventata probabilmente l’area di maggiore importanza per le Regioni, quasi un simbolo della loro autonomia.
Di conseguenza la facilità di accesso all’assistenza sanitaria, e la qualità del servizio sono diventate una sorta di lente con cui il cittadino giudica la performance della propria regione.
Con questa “architettura” istituzionale della sanità, era inevitabile che la crisi da Covid19 portasse ad una sovraesposizione mediatica dei Governatori delle Regioni, i quali sono diventati improvvisamente gli interlocutori obbligati del Governo, spesso interlocutori polemici ed “indisciplinati” in nome delle diversità e delle esigenze dei propri cittadini.
Non c’è dubbio che, quando l’emergenza da coronavirus sarà rientrata, il problema dei livelli di competenza nella sanità pubblica, nell’ambito dell’autonomia differenziata, diventerà centrale nel dibattito politico.  E le prime avvisaglie, per quanto tiepide e sotto traccia, visto il momento drammatico, già si sono colte. 
Pensateci bene.  Vi ricordate il nome del Ministro della Salute?  Quante volte l’avete visto parlare in televisione negli ultimi tempi?
La risposta giusta è: pochissime.   A proposito il Ministro si chiama Roberto Speranza.
Mentre di converso le vere “primedonne” sono diventati i Governatori, che nel bene e nel male occupano sempre più la scena mediatica.
Dico nel bene e nel male perchè è chiaro che qualche “gaffe” clamorosa era inevitabile.
Come quella del Governatore della Lombardia Attilio Fontana che è apparso in video con la mascherina nel mentre diceva ai lombardi di stare tranquilli, o quella di Luca Zaia, che in una Tv locale ha affermato con una certa disinvoltura che “tutti abbiamo visto i cinesi mangiare i topi vivi”.  Chiaro l’intento non denigratorio, in quanto Zaia cercava di dimostrare la superiorità dei costumi sanitari dei veneti, che avrebbero dovuto salvarci dal disastro.  Inevitabili le scuse postume all’ambasciatore cinese in Italia.
A voler essere pignoli il nostro Presidente ha avuto qualche altro “sbandamento”, come quando insorse contro le chiusure del Governo al grido di “Stralciate Padova, Venezia e Treviso dalla zona rossa”, seguito solo qualche giorno dopo da un bel “Chiudete tutto” e “Veneti restate a casa”.
Ma forse non è giusto cercare costantemente il pelo nell’uovo.
Perchè bisogna sempre tenere presente il detto “Chi fa sbaglia, e chi non fa critica”.
E sicuramente la stanchezza e lo stress non sono buoni consiglieri per chi deve prendere decisioni difficili, spesso impopolari, che condizionano la vita di milioni di persone.
E l’impressione è che Zaia non si stia risparmiando nello sforzo di approntare le misure di contrasto all’epidemia.
Al riguardo mi è capitato di vedere in una Tv locale la sua quotidiana conferenza stampa dalla sede della Protezione Civile.
Zaia non è un neofita della politica, anzi.  A trent’anni era già Presidente della Provincia di Treviso.  E guida il Veneto da due mandati.
Quindi un personaggio di grande longevità politica, in un panorama nazionale che tende a bruciare in tempi brevi qualsiasi leader. Renzi docet!
Ma nonostante la lunga esperienza, guardandolo solo davanti al microfono, con alle spalle la traduttrice per i non udenti, si ha la percezione, o almeno io l’ho avuta, di un uomo strenuamente coinvolto nell’emergenza.
Il politologo Paolo Feltrin di Zaia ebbe a dire che ha imparato la lezione dei democristiani: ”Dialoga con tutti, non è estremista , e tiene i contatti con il territorio, in modo moderno,  utilizzando la rete”.
Tutto vero, ma quel che conta a mio avviso è che sentendo le conferenze stampa di Luca Zaia non si ha l’impressione di assistere alla solita “liturgia” di un politico navigato.
Zaia con le sua parole accorate,  sferzanti verso i veneti che non rispettano i divieti, con le sue frasi in dialetto per rimarcare certi passaggi importanti, con i suoi consigli per “la Siora Maria” ed il “Sior Bepi”, mostra un estremo coinvolgimento personale.
Si potrà anche pensare che sia un maestro di comunicazione, ma la sua spigliatezza, la sua determinazione  non testimoniano questo, mostrano invece un uomo determinato ad essere il vero “comandante in capo” dei veneti in questa emergenza.
Abbiamo già evidenziato qualche contraddizione e caduta di stile, ma ciò non inficia la sua immagine attuale di Governatore che vuole trasmettere al “suo popolo” il messaggio “io ci sono, seguite le indicazioni di una Regione Veneto che vuole affrontare la crisi a testa alta, con la massima determinazione, con estremo rigore, mettendo in campo tutte le risorse possibili, umane e materiali, senza lesinare nulla”.
Fatalmente il messaggio di Zaia non ha respiro nazionale; è rivolto direttamente ai veneti, perchè le sue competenze sono limitate nei confini regionali, ma mostra chiaramente di non aver alcun timore nello sfidare il potere “romano”, imponendo ai cittadini limitazioni anche più pesanti di quelle decise centralmente.
Non stupisce che questo sia un messaggio vincente.
Ai cittadini non piacciono le incertezze, i tentennamenti, le mediazioni, quando in ballo c’è la loro salute.
Perchè è rassicurante avere come “capo” una persona che manifesta sicurezza e determinazione nel decidere.  Mettendoci la faccia e il cuore.
Il caso ha voluto che le Regioni che hanno subito maggiormente l’impatto della pandemia siano quelle, Emilia a parte, a trazione leghista, Lombardia e Veneto purtroppo in prima linea.
Ma la comunicazione di Fontana non è quella di Zaia. 
Fontana sembra aver delegato buona parte dell’interlocuzione con i media all’assessore Giulio Gallera;  in Veneto parla solo Zaia.
Certo non è questo il momento migliore per parlare di equilibri politici.
Ma io ritengo che alle prossime elezioni regionali, quando sarà possibile farle, Zaia verrà rieletto “a furor di popolo”.
Per la sinistra credo  sarà un passaggio solo “decoubertiniano”.
Ed in verità non vedo grandi spazi neanche per i nuovi “venetisti”, che di recente si sono riorganizzati sotto il simbolo del “Partito dei Veneti”.
Ampliando un po’ lo sguardo,  va ricordato che nella storia i momenti di crisi hanno spesso portato all’emersione di nuovi leader.
Salvini al momento sembra aver perso lo smalto degli ultimi anni, che hanno portato la Lega ad essere nei sondaggi il primo partito italiano.
Che l’emergenza Covid19 possa essere l’occasione per Luca Zaia di uscire dal Veneto per acquisire un ruolo nazionale, nel Partito o nel Governo?

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