2 Agosto 2019 - 9.47

Estate, tette al vento? Ecco perchè non sono più di moda

di Umberto Baldo

Immagino non vi sia sfuggito che da qualche anno prendere il sole in spiaggia senza la parte alta del bikini sembra non essere più “à la page”.
E che la pratica di mostrarsi con il seno nudo, io goliardicamente preferisco dire “con le tette al vento”, sia considerata un po’ superata non è un fenomeno solo italiano.
Tanto per fare un esempio, nel 2017 solo il 22% delle francesi, vere pioniere  della “libertà di tetta”, ha scelto il monokini.  Dato in netta contrazione rispetto al 1984, quando il 43% delle “mesdames” si abbronzava  senza reggiseno (dati Ifop – Institut d’études opinion et marketing en France et à l’International).  Ed i numeri mostrano una netta controtendenza di tipo “generazionale”: infatti mentre il 39% delle donne francesi con oltre 60 anni ha già sperimentato il topless, fra le ragazze di età compresa fra i 18 ed i 24 anni si scende al 13%.


Perché questo ripiegamento delle donne verso il tradizionale costume “due pezzi”, o addirittura quello “intero”?
Non è facile interpretare questo ritorno all’antico, ma credo che le “tette al vento” abbiano perso quel carattere sovversivo che avevano avuto negli anni 1960/70, quando offrire il seno nudo agli sguardi degli uomini appariva a molte donne come un modo per ricordare loro che il corpo e la sessualità appartenevano solo a loro stesse.
E si che la lotta per arrivare alla libertà di liberarsi del reggipetto sulle spiagge  è stata lunga ed irta di ostacoli.  Una battaglia iniziata negli anni ’70, e conclusa solo nel 2000 con la sentenza n. 3557 della III sezione penale della Corte di Cassazione, che riconobbe in via definitiva che il topless è diverso dalla nudità totale, e quindi legalizzandolo con questa precisa motivazione: “il topless ormai da vari lustri è comunemente accettato ed entrato nel costume sociale”.
Immagino che per i giovani d’oggi, abituati a ben altro, l’immagine di una donna stesa al sole senza reggiseno non susciti alcun turbamento.
Ma non era così intorno agli anni ’70.


Provate a pensare che impatto ebbero allora le scene del mitico Festival di Woodstock del 1969, con migliaia e migliaia di ragazze disinibite e discinte, o le immagini  delle prime femministe a seno nudo in un mondo provinciale e bigotto, in cui le uniche immagini delle “tette” si potevano vedere nei giornali tipo Playmen o simili, di solito tenuti “nascosti” nelle edicole e oggetto di passaggi clandestini fra amici, o nei mitici calendarietti profumati che i barbieri consegnavano ammiccanti ai clienti per fine anno. Oppure nelle ore notturne guardando la trasmissione “Colpo grosso”, programma che raggiunse la notorietà sfruttando il voyeurismo, i giochi di seduzione, l’esposizione dei corpi, il cliché della donna oggetto.  Tanto per capirci, solo pochi anni prima la Rai impose alle mitiche gemelle Kessler di coprire le loro splendide gambe con calze da convento di clausura.    E non va dimenticato che per 44 anni, fino all’inizio del 2015, il tabloid inglese The Sun ha sempre pubblicato a pagina 3 foto di donne con il seno nudo, e in Italia per lungo tempo testate come Panorama e l’Espresso mettevano in copertina donne in topless, spesso senza alcun specifico riferimento al tema trattato sul giornale. 
Erano anni in cui la morale sessuale era di fatto ancora quella dei secoli precedenti, ed i costumi non avevano certo fatto grandi passi avanti durante l’epoca fascista, che idealizzava la donna come fattrice, allevatrice della prole, ed angelo del focolare.    Una donna, escluse ovviamente quelle appartenenti all’aristocrazia o alle alte gerarchie del regime, che viveva in un’Italia povera, in maggioranza contadina, che sicuramente il problema del topless non se lo poneva, visto che la vacanza era riservata a pochi eletti.


Sono trascorsi solo 50 anni, ma in termini di evoluzione dei costumi equivalgono a molti secoli.
E sembra ancora più un altro mondo guardando all’oggi, in cui in prima serata, in pieno spregio della cosiddetta “fascia protetta”, le televisioni trasmettono film con scene di sesso esplicito, che solo alcuni decenni prima sarebbero incorsi negli strali della censura.
Che in realtà, diciamocela tutta, in quegli anni finiva di fatto per vietare ai minori di 14 o 18 anni solo un po’ di tette e qualche coscia; oltre si sarebbe corso il rischio del sequestro.    Roba che di questi tempi vediamo con maggiore dovizia di particolari quotidianamente nella pubblicità, e che non crea certo alcuno scandalo.
Tornando a quegli anni, non è che la sentenza della Cassazione non abbia suscitato discussioni.
Perché, inutile nascondercelo, il topless continuava ad essere motivo di turbamenti e chiacchiericci da ombrellone.


E se chiudete gli occhi e ripensate a quelle domeniche al mare, si vedevano maschi adulti, ma anche adolescenti, passare e ripassare vicino ai lettini in cui “novelle Amazzoni” esponevano la “mercanzia”, fingendo indifferenza, ma tirando gli occhi dietro gli obbligatori occhiali da sole, quasi rischiando lo strabismo, che in questo caso sarebbe stato proprio appropriato definire “di Venere”.   E c’era una specie di rituale, in cui la ninfa di turno si stendeva a pancia in giù sul lettino, e con nonchalance e gesti misurati slacciava il reggiseno, sbirciando attorno per vedere le reazioni dei vicini di ombrellone.   I quali, in verità principalmente le donne, si lanciavano in commenti sussurrati che partivano dal “ma dove siamo arrivati?”, per arrivare al “ma ci sono i bambini”, e per chiudere malevolmente con giudizi sulla qualità della “tette” esibite: troppo grosse, troppe piccole, troppo cascanti, piene di smagliature, per finire, se del caso, con il verdetto più tranchant: “rifatte”.
Ed in quegli anni in cui dilagava la moda del topless nascevano anche situazioni imbarazzanti.  Ricordo un giorno in cui mi capitò di incrociare in piscina una collega che sul lavoro vedevo sempre in castigati tailleur, che mi sorrideva esponendo un seno generoso.  Francamente l’immagine era seducente, non lo nego, ma non sapevo dove mettere gli occhi, per non imbarazzarla. Sbagliando, perché fu lei a chiedermi; cosa dici, ti piaccio “nature”?  
Evidentemente, anche se pensavo di essere “in linea con i tempi”, ero ancora psicologicamente legato alla cultura del “proibizionismo” sessuale.
Comunque la si veda, anche adesso l’esibizione sfrontata del seno nudo assume ancora un carattere di protesta, e lo sanno bene le ragazze dell’associazione “Femen”, note proprio perché si spogliano durante le loro manifestazioni.


E la conferma del carattere rivoluzionario del topless la troviamo anche nella musica di quel periodo.
Nella canzone “Eskimo”, uscita nel 1978, ma che richiama gli anni intorno al ’68, Francesco Guccini, cantava questi versi:
Ma tu non sei cambiata di moltoanche se adesso è al vento quello cheio per vederlo ci ho impiegato tantofilosofando pure sui perché……

E quanto son cambiato da allora e l’eskimo che conoscevi tu lo porta addosso mio fratello ancora e tu lo porteresti e non puoi più,bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà:tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent’anni fa!

Tirando un po’ le fila del nostro discorso, non credo che le ragazze che oggi non ostentano più le loro “rotondità superiori” senza veli, lo facciano perché sono diventate più pudiche o più tradizionaliste, o per non irritare fidanzati o mariti.
Da un lato è probabile che sia passato il messaggio di tipo medico che prendere il sole sul seno non faccia poi così tanto bene, anche se i senologi dichiarano che questa pratica non espone a maggiori rischi di sviluppare il cancro alla mammella.
E dall’altro il fatto che essendo il topless ormai liberalizzato, non c’è più nessuna norma da trasgredire, nessun principio da affermare, nessun tabù da abbattere.
Ma mi piace anche pensare che le donne abbiano capito, e gli stilisti sembrano assecondare questa tendenza,  che da quando hanno ricominciato a rivestirsi sulle spiagge, gli sguardi degli uomini sono tornati a posarsi sui loro corpi, attratti da quello che suggeriscono costumi magari succinti e studiate trasparenze, in una logica di seduzione.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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