24 Gennaio 2019 - 11.07

EDITORIALE – Ecco perché la bolletta della luce è così cara

di Umberto Baldo

Qualche giorno fa un piccolo imprenditore veneto mi ha mostrato la bolletta relativa all’energia elettrica consumata in azienda nel mese di dicembre 2018.

Si tratta di una piccola impresa metalmeccanica, con pochi dipendenti, che, pur fra mille difficoltà e massiccio ricorso alla cassa integrazione, è riuscita comunque a resistere negli anni della crisi, durante i quali moltissime altre aziende sono state costrette a chiudere i battenti.

Dalla fattura in questione si rileva che il totale da pagare risulta di euro 1.234,67, corrispondenti a 4.734 Kwh consumati.

Ma se si vanno a vedere le singole voci che portano a questa cifra, leggiamo:

Spesa per la materia energia 278,35

Spesa per trasporto, gestione contatore e oneri di sistema 784,65

Imposte 59,43

Iva 112,24

Balza agli occhi che la “spesa viva” per il consumo di elettricità pesa sulla bolletta per il solo 22,5%.

E il resto?

La seconda voce incide per il 63,5%, ben oltre la metà del totale da sborsare.

Le altre due sono tasse, che in Italia, assieme alla morte, sono le uniche due cose sicure della vita.

Ovviamente nulla da dire relativamente al consumo vero e proprio. L’energia utilizzata va pagata, ci mancherebbe.

Le domande sorgono però di fronte alla seconda voce della bolletta, e non tanto quelle relative alla spesa per trasporto e gestione contatore, che sicuramente sono collegate al processo produttivo e distributivo dell’energia, quanto quelle descritte come “oneri di sistema”.

Nella bolletta domestica della “Siora Maria” e del “Sior Bepi” le due voci sono di solito scorporate, mentre nella bolletta dell’azienda in questione risultano come un unico importo, ma questa è senza dubbio una mera modalità di fatturazione della società erogatrice dell’energia.

Tralasciando l’anomalia dell’ Iva calcolata anche sulle tasse, ma ormai siamo abituati a tutto, rimane la curiosità di sapere cosa ci sia dentro quella fantomatica voce “oneri di sistema”, alla luce del fatto che inequivocabilmente rappresenta oramai una parte molto consistente del totale della bolletta, e che ha anche la caratteristica di essere una “voce fissa, e quindi non modificabile.

Vale la pena di ricordare che la voce “Oneri di sistema” compare con questa accezione nelle nostre bollette solo dal 2016, ma in realtà c’erano anche prima sotta la voce “Servizi di Rete”.

Ecco quindi il dettaglio delle singole componenti di costo, che sommate tra loro vanno a costituire l’importo della voce “Spesa per Oneri di Sistema”, con le rispettive percentuali calcolate in base ai prezzi per kWh del primo Trimestre 2017 (nello scaglione superiore). Come potete vedere sono nove:
· 77,0% Incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate (componente A3)

· 12,5% Agevolazioni alle industrie manifatturiere ad alto consumo di energia (Ae)

· 4,1% Promozione dell’efficienza energetica negli usi finali (UC7)

· 2,7% Oneri Nucleari (Decommissioning nucleare) (A2)

· 1% Compensazioni per le imprese elettriche minori (UC4)

· 1% Sostegno alla ricerca di sistema (A5)

· 0,8% Agevolazioni tariffarie riconosciute per il settore ferroviario (A4)

· 0,6% Oneri per il bonus elettrico (As)

· 0,3% Compensazioni territoriali agli enti locali che ospitano impianti nucleari (MCT)

Per chi fosse interessato ad approfondire il significato delle singole componenti, ricordo che non c’è nulla di segreto; basta accedere al sito dell’Autorità per l’Energia. Ma il fatto che sia tutto trasparente non vuol certamente dire che sia tutto logico e giusto. Infatti, con estrema furbizia, nel corso del tempo i Governi hanno “caricato” sugli “oneri di sistema” una serie di costi che in un Paese normale non sarebbero stati “messi sul groppone” delle famiglie e delle imprese, bensì spesate dalla fiscalità generale. In estrema sintesi, vediamo che si va dagli incentivi alle fonti rinnovabili e alle energie pulite (A3), allo smantellamento delle centrali nucleari (A2), ancora in atto dopo decenni nonostante sia gestito dalla società pubblica Sogin. Ma ci sono poi le agevolazioni alle Ferrovie dello Stato, alle quali viene concesso un maxi sconto per l’acquisto di energia elettrica (A4). E ancora, la componente (As) è destinata ai clienti domestici in stato di disagio fisico ed economico, la (UC7) alla copertura degli oneri derivanti dalla promozione dell’efficienza energetica negli usi finali, la (Ae) a finanziare agevolazioni alla industrie manifatturiere ad alto consumo energetico, e via cantando.

Ci si rende conto cioè che le componenti della voce Oneri di Sistema non sembrano rispondere a costi che derivano direttamente dalla produzione e dal trasporto dell’energia, bensì ad altri principi ed esigenze della collettività, e sembrano simili ad imposte vere e proprie, caricate sulla pelle dei consumatori. Tanto è vero ad esempio che, secondo quanto previsto dalle leggi finanziarie 2005 e 2006, una parte del gettito riveniente dalla componente (A2), circa 100 milioni l’anno, viene assegnato al bilancio dello Stato. Se non è una tassa questa, qualcuno dovrebbe spiegare cos’è.

Volendo calcare la mano, si potrebbe dire che la bolletta elettrica è diventata una specie di “Bancomat” a disposizione dei Governi, per recuperare soldi da spalmare sui diversi settori della politica energetica nazionale. Alla fin fine nulla di diverso da quanto accade per la benzina, dove paghiamo ad esempio ancora i costi delle guerre coloniali. Ma con una differenza di fondo: avere la macchina è comunque una scelta personale, mentre vivere senza corrente elettrica è impossibile.

Ovviamente avrei potuto citare la bolletta dei “Siori Bepi e Maria”, che secondo il Codacons è lievitata nel decennio 2008-2018 di ben il 15%, anche in conseguenza del fatto che nel 2008 imposte ed oneri di sistema pesavano sulla bolletta per circa il 22,1%, mentre nel 2018 le stesse voci hanno gravato per circa il 35,78%. Ma ho preferito partire dalla bolletta della piccola azienda metalmeccanica perché nonostante tutti i Governi si straccino le vesti a predicare che bisogna supportare le nostre realtà produttive, alla fine non trovano di meglio che caricare sulle stesse tasse a balzelli. Aumentando una pressione “fiscale” già altissima, cui non corrisponde purtroppo un miglioramento dei servizi erogati dallo Stato. Le bollette non sono che un indicatore di quale sia il rapporto fra lo Stato ed il cittadino, un rapporto di vera e propria sudditanza, in cui è possibile caricare “surrettiziamente” tasse, e addirittura tasse sulle tasse, sulle famiglie e sulle imprese, per rispondere ad esigenze che dovrebbero essere supportate dalla fiscalità generale. Ma è difficile da digerire soprattutto il modo con cui lo si fa, con una trasparenza “pelosa”. Perché è vero che gli oneri di sistema sono indicati in bolletta, e ci mancherebbe, ma per capire cosa ci sia dietro la “Siora Maria” ed il “Sior Bepi” devono accedere ai siti delle varie Autorità pubbliche. E non è detto che i nostri “Siori” siano in grado di farlo, e neppure che abbiano le competenze per comprendere appieno cosa si nasconda dietro delibere, decisioni, richiami legislativi, e quant’altro la fantasia giuridica dei nostri legislatori sia in grado di partorire.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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UNICHIMICA

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