9 Agosto 2022 - 11.38

Elezioni: perché Calenda ha ragione da vendere

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Ma qualora il destino (che nella lingua piddina si traduce con perdere le elezioni) riservasse a Enrico Letta di ritornare a dirigere la Scuola di Affari Internazionali dell’Istituto di Studi Politici di Parigi, cosa andrebbe ad insegnare ai suoi allievi?

Come si cerca di mettere in piedi quel capolavoro di alta strategia politica che forse passerà alla storia come “alleanza per non governare”, il tutto in nome del “modello Comitato di Liberazione Nazionale” di altri tempi?

Già un modello, quello lettiano, che aveva due declinazioni coesistenti; una di governo con Calenda e + Europa, ispirata all’Agenda Draghi, all’atlantismo ed all’europeismo tout court, ed un’altra con la sinistra radicale di Fratoianni e dei Verdi (fuori ma rossi dentro, come le angurie) di Bonelli, di forte caratterizzazione “anticapitalista” (sic!), piena di epigoni del comunismo, antidraghiana , anti Nato ed anti Ue, con forti connotazioni populiste.

Vi siete stupiti se di fronte ad una simile “pensata” Carlo Calenda abbia detto: “Signori no grazie, a queste condizioni io mi alzo e passo la mano”?

Perché si potrà accusare di tutto Calenda, di essere un traditore, di non rispettare il noto brocardo latino “Pacta sunt servanda”, di essere inaffidabile, persino di essere “fascista” come lo ha definito indirettamente ieri Bonelli con queste parole: “Dice Calenda che usare l’esercito non è di destra né di sinistra? È vero, perché è drammaticamente fascista”.

Sì, lo si può accusare di ogni ignominia, tranne quella di non essere coerente!

Può piacere o non piacere, ma in questo passaggio cruciale Calenda ha dimostrato di credere in quello che dice, e questa è merce rara fra i nostri Demostene, abituati a fare politica mentendo ed imbrogliando gli elettori.

Certo forse poteva accorgersi prima delle intenzioni e del progetto di Enrico Letta mirato solo a coprirsi “a sinistra”, forse pensando che da quelle parti, nei presunti forzieri di Fratoianni e di Bonelli ci fossero chissà quanti voti, mentre è palese che senza apparentamento con il Pd sarebbero tutti tornati a fare altro fuori dal Parlamento.

In realtà non sapremo mai se ci sia stato un reale tentativo di “tirare il pacco”, ma va dato atto a Calenda di aver pronunciato un chiaro “Io mi fermo qui”, quando ha capito che avrebbe dovuto fare la campagna elettorale con gente che non solo la pensa in maniera esattamente opposta, ma che è chiaramente avversa alle sue politiche.

Calenda è stato lineare nella sua azione politica.

Ha provato a mettere assieme il terzo polo con la Bonino ed i radicali di + Europa, e quando ha visto l’immaginifica “alleanza per non governare”, la creatura di Letta, ha deciso di nuotare da solo in mare aperto.

Da liberal democratico confesso di non aver capito la decisione della Bonino di non seguirlo, e mi piacerebbe tanto sapere cosa ne avrebbe pensato, e come si sarebbe comportato in questo frangente, il compianto Marco Pannella.

Quindi, ribadisco, nessuna incoerenza, ma fermo ancoraggio ai suoi valori liberaldemocratici.

A Calenda va dato atto di aver provato a far ricadere il muro di Berlino sulle spalle dei reduci del Pci-Pds, di aver cercato di sbarrare la strada a quel trasformista di Luigi Di Maio, di aver smascherato l’innaturale alleanza fra +Europa ed il “modello-CLN non di governo ma di resistenza al nemico” guidato dal Pd.

Quello che farà a questo punto Enrico Letta mi interessa poco in realtà.

Caduta la possibilità di collegarsi ad un centro liberaldemocratico il Pd sarà spinto sempre più a sinistra, con grande giubilo di molti deputati in scadenza del Pd che vedono ritornare nella disponibilità del Partito i seggi assegnati ad Azione (più careghe da occupare!), e della componente più a gauche, quella dello slogan “L’Agenda Draghi non è la nostra”:

Fatto sta che mai dai tempi della “gioiosa macchina da guerra Occhettiana” il Pd si era dato un profilo così di sinistra, e vedrete che a tamburo battente ci sarà il rientro dei Bersaniani, in un partito finalmente (per loro) de-Renzizzato e de-Calendizzato.

Che Letta, rimangiandosi quanto fin qui affermato, su pressioni della componente di sinistra, rispolveri l’alleanza con Conte ed i grillini, mi lascia del tutto indifferente (si potrà discutere eventualmente di coerenza, o no?).

Forse si potrebbe sperare in un rigurgito di resipiscenza e dignità di quelle componenti del Pd che vanno dagli ex renziani, ex veltroniani, ex gentiloniani, cattolici democratici, che non dovrebbero in teoria essere allineate al nuovo corso di Letta, ma cosa volete ci sono in ballo le liste elettorali, e tutti sanno che non è producente manifestare qualche dissenso in questa fase.

In fondo il “Parigi val bene una messa” è sempre attuale!

A questo punto resta da vedere cosa abbia in mente Carlo Calenda.

Il quale manifesta l’intenzione di voler correre da solo con la sua “Azione”, anche in concorrenza con Matteo Renzi.

Spero si tratti di un po’ di tattica, magari per alzare la posta, ma ritengo assolutamente insensato che due forze simili per contenuti programmatici, si combattano quando potrebbero capitalizzare voti facendo nascere finalmente una componente liberal-democratica da contrapporre ai populismi sia della destra che della sinistra.

Non sono un amante dei sondaggi, so bene che in politica non sempre due più due fa quattro, ma il campo può essere largo, fra Azione, Italia Viva, civici alla Pizzarotti, ed io penso anche componenti liberali di Forza Italia che non intendono mettere la croce sulla fiamma tricolore del simbolo di Fratelli d’Italia.

La storia, la politica non sono solo seggi al Parlamento, pur importanti!

Sono anche idealità, nobiltà di pensiero, a persino sogno.

Quindi fateci sognare noi liberal democratici, che non riusciamo da lunghi anni a identificarci in un’Italia rancorosa, populista, succube del “panem et circenses” (bonus, redditi ecc.) proposti come unica ricetta dagli attuali partiti.

Fateci gustare un finale a sorpresa!

Se non ora quando?

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