27 Luglio 2018 - 9.13

EDITORIALE – Autonomia Veneto: la solitudine di Zaia, il silenzio della Lega

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Il governatore del Veneto Luca Zaia, con la Lega al Governo, probabilmente pensava che la strada verso l’autonomia della sua Regione potesse essere più semplice.

Dopo il referendum dello scorso anno è infatti iniziato l’iter di confronto con l’Esecutivo per definire materie e termini di realizzazione dell’autonomia votata a maggioranza dai cittadini veneti.
È in questa fase di confronto che due giorni fa Zaia ha mandato un messaggio, che denota come la situazione stia procedendo in modo diverso rispetto alle sue aspettative.
Il governatore veneto ha infatti ricordato che, con il referendum, era stata chiesta l’applicazione dell’articolo 116 della Costituzione, che prevede l’affidamento alle regioni della competenza su 23 materie.
Su tutte Zaia insiste quindi per trattare, mentre i segnali che riceve sono quelli di accettare un compromesso al ribasso, in cui ci si potrebbe accordare su quattro o cinque temi, che lui però ritiene non determinanti.
A spingere verso questa soluzione ci sarebbero, a suo dire, non precisate “correnti di pensiero”, che evidentemente coinvolgono territori che hanno seguito il Veneto sul percorso dell’autonomia, dalla Lombardia, dove si è svolto analogo referendum, a altri, come Emilia Romagna, Liguria, Campania, Puglia, Toscana, Marche, che non hanno fatto alcuna consultazione.
Per loro, quindi, secondo Zaia, qualche elemento in più di autonomia sarebbe un successo, mentre il Veneto ha investito molto di più politicamente: “Noi – ha sostenuto il governatore leghista – abbiamo lavorato duramente e proposto ai veneti di votare per tutte le 23 materie. Ora non possiamo accontentarci”.
Le difficoltà dimostrano, del resto, come il tema dell’autonomia sia per molti aspetti complesso e in generale divisivo, tanto che in Veneto la prevalenza dei voti a favore dell’autonomia fu schiacciante, con il 98,1%, ma la partecipazione alla consultazione arrivò al 57,2% degli aventi diritto al voto.
Un dato sufficiente a rendere valido il referendum consultivo, ma anche dimostrativo del fatto che i cittadini contrari, oltre il 40%, non si recarono alle urne nella speranza di non far raggiungere il quorum del 50%.
Il tentativo di altre regioni di aggregarsi al risultato veneto, senza però investirci politicamente, come sostenuto dal governatore leghista, evidenzia altresì che la materia, in altri territori, viene considerata utile per ricavare qualche beneficio amministrativo e magari placare qualche spinta politica in tal senso, ma non così determinante.
La situazione di diffuso, ma tiepido sostegno alle spinte autonomiste, costituisce, quindi, allo stesso tempo, una ragione valida per le rivendicazioni fatte da Zaia, di non vedere le istanze del Veneto annacquate in quelle complessive di altre regioni, ma anche la debolezza di essere solo a combattere una battaglia, su cui altri non vogliono esporsi, pur rimanendo pronti a goderne i benefici.
In questo scenario evidentemente Zaia si aspettava qualche sostegno maggiore dalla Lega, contando che oggi è forza di Governo di grande rilevanza e ha un peso politico decisamente superiore di quanto ne avesse in passato, anche quando era in coalizioni di maggioranza di centrodestra, dove però la leadership era sempre stata di Forza Italia.
Invece sul tema il suo partito tace, a cominciare dal leader Matteo Salvini, sempre più impegnato in una costante campagna elettorale sui temi della sicurezza e dell’immigrazione.
Il leader leghista però non può ignorare la sua base elettorale, come quella rappresentata dall’imprenditoria veneta, che proprio in questi giorni ha manifestato, con un messaggio di 600 industriali, il suo fermo dissenso al Decreto Dignità, proposto dal vicepremier Di Maio e sostenuto dal Movimento 5 Stelle.
Questa iniziativa apre un fronte di possibile scontro tra la Lega e i grillini, che devono raggiungere risultati tangibili, per dimostrare al proprio popolo che hanno ancora una forza trainante nella compagine di Governo.
La Lega si trova però di fronte al dilemma di sostenere un Decreto che potrebbe fargli perdere consenso nella sua base di riferimento o se intervenire in modo deciso per modificarlo, rischiando di mettere a rischio la maggioranza.
Al momento siamo solo all’inizio di un iter che dovrà prevedere altri passaggi di valutazione del Decreto all’interno del Governo e poi in Parlamento, quindi lo scenario potrà avere molteplici sviluppi, ma questa vicenda è indicativa dei potenziali contrasti che potranno aprirsi tra i partiti di maggioranza, data la pressoché totale diversità del loro elettorato di riferimento.
In tutto ciò il Veneto è emblematico, anche perché guidato da un governatore come Zaia, che ha dimostrato di avere notevole peso sul territorio e nella Lega e potrebbe cominciare a rivendicarlo, a cominciare dalla questione autonomia.
Per non essere sulla materia più solo come è oggi, con il suo partito silente occupato su altri fronti.
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