7 Luglio 2018 - 12.58

EDITORIALE- VENETO, GLI INDUSTRIALI CONTRO SALVINI

Gli industriali del Veneto contro Salvini e la sua politica di blocco alla immigrazione selvaggia. Nel caotico, spesso qualunquista e disinformato dibattito politico, ogni tanto emerge la forza dei numeri.
Quelli che vengono forniti da uno studio della Confapi, la Confederazione Italiana della Piccola e Media Industria Privata, sono delineano uno scenario in cui la disoccupazione in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna – dove si attesta rispettivamente al 6,3%, al 6,4% e al 6,6% – è scesa ai livelli della Germania, sebbene l’Est Europa faccia anche meglio con il 4,6% della Romania, il 3,9% dell’Ungheria e il 2,3% della Repubblica Ceca.
A trarre le conseguenze di questi dati è Carlo Valerio, presidente della Confapi di Padova, quando dichiara che la ripresa economica, soprattutto in queste regioni, è ormai un fatto consolidato.
Ma Valerio va oltre e aggiunge che, su 6.370 nuovi posti di lavoro creati nel 2017, circa 2.000 sono stati presi da stranieri e ci sono interi settori lavorativi che occupano immigrati.
“Fatichiamo a trovare manodopera sufficiente a sorreggere questo boom – dice Valerio – dunque speriamo che gli immigrati non decidano di tornare nei loro paesi di origine”.
Un messaggio impegnativo, soprattutto perché espresso in una roccaforte della Lega, il cui leader Matteo Salvini da tempo ha posto la questione immigrazione come emergenza del Paese, con dichiarazioni e scelte politiche drastiche e di pesante intolleranza, spesso al limite, se non oltre, quelli accettabili in un consesso democratico.
Ne è consapevole lo stesso Valerio di toccare un nervo scoperto dell’attuale politica italiana, quando dice che “il tema è scomodo e può non piacere, ma credo vada affrontato con più programmazione e meno demagogia”, esprimendo preoccupazione su cosa potrebbe accadere se gli stranieri lasciassero il nostro Paese.
Certo, se dovesse essere in modo concreto realizzato un programma che antepone gli italiani, considerando la necessità di manodopera in determinate regioni, come quelle del nord indicate da Valerio, e i maggiori tassi di disoccupazione di altre, soprattutto al sud, andrebbe posto in essere un grande piano di mobilità territoriale di italiani, con un processo migratorio interno simile a quello degli anni Sessanta.
Un progetto che richiederebbe programmazione e la definizione di una seria e prospettica politica industriale, che non può fermarsi a mere affermazioni di principio e soprattutto deve ribaltare una logica politica di sostegno di redditi come quella proposta dal Movimento 5 Stelle, che nelle regioni meridionali ha raccolto grande consenso.
Un eventuale piano di questa natura avrebbe comunque una prospettiva temporale almeno di medio periodo, mentre quelle industrie di cui parla Valerio, hanno bisogno subito di lavoratori disponibili e adeguatamente formati, data anche l’evoluzione di qualità dei prodotti che caratterizza il successo del made in Italy.
Ogni giorno le fabbriche devono aprire i propri cancelli e avviare le loro macchine e non possono vivere nell’incertezza di sapere se hanno adeguata manodopera disponibile.
La considerazione che l’economia italiana ha bisogno di chi arriva dall’estero, e potrebbe in futuro averne sempre più necessità, del resto è stata sostenuta in questi giorni anche dal presidente dell’Inps Tito Boeri.
In questo caso la motivazione è di natura diversa e attiene all’equilibrio del sistema pensionistico, dato l’invecchiamento medio della popolazione italiana, che, per poter vedere pagate le sue pensioni, ha bisogno di un numero di persone in attività che gli italiani, posto il basso tasso di natalità, non possono garantire.
Anche in questo caso è una considerazione meramente numerica.
Il vicepremier e ministro dell’Interno Salvini ha pesantemente criticato Boeri, sostenendo che deve pensare a far funzionare l’Inps e non fare politica, ma non ha confutato i dati, perché, come tali, non sono opinabili.
Questa posizione peraltro è del tutto contraddittoria con l’affermazione dello stesso leader della Lega per cui “l’immigrazione positiva, pulita, che porta idee, energie e rispetto è la benvenuta”.
Boeri nella relazione annuale sull’attività dell’Inps aveva parlato di immigrati regolari, che quindi non dovrebbero essere invisi a Salvini, posto quello che afferma.
Il punto è quindi se il vicepremier fa dichiarazioni alle quali nemmeno lui crede, e quindi è contro a qualsiasi tipo di immigrazione, oppure se usa questo tema senza nemmeno entrare nel merito come mero strumento di propaganda, che deve continuamente divulgare, anche a dispetto dell’evidenza.
Molto si potrebbe aggiungere sulla questione, evidenziando anche quanto sia pericoloso e potenzialmente devastante, da parte di un rappresentante delle istituzioni, continuare ad alimentare tensioni su questo tema, con il rischio che sfugga di mano e lasci spazio ai peggiori istinti di chi potrebbe ritenersi legittimato a manifestarli.
Restando al merito delle considerazioni di Valerio e di Boeri, poste le differenti basi da cui prendono spunto, in ogni caso preoccupa che il Governo in generale e un suo vicepremier nello specifico, non approfondiscano aspetti responsabilmente sollevati da figure che non hanno ruolo politico, ma solo l’intento di evidenziare il rilievo economico e sociale di determinati processi in atto nell’Italia del 2018.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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