15 Marzo 2017 - 16.27

EDITORIALE – Da Stacchio a Cattaneo, legittima difesa e dovere di indagare

In questi giorni si intrecciano le vicende di due titolari di attività commerciali che hanno reagito sparando a un tentativo di rapina, uccidendo uno dei delinquenti.
Sono le storie di Mario Cattaneo, il titolare dell’osteria Dei Amis, di Casaletto Lodigiano, che lo scorso giovedì 9 marzo ha colpito a morte con uno sparo del suo fucile uno dei rapinatori, in uno scenario analogo a quello che ha coinvolto Rodolfo Corazzo, il gioielliere che il 24 novembre 2015 uccise uno dei componenti della banda che aveva preso in ostaggio lui e la sua famiglia nella loro abitazione.
Sono storie parallele e simili ad altre che hanno interessato le cronache negli ultimi anni.
Tra le più famose vi sono quelle che coinvolsero il benzinaio Graziano Stacchio, che intervenne dal suo posto di lavoro per difendere la commessa di una gioielleria e uccise uno dei rapinatori e il pensionato Francesco Sicignano, che uccise un ladro nella propria abitazione.
Queste vicende sono state seguite con ampio risalto mediatico, soprattutto dando spazio alle opinioni di chi li considerava innocenti a prescindere, senza alcun dubbio, e quindi contestava anche il fatto che fossero oggetto di indagine.
Oggi in molti si esprimono in questi termini anche per Cattaneo, con una posizione che ha alla base la più o meno dichiarata considerazione per cui la legge italiana impedisce di difendersi dai ladri e consente a chiunque di entrare in una casa o in un negozio privati restando impunito.
C’è però un’altra cosa che accomuna Corazzo, Stacchio e Sicignano ed è l’archiviazione dell’indagine a loro carico, senza che si arrivasse al processo, perché gli inquirenti, dopo l’analisi e la valutazione dei fatti, hanno concluso che avessero agito nei limiti della difesa legittima, riconoscendo un loro utilizzo dell’arma adeguato al pericolo che i rapinatori avevano posto in essere.
Le vicende di Corazzo, Stacchio e Sicignano dimostrano pertanto l’esatto contrario di quanto tanto declamato da vari opinionisti, politici e cittadini, quando invocano leggi speciali o la proclamazione di una legittimità a difendersi senza limiti.
Non servono nuove norme, ma basta lasciare lavorare magistratura, polizia e carabinieri secondo quelle esistenti, che sono a tutela di tutti, anche, come dimostrano i casi evidenziati, degli indagati.
Solo infatti attraverso gli approfondimenti degli inquirenti si è potuto certificare che i tre avevano agito nei limiti della difesa che è considerata legittima dal codice penale e quindi oggi nessuno, nemmeno i più colpevolisti, possono accusarli di essere altresì degli assassini impuniti.
È un atto di verità e giustizia anche nei loro confronti, che solo le dovute indagini hanno potuto verificare.
Loro stessi dovrebbero essere quindi grati che gli inquirenti hanno compiuto tutti gli accertamenti e li hanno scagionati, sebbene sarebbe opportuno poi non vantarsene in televisione, come fatto da uno di questi protagonisti, magari ricordandosi che comunque si è consumata la morte di una persona.
Queste tre vicende però evidentemente non bastano a chi sbraita da tutti i pulpiti che offrono i mezzi di informazione e i social media e ancora oggi per Cattaneo ripropone le solite teorie, per cui qualsiasi difesa è legittima.
Ma questo in uno Stato di Diritto come il nostro è un concetto inaccettabile, che, se praticato, renderebbe l’Italia davvero un Paese senza regole, dove vincerebbe solo il più forte o il cittadino meglio armato.
Per Cattaneo c’è da augurarsi che anche lui abbia agito secondo i limiti consentiti dalla legge e non li abbia superati, magari convinto di essere stato investito del diritto di potersi fare giustizia da sé.
Solo le indagini potranno chiarire la sua posizione, perché comunque dovrebbe essere chiaro ormai a tutti che esiste una chiara differenza tra chi spara, di fronte a un pericolo imminente, per difendere se stesso e la propria famiglia e chi invece insegue un ladro disarmato e lo colpisce alle spalle.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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