1 Giugno 2017 - 9.46

EDITORIALE – Rifiuto selvaggio: Dalla Pozza cestina il cervello dei vicentini?

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di Stefano Diceopoli

Lo studio di una prestigiosa università americana ha messo a confronto, alcuni anni fa, l’efficacia nel prevenire gli incidenti stradali fra l’uso delle cinture di sicurezza e l’istallazione di air-bag nelle autovetture. La conclusione è stata tutta a favore della seconda soluzione e ha messo in evidenza come a risultare più efficace sia il fatto di restringere notevolmente il campo di coloro che devono prendere una decisione. In effetti, se ci si affida alle cinture di sicurezza, bisogna presumere che ciascun automobilista e passeggero deciderà di allacciarle al momento di mettere in moto il veicolo. Al contrario, l’installazione degli air-bag può essere imposta alle singole case automobilistiche ed è più facile controllare che lo installino effettivamente, facendo peraltro aumentare il valore commerciale dei loro prodotti.
Questa lunga premessa mi serve per due motivi: il primo per sottolineare su quanti argomenti, sulle prime inutili e incomprensibili, si possa concentrare l’attenzione di prestigiose università americane, la seconda per parlare di un argomento che con la sicurezza stradale non c’entra assolutamente nulla. I rifiuti a Vicenza.
Se siete vicentini, allora vi capiterà di leggere, almeno ai tavolini del bar, il Giornale di Vicenza e se siete vicentini vi capiterà di guardare, almeno distrattamente il telegiornale di Tva. Non so più contare quante pagine di apertura il quotidiano cittadino abbia dedicato al fenomeno dei rifiuti abbandonati al di fuori dei cassonetti e quante siano le foto dei lettori e degli ascoltatori fatte passare in coda al telegiornale locale.
In diverse occasioni il tema è stato portato all’attenzione dell’amministrazione e dell’assessore che dovrebbe occuparsene, Antonio Dalla Pozza. La sensazione di spaesamento nasce nel momento in cui l’ineffabile assessore se la prende con la maleducazione dei vicentini che lasciano i loro rifiuti accatastati a caso intorno alle isole ecologiche e con la strana abitudine del turismo del sacchetto dell’umido, che persone residenti fuori città decidono di caricare in auto, con il rischio di far puzzare l’abitacolo come una cloaca, pur di abbandonare il suddetto sacchetto in mezzo alla strada a Vicenza.
Ed ecco che ci torna utile il famoso studio dell’università americana, semplice e prestigioso: non è possibile che venga affidato il tema della nettezza urbana alla decisione di molti, bisogna invece puntare sull’efficienza di pochi per ottenere un risultato apprezzabile.
Cosa ha fatto invece il nostro Antonio Dalla Pozza? Si è fatto riprendere dalle telecamere e fotografare dai cronisti davanti a cassonetti che si aprono solo con una chiave elettronica. “Presto avremo modo di controllare chi apre il cassonetto e di pesare quello che scarica, in modo da spingere sulla raccolta differenziata”. E’ mai stato messo in atto questo progetto? No. Quello che rimane sono centinaia di cassonetti difficili da aprire, spesso guasti e migliaia di cittadini che hanno perso la chiave, non hanno tempo di andare a prenderne una nuova, stranieri che arrivano in città e non sanno nemmeno se quei contenitori siano piovuti giù da Marte o se siano, come nei loro peggiori ricordi, degli ordigni esplosivi. Quindi si guardano bene dall’avvicinarsi e come farebbe chiunque dotato di un minimo di buon senso, mollano il loro sacchetto sul marciapiede e si allontanano rapidamente.
“Saremo in grado di fermare i furbetti del sacchetto con le telecamere nascoste!” hanno tuonato all’unisono gli assessori Dalla Pozza e Rotondi. Se fosse vero, potrebbe anche rappresentare una forma di prevenzione, ma non è vero e lo sanno tutti. Nessuno è intimorito dalla multa che potrebbe ricevere e la polizia locale ha ben altri problemi da risolvere che mettersi a fare la guardia al cassonetto, compito peraltro che troverei per loro quasi umiliante.
Eppure – sempre che sia vero – rimane da capire perché cittadini di altri comuni dovrebbero darsi al turismo del sacchetto. Forse perché a Creazzo, Altavilla, Torri di Quartesolo o Longare hanno trovato un sistema migliore? Forse perché hanno sperimentato il porta-a-porta e si sono resi conto che è migliore? Forse perché hanno capito che far decidere al Comune come gestire il problema significa restringere il campo di chi deve prendere le decisioni e questo funziona meglio che affidarsi al buon comportamento generalizzato? Si dirà che quelli sono piccoli comuni e che la gestione è più semplice. Ribatto dicendo che la seconda città della Lombardia, Brescia, ha recentemente deciso di abbandonare la raccolta con i cassonetti passando ad un porta-a-porta spinto. A Brescia governa il Pd, hanno un impianto di incenerimento dei rifiuti che un tempo l’amministrazione vicentina ammirava, tanto da organizzare gite di assessori per andare a studiarlo e la società municipalizzata di gestione fa utili stellari, che concorrono a sostenere i bilanci comunali di piazza della Loggia.
Se poi davvero si pensa che i vicentini siano una massa di maleducati, che preferiscono mettere i sacchetti di fianco ai cassonetti piuttosto che dentro gli stessi (e qualcuno mi dovrebbe spiegare perché dovrebbero farlo e poi andare a lamentarsi con i giornali), allora una amministrazione seria dovrebbe trovare un sistema per sistemare le cose. Mi viene il dubbio che il primo provvedimento da prendere sia quello di ordinare ad Aim di passare più spesso a raccogliere i rifiuti, dentro o fuori dai contenitori. Anche in questo caso si riduce il numero di persone alle quali ordinare di fare qualcosa, ma ovviamente costa di più. La seconda appunto è quella di raccogliere i rifiuti casa per casa, a giorni fissi e solo per un determinato tipo di rifiuto. Lo fai nei modo giusto? Bene, se non lo fai ti tieni il sacchetto davanti alla porta e almeno ti posso identificare e multare.

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