12 Novembre 2018 - 10.55

EDITORIALE – Raggi assolta. Inaccettabile attacco all’informazione

La sindaca di Roma Virginia Raggi è stata assolta nel processo in cui era accusata dalla Procura di Roma di avere mentito sulla nomina nell’amministrazione della capitale del fratello di Raffaele Marra, allora capo del personale del Comune, poi dimessosi perché arrestato per corruzione.
Una valutazione processuale completa si potrà dare quando ci saranno le motivazioni della sentenza, che potrebbero anche portare la Procura, come non ha escluso il pubblico ministero, a procedere in appello.
Non essendoci condanna è comunque al momento scongiurata l’ipotesi che il Movimento 5 Stelle si veda nella condizione di dover cacciare Virginia Raggi, in base alle disposizioni del proprio codice interno.
Evitato questo rischio, che incombeva come un macigno sul futuro dell’amministrazione capitolina e di parte della credibilità del Movimento, Luigi Di Maio, capo politico del M5S, e Alessandro Di Battista, sempre considerato personalità di rilievo dai grillini, hanno deciso di attaccare il nemico di turno.
In questo caso i giornalisti, giudicati “infimi sciacalli”, dal primo, e “pennivendoli e puttane”, dal secondo.
Una reazione che sembra voler nascondere il fatto che la sentenza non nega i fatti, anzi li acclara, ma li giudica penalmente non rilevanti, in quanto non costituiscono reato.
Se non ci sono conseguenze istituzionali sul ruolo della prima cittadina della capitale restano infatti le valutazioni sulla sua condotta politica ed etica nell’ambito di una vicenda in cui sono emerse varie situazioni anomale, come quella dell’incarico a capo della segreteria di Salvatore Romeo, dimessosi dopo l’arresto di Marra, dopo però avere avuto triplicato lo stipendio e avere intestato a Virginia Raggi, come scoperto dalla Procura, due polizze a vita.
La reazione contro l’informazione è quindi fuori luogo e del tutto inaccettabile da parte di chi ha un ruolo istituzionale, come vicepremier e ministro della Repubblica, e di chi in campagna elettorale si scagliava contro gli avversari politici, sfruttando anche la forte attenzione mediatica di cui erano oggetto, senza mai sognarsi di dare loro, per questo, solidarietà.
Del resto tutto il Movimento 5 Stelle sfruttò in modo veemente le difficoltà che investirono l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, anche lui poi assolto in primo grado per la questione degli scontrini, esattamente come la Raggi oggi.
Poi Marino è stato condannato in appello per tale vicenda, come potrebbe accadere alla Raggi se la Procura dovesse ricorrere contro la sentenza, ma dopo l’assoluzione di primo grado non ci risulta che qualcuno del Movimento 5 Stelle abbia attaccato i giornalisti che avevano scritto e parlato di Marino.
È evidente quindi che esiste una chiara intolleranza verso l’informazione di Di Maio, Di Battista e dei grillini che li sostengono, solo quando critica loro e la loro parte politica, ma la stessa è utilizzata e amplificata quando rivolge la sua attenzione agli avversari politici.
Lo stesso metodo usato da altri politici, di altre epoche, quelle che il Movimento 5 Stelle ha sempre contestato e per il quale ha invocato il cambiamento di cui si è fatto portatore.
Con una differenza però significativa. La volgarità, la veemenza e l’intolleranza.
Nelle parole di Di Maio e Di Battista non c’è la segnalazione di un errore dei media o una critica al loro operato, c’è l’offesa, c’è l’esposizione alla pubblica gogna, c’è il tentativo di delegittimazione del ruolo, c’è l’invocazione alla chiusura delle testate non allineate, come nel caso di La Repubblica, oggetto di un recente video messaggio del vicepremier.
È un metodo, quello di scagliarsi contro l’informazione, tipico dei regimi non democratici, che il Movimento 5 Stelle ha insito e ha sviluppato fin dall’inizio, con primo interprete il fondatore Beppe Grillo, che insultava i giornalisti ai comizi e oggi alle manifestazioni li addita come infiltrati tra il pubblico.
È un metodo in cui tra le implicazioni c’è quella di individuare sempre qualcun altro come colpevole o nemico, come ormai abitualmente applicato anche dal Governo, a partire dal premier Giuseppe Conte e dall’altro vicepremier Matteo Salvini, che continuano a sostenere che la crescita dello spread è dovuta a tutti, tranne che alle scelte fatte con la manovra economica.
È un metodo che mette in discussione l’impianto di equilibrio dei poteri garantito dalla Costituzione, nel quale quindi ci si sente legittimati a sostenere che vanno ridotti quelli del presidente della Repubblica, come ha detto Beppe Grillo in un comizio, o a insultare Mattarella, come ha fatto il padre di Di Battista, peraltro dopo avere sostenuto che se avesse potere assoluto per qualche mese sistemerebbe ogni cosa in Italia.
Voci da persone senza ruoli istituzionali, ma che trovano ascolto nel popolo grillino e nel Paese, da cui lo stesso Movimento, la Lega, il premier Giuseppe Conte, nonché Di Battista, anche solo come figlio, hanno mai preso le distanze.
È un metodo che fomenta l’intolleranza nei confronti di chi non è arrendevole o in linea con le disposizioni e i dettami delle forze di governo, che sia una classe sociale, come possono essere i migranti, o professionale, come i giornalisti, o un potere costituito, come il presidente della Repubblica.
È un metodo in cui Di Maio proclama che “presto faremo una legge sugli editori puri”, evocando in modo minaccioso e grave metodi di selezione utilizzati in epoche buie della storia.
In sé una dichiarazione marginale, nel continuo brusio intimidatorio di una coalizione di governo che persevera in un’azione di divisione del Paese e dei suoi cittadini, ma, proprio per questo, l’ennesimo piccolo, ma decisivo, spostamento che l’Esecutivo e M5S e Lega stanno perpetuando verso un sistema politico, economico e sociale fondato sull’intolleranza verso chi ha un pensiero differente e sulla teorizzazione della sua epurazione.
La somma dei piccoli passi di questa deriva sta diventando una marcia pericolosa, che deve essere fermata subito dalle forze civili e politiche, di qualsiasi schieramento, che vogliono difendere la democrazia in Italia.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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