5 Settembre 2017 - 9.06

EDITORIALE- Ecco perché il centrosinistra perderà le elezioni a Vicenza

Cari amici del centro sinistra, vi scrivo una lettera per dirvi arrivederci. Ci risentiamo fra sei anni. Avete pescato la carta di chi sta fermo un giro al gioco dell’oca e se non succedono fatti imprevisti, la città e la sua guida saranno affari di altri per i prossimi cinque anni.
Ho deciso di scrivere queste righe dopo aver trascorso una bellissima serata fra i tendoni, le birre e i panini di una delle feste di questa fine estate a Vicenza: Fornaci Rosse.
Bandiere rosse che garriscono nel vento, gente stesa nel prato, qualcuno che si fuma uno spinello rendendo l’aria frizzante di marijuana. Poco dopo le 19 ecco salire sul palco alcuni di coloro che potrebbero presentarsi a breve sulla ribalta politica per chiedere il voto dei vicentini alle prossime amministrative. Ci sono il vicesindaco Jacopo Bulgarini D’Elci, il capogruppo del Pd in consiglio comunale Giacomo Possamai, Daniele Ferrarin del Movimento 5 Stelle e Valentina Dovigo di Sinistra Italiana. E’ un dibattito che mi interessa molto, mi siedo nelle ultime file e ascolto. Tiziano Bullato, abituato alla televisione, molto meno ai dibattiti, ci prova, poveretto, a fare delle domande. Ma dal palco di risposte ne arrivano poche. Possamai si candida per il Pd? La risposta è tutta un programma: “Ci sto pensando, non da solo, ci vuole una squadra. In ogni caso diamo regole alle primarie, se oltre a Otello Dalla Rosa si presenta un’altro, allora no…” Insomma non si capisce niente e la nebbia che avvolge le menti, si sparge anche in sala: vedo gente che cerca di contare sulla punta delle dita. Allora Otello Dalla Rosa corre per il Pd o per la sua lista? E quindi quanti siamo? Due, tre, cinque… Non si sa.
Bulgarini è un marpione: è lui stesso a dire che la coalizione che ha governato per 10 anni è svantaggiata anche dalla semplice e comprensibile voglia dei cittadini di cambiare, di respirare aria nuova purché sia nuova. Poi rivendica il diritto di trattare temi come sicurezza e immigrazione anche dal punto di vista del centrosinistra, ma non si rende conto che su questo piano si fa solo il gioco dei concorrenti e in ogni caso ci pensa Valentina Dovigo a smontare il castello dicendo che se si pensa a sicurezza come più polizia, dalla sinistra vera non ci stanno. Se si parla di politiche di accoglienza, percorsi umanitari, cultura, crescita sociale, ancora ancora, ma repressione no.
Il più a sinistra di tutti, e non solo per la posizione sul palco, sembra Daniele Ferrarin che parla di programma costruito nelle periferie, attenzione ai bisogni dei cittadini a partire da asfalto e spazzatura, servizi e sociale. Rivendica, Ferrarin, le battaglie per il No Dal Molin e per abbattere Borgo Berga, una certa forma di movimentismo.
Sensazione finale? Questi non si metteranno mai d’accordo, la stessa platea è fatta di partigiani dell’uno e dell’altro. Nessuno è in grado di fare un discorso che unisca le diverse anime della sinistra, nessuno ha uno stacco ideale sufficiente a fare da apripista. In queste condizioni il centro-sinistra non arriva nemmeno al ballottaggio, sempre che la destra trovi un candidato spendibile. E non è un caso che Giorgio Conte, arrivato fra il pubblico alla chetichella, se ne vada poi con un sorriso reso ancora più brillante dalla immancabile abbronzatura.
Insomma dopo dieci anni di amministrazione la sinistra cittadina sembra più attrezzata per farne almeno cinque da opposizione e in effetti alcuni di loro sembrano già trovarsi a loro agio nel tirare qualche stilettata anche al governo Variati, tanto per rimettersi un po’ in forma.
Per invertire la rotta servirebbe anche al centro-sinistra un uomo miracoloso, una sorta di Roberto Baggio della politica, un fuoriclasse, estraneo ad ogni logica di partito, che si prendesse sulle spalle questa armata Brancaleone e decidesse di provare a fare un sacrificio. Non so se voi riuscite a intravvedere una persona di questo tipo, io un paio di idee le avrei, ma non voglio far del male a nessuno. E se proprio devo dirla tutta, forse è questa la colpa più grande e forse anche l’unica di un sindaco come Achille Variati che è difficile da criticare. Per gestire il suo impero, Achille non si è circondato di eccellenti e anche in questo ultimo periodo, sapendo di aver consumato entrambi i suoi mandati, non ha cercato, non ha costruito e non ha trovato un cavallo di razza che potesse trainare la sua parte politica.
E allora si fa come al gioco dell’oca, si sta fermi un giro e fra cinque anni o sei anni, se ne riparla.

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