28 Agosto 2019 - 13.55

EDITORIALE – PD-M5S: un matrimonio di convenienza?

Comunque vada a finire, non credo che l’eventuale intesa fra il Movimento 5Selle ed il Partito Democratico verrà ascritta fra i “matrimoni d’amore”.    Assomiglierà piuttosto ai matrimoni “necessitati” dalle circostanze, o “combinati”, un po’ come era d’uso fra la nobiltà e le famiglie regnanti in altri secoli.
Ma qui non si tratta di garantire alleanze fra Stati, o ampliamenti territoriali.
No, qui i motivi sono più banali, anche se comprensibili.
Quello di Forze politiche che vogliono a tutti i costi evitare il ricorso alle urne, e dei loro rappresentanti in Parlamento di restare incollati alle poltrone, nel timore di dovere tornare al lavoro, per chi ce l’ha, ed alla routine di una vita normale.
Non badate alle dichiarazioni quotidiane di “non temere il giudizio degli italiani.
Sono per lo più “smargiassate”!   Buone per mascherare la paura di tornare a casa, anche se giustificate, a parole, da alti valori e da senso di responsabilità verso le Istituzioni. 
Chi per un motivo, chi per un altro, sono tutti interessati a postergare nel tempo il giudizio degli elettori, nella speranza di invertire trend elettorali non proprio soddisfacenti.
E questi trend non sono solo basati su sondaggi.  E’ incontrovertibile che dalle elezioni del 2018 Salvini ha infilato un successo elettorale dietro l’altro, come è altrettanto incontrovertibile che i 5 Stelle hanno visto alle europee dimezzare quel 33% conquistato alle politiche. Lo stesso vale per Forza Italia, che continua formalmente a chiedere le elezioni anche se il suo esponente di lungo corso, Rotondi, avverte i compagni di Partito che in caso di elezioni i parlamentari passerebbero da 170 a 30 nell’ipotesi peggiore, e 60 in quella migliore.  Ma non andrebbe certo meglio ai 5 Stelle, che potrebbero passare da 330 a una novantina eletti.
Certo si potrebbe disquisire a lungo sull’opportunità che gli interessi personali di 6/700 parlamentari possano di fatto condizionare il futuro di milioni di italiani, ma questo è un altro discorso.
Intendiamoci, tutto quello che sta avvenendo in questi giorni è perfettamente legittimo, ed in linea con il dettato costituzionale.
Secondo la “Carta” i Governi nascono in Parlamento, come è nato a suo tempo quello giallo-verde appena caduto, e di conseguenza nulla osta ad un accordo per un Esecutivo giallo-rosso.
Ma un conto è la legittimità giuridica, un altro l’opportunità politica, che in questa ipotesi vedrebbe alla guida del Paese due forze che, stando alle ultime tornate elettorali, non sembrano proprio sulla cresta dell’onda.  Senza nulla togliere a quanti sostengono che le elezioni si fanno ogni 5 anni, e non ogni qual volta cambiano gli umori dell’elettorato, fra l’altro di questi tempi piuttosto volubile.
Posso sbagliarmi, ma la mia impressione è che in questa fase si stia cercando di mettere insieme due “debolezze”, che difficilmente si trasformerebbero in una “forza”.
Le fragilità dei due partiti mi sembrano evidenti.  Il Pd è probabilmente ancora frastornato dagli ultimi anni di Governo, avrebbe bisogno di una seria analisi dei problemi interni, che nascono sempre dal fatto che si tratta di un Partito nato mettendo insieme la tradizione democristiana e quella comunista, in un mix difficile da controllare per qualsiasi Segretario. 
Il Movimento 5 Stelle ha dovuto fare i conti con la realtà del governare, che lo ha costretto a mediare su temi e battaglie su cui era nato. E questo lo si percepisce bene in questi giorni, in cui affiorano più chiaramente del solito le tensioni e le diverse visioni del futuro delle varie componenti, che ci sono anche se ovviamente lo si nega.
Per entrambe le forze politiche ciò vuol dire avere al proprio interno leader e correnti di pensiero su posizioni differenziate, fa chi vuole un Governo a qualunque costo, e coloro che vorrebbero invece andare al voto anche per “sparigliare”, “regolare conti”, provocare avvicendamenti al vertice del proprio Partito.
E quanto queste “differenziazioni” pesino ed influenzino i leader lo si vede chiaramente dai tentennamenti con cui la trattativa ha preso avvio; con decaloghi, punti irrinunciabili, richiesta di “scelte definitive di campo”, ultimatum sul nome del premier, pretese di discontinuità, “conditio sine qua non”.
Non proprio i segnali che ci si aspetterebbe da due partiti che vogliono trovare un’intesa per tre anni di Governo, e che fra due/tre giorni devono addirittura indicare al presidente Sergio Mattarella il nome del prossimo premier.
Certo che la politica è l’arte del compromesso, ma quando si deve fare i conti con una base che scarica in rete la propria insoddisfazione e le proprie tensioni, e con amici di Partito che più o meno apertamente remano contro, hai voglia a cercare punti di convergenza con un’altra forza politica, con cui negli ultimi dieci anni sono volati gli stracci, a voler essere buoni.
Quindi i tempi ristretti imposti giustamente da Mattarella per evitare inconcludenti balletti e giri di valzer, e l’oggettiva lontananza sulla maggior parte delle tematiche, rendono la situazione piuttosto “fluida”, tanto che nessun commentatore se la sente di dire come andrà a finire, anche se la paura delle elezioni farebbe ragionevolmente propendere per un accordo.
Ma accordo su cosa?
E qui viene il bello.
Perché su grandi temi come ad esempio la difesa dell’ambiente, l’economia circolare, la giustizia sociale, la lotta all’evasione, è piuttosto facile trovare dei punti comuni.
Le cose diventano più difficili a mano a mano che ci si dovesse calare sulle singole problematiche.
E’ chiaro che qualora si mettessero d’accordo sui nomi, difficilmente ci diranno in anticipo nel dettaglio come il Governo si muoverebbe su tematiche “divisive”.
Anzi, è molto probabile che non diranno niente, lasciandoci scoprire giorno per giorno le convergenze o le divergenze.
Quindi il consiglio che vi do è quello di farvi una sorta di specchietto, dove segnarvi questi punti:
·      Politica estera: molto semplicemente, staremo con la Russia o con l’America? A favore degli F15 o contro?  Con Maduro o con Guaido? Per una leale appartenenza all’Unione Europea, o per un progressivo distacco? A favore dell’euro, o con rimpianti della vecchia liretta?
·      Immigrazione: Porti aperti o porti chiusi? Per abrogare o meno i decreti sicurezza di Salvini?
·      Infrastrutture: Pro o contro le grandi opere?  Per riaprire la questione TAV o per considerarla chiusa? Pro o contro la Gronda di Genova?  Pro o contro la Pedemontana veneta? Per la nazionalizzazione delle aziende strategiche o no? Per il salvataggio a oltranza di Alitalia o no?
·      Economia e lavoro: pro o contro il job act?  Per il reddito di cittadinanza o per quello di inclusione?  Per il salario minimo o no?  Per la riduzione delle tasse ai ceti medi o no? Per una patrimoniale o no?
·      Giustizia: per la riforma Bonafede o quella a suo tempo proposta da Orlando?
·      Sanità: A favore o contro l’obbligo vaccinale?
Tenete sempre ben presenti queste domande nel futuro. Soprattutto se il Governo giallo-rosso alla fine vedrà la luce.
Vedrete che ci sarà da divertirsi, ammesso che sia un divertimento vedere il Paese allo sbando.
E badate bene che sono solo alcuni dei punti su cui la visione dei penta stellati diverge da quelle dei democratici!
E non credano Lor Signori che i cittadini siano, come spesso succede, distratti: se è vero come è vero che il dibattito in Senato ed i talk show che lo commentavano sono stati seguiti addirittura sulle spiagge sui grandi schermi, e che l‘interesse per la crisi di Governo ha superato sui media addirittura quello per il campionato di calcio.
Un’ultima notazione su un’eventuale ripresa del dialogo fra Di Maio e Salvini, caldeggiato anche in alcuni settori dei 5 Stelle.   Spero si tratti di uno scherzo, perché veramente a quel punto la comunità internazionale scriverebbe sulla carta geografica a fianco dell’Italia “Paese di pagliacci”.
Comunque vada a finire, non aspettiamoci una nuova età dell’oro dall’eventuale nuovo Governo giallo-rosso.
Al quale probabilmente si adatterebbe un vecchissimo spot di Carosello, in cui due gentiluomini, interpretati da Ernesto Calindri e Franco Volpi, discutono su varie tematiche dei tempi moderni, concludendo inevitabilmente con la frase “Dura minga, dura no”.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA