3 Maggio 2017 - 10.28

EDITORIALE – Maurizio, il Grande Pontiere di Vicenza

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Per capire la nostra storia bisogna aver salito almeno una volta le scale di un edificio di via Napoli che, fino agli anni ’90 del secolo scorso, ospitava la sede della Democrazia Cristiana. Era l’epoca nella quale a Vicenza si poteva essere di centro, di sinistra o di destra, purché si fosse democristiani. Lo erano tutti, e probabilmente lo sono ancora.

Ora è necessario un rapido salto in avanti, al 2008. La Democrazia Cristiana è stata spazzata via da tempo, sferzata dalla prima grande Tangentopoli, suddivisa in mille rivoli, con i suoi figli e nipoti sparsi un po’ in tutti gli schieramenti. Achille Variati ha conquistato a fatica l’accesso al secondo turno delle elezioni comunali, ma è a dieci punti percentuali di distanza dalla sua avversaria, Lia Sartori, quando si aprono i seggi per il ballottaggio. E così, in un pomeriggio caldo e assolato, Variati e il fido Bulgarini (all’epoca ancora portavoce, spin-doctor e consigliere) aspettano i risultati nella sede collocata al primo piano di un palazzo che affaccia su Piazza dei Signori. Sotto le finestre passano gli amici di Lia Sartori, già socialista poi approdata alla corte di Re Silvio. Passano baldanzosi, quelli del centro-destra, convinti di poter a breve festeggiare. Fra loro ci sono anche quelli che erano giovani democristiani all’inizio degli anni ’90, e Maurizio Franzina che con Enrico Hullweck aveva fatto anche l’assessore all’urbanistica. Avevano sottovalutato molte cose, per esempio la forza della Lega, la personalità di Manuela Dal Lago e la sua voglia di fare il sindaco a Vicenza e molti altri particolari. Il ballottaggio quel giorno consegnò la città ad Achille Variati che poi ha saputo tenerla per i dieci anni successivi.

Ma c’è un uomo che ha saputo uscire da quella sconfitta con un ruolo nuovo e quell’uomo è Maurizio Franzina. Si è avvicinato a Variati già sul finire del primo mandato, nel corso del secondo è entrato direttamente nello staff, con compiti che nessuno pare aver ben compreso, anche se lui, quando lo incontri, sembra sempre essere indaffarato come chi deve salvare le sorti del mondo intero. E in effetti il buon Maurizio un compito molto serio se lo è trovato davvero: quello di pontiere. E’ lui infatti che in questi mesi sta tessendo i fili di una tela complicata e delicata. E’ lui l’uomo bi-partisan che sta con l’amministrazione ma dialoga con l’opposizione, è lui il grande conoscitore del pericolo grillino ed è sempre lui che sta scavando trincee per andare a sminare la bomba populista.
In un mondo che sembra sempre più impegnato a costruire muri, quello di Trump sul confine messicano, quello di Orban in Europa contro i migranti, chi invece si occupa di gettare ponti dovrebbe avere come minimo la candidatura al Nobel per la pace, se solo potesse ammetterlo pubblicamente.

E invece l’ingrato lavoro di Maurizio si svolge dietro le quinte e ha come obiettivo proprio quello che avevamo tentato di delineare in un recente intervento su Tviweb, peraltro ingiustamente criticato dal vicesindaco Bulgarini, che da questo lavoro potrebbe trarre molto giovamento. Si tratta di capire come fare, nel 2018, a non andare al ballottaggio con un candidato del Movimento 5 Stelle ed eventualmente come fare a vincere lo scontro diretto. Già, perché nei ballottaggi che si sono visti fino a questo momento, in comuni grandi – Torino e Roma – ma anche in quelli piccoli, i pentastellati finiscono sempre per vincere. E allora? Allora serve un pontiere che cerchi di fare promesse senza compromettersi troppo, che blandisca amici di partito e avversari, che faccia intravvedere una strada comune per chi oggi sta nelle fila dei Dem e per chi invece pensa di essere sul lato opposto. E come si compie questo miracolo? Con un piccolo aiuto alla memoria, spiegando a tutti che il tempo in cui si salivano le scale di quel palazzo in via Napoli, del resto, non è così lontano come si crede. Facendo presente che sì, si possono anche aver percorse strade diverse, ma alla fine tutti siamo nati democristiani e molto probabilmente moriremo tutti democristiani. E allora cosa diavolo c’è di male a darsi una mano, a far scorrere ancora le grandi intese, a contare con il vecchio manuale Cencelli i posti disponibili in giunta, in consiglio e nelle poltrone che ancora contano qualcosa? Cosa c’è di male ad affidarsi al buon vecchio Pentapartito che accontentava tutti anche se rimaneva ingessato fra equilibri precari? Piuttosto che darla vinta ai populisti, via, si possono costruire ponti, anche quello sullo Stretto di Messina. E Maurizio sarà il Grande Pontiere.

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