30 Marzo 2018 - 1.22

EDITORIALE- MANTOVANI E RUCCO, SE DIVISI NIENTE BALLOTTAGGIO

Ventidue per cento. Ventidue per cento. Ventidue per cento. In numeri 22%. E’ questa la percentuale raggiunta dal Movimento 5 Stelle in città alle ultime politiche del 4 marzo ed è questa la percentuale che deve continuare a girare nella testa di tutti coloro che stanno cercando la quadra della candidatura per il centrodestra. Il problema, infatti, non è tanto che alle stesse elezioni tutta la coalizione di area ha raggiunto e superato il 40 %, ma che se il candidato non va sopra la cifra del ventidue per cento, può tranquillamente stare a casa.
Mi spiego meglio. I grillini alla camera votavano per mandare in parlamento Liliana Zaltron, che aveva fra i suoi difetti quello di essersi fatta conoscere come consigliere comunale negli ultimi cinque anni. Eppure i vicentini hanno votato il Movimento, spingendolo fin oltre il 22 %. Ora tutti i commentatori meglio informati dicono che alle comunali un risultato del genere i grillini se lo sognano, che faranno di meno, ma nessuno sa dire quanto meno. E se il buon Francesco Di Bartolo, che peraltro può contare su alcune battaglie di ampio respiro come la dichiarata avversità alla Tav e a Borgo Berga, alla fine facesse quel ventidue per cento e magari anche qualcosa di più? Attorno al candidato pentastellato si stanno coalizzando anche sostegni insperati, come quelli del Bocciodromo, ex No Dal Molin che nel 2013 furono determinanti per far spiegare le vele al decennio di Achille Variati. Poco importa il passato del candidato, entrato e uscito più volte dalla politica, dai partiti, arrivando fino al movimento di Tonino Di Pietro, l’Italia dei valori. Insomma il Movimento può rifare quelle cifre, può scendere fra il 15 e il 18 per cento. E questo per il centrodestra è un vero e proprio incubo.
Se Otello Dalla Rosa può essere tranquillamente accreditato del 24-25 per cento che il Pd ha raggiunto alle politiche in città, non dovrebbe avere difficoltà a superare lo scoglio del primo turno. In realtà io penso che Otello Dalla Rosa capitalizzaerà anche molto di più della quota semplice del Pd. Per i soliti motivi: alle amministrative il candidato conta, si vota la persona e Otello di qualità ne ha molte. E’ un manager affermato, nella vita ha saputo combinare qualcosa dal punto di vista professionale, ha una moglie, due figli, una vita normale. Ha presentato il suo programma con una convention di stile americano e ha riscosso un successo molto grande. Se arrivasse al 30 per cento, supportato anche da quelli che alle primarie erano i suoi avversari, non ci sarebbe nulla da stupirsi. Otello Dalla Rosa, quindi, occupa la prima casella disponibile nella categoria “ballottaggio”.
Come è universalmente noto, quella categoria ha la particolarità di offrire complessivamente solo due caselle. E se tutto quello che abbiamo detto fino a questo punto è vero, allora bisogna arrivare sopra il 18 per cento, meglio anzi sopra il 22 per cento, per essere certi di entrare in quella seconda, agognata casella.
E a questo punto avrete sicuramente capito per quale motivo i vari Paroli, Da Re, Berlato, De Poli, ma anche i vari Tosetto, Pretto, Celebron, Ierardi si stiano lambiccando il cervello ripetendosi come un mantra quel numero: ventidue per cento, ventidue per cento, ventidue per cento. Si sono resi conto non tanto che la Lega a Vicenza avrebbe anche potuto pretendere di imporre un candidato, ma che serve un candidato da ventidue per cento. Lo è forse quel brav’uomo di Fabio Mantovani? No. Per esplicita ammissione di tutti al tavolo convocato martedì scorso a Padova, Fabio Mantovani a quella percentuale non ci arriva nemmeno per sogno, nemmeno se non gli avessero fatto passare venti giorni d’inferno, nemmeno se lui fosse un politico vero e non un bravo avvocato al quale è stato chiesto di mettersi a servizio della città. I quattro partiti del centrodestra vicentino, in questo momento, valgono il ventidue per cento? A pesarli sulla carta, partendo, come per gli altri, dal risultato elettorale bisognerebbe dire di sì, eccome se sì. In teoria valgono appunto il 40 e rotti per cento. Ma in questa città tutto diventa complicato per l’esistenza delle civiche, che alle politiche non c’erano e che nessuno è in grado di pesare elettoralmente fino in fondo. Se uno volesse spaccare il quaranta per cento esattamente in due, ne otterrebbe un venti per cento a testa che non basta. Se invece si volesse essere realistici, le civiche potrebbero arrivare ad un quindici per cento. Ma a Mantovani non andrebbero comunque tutti gli altri voti della coalizione. Risultato? Francesco Rucco e Fabio Mantovani sono una divisione a perdere. Se vanno divisi non vincono e rischiano di restare fuori dalla casella numero due del ballottaggio, che verrebbe occupata dal Movimento 5 Stelle.
Una sintesi? A questo punto sarebbe possibile solo se i partiti decidessero di mollare Mantovani o Rucco lasciasse il campo al candidato di Forza Italia. Con il primo candidato sindaco ed il secondo suo vice, o viceversa. La seconda, residua possibilità, è che i partiti facciano uscire dal cilindro un nome talmente forte, ma talmente indiscutibile e dirompente, da convincere Rucco che è meglio tornare a Canossa, cospargersi il capo di cenere e venire a patti. Quel candidato potrei essere io, ma io non ci penso nemmeno a candidarmi.

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