22 Novembre 2019 - 20.56

EDITORIALE – La Storia, “cenerentola” della scuola italiana

In questo periodo le famiglie che hanno un figlio od una figlia che frequentano l’ultimo anno delle scuole medie inferiori devono decidere il tipo di scuola superiore più adatta ai propri ragazzi.    L’offerta formativa è enormemente aumentata rispetto a quando tutto si riduceva sostanzialmente all’opzione “liceo si o liceo no”.   Adesso le opzioni sono molteplici anche nell’ambito dello stesso indirizzo scolastico.   Quindi le scelte che i ragazzi devono fare si spostano sul tipo di formazione che intendono conseguire, e di conseguenza su quali materie concentrarsi o meno.  Sicuramente si è diffusa l’idea che nell’era dell’elettronica studiare materie come filosofia e latino sia una perdita di tempo, ma fra le “cenerentole” è entrata pure la storia.    Scherzando un po’ ci si potrebbe chiedere: ma come hanno fatto ad esempio scienziati come Enrico Fermi e Carlo Rubbia a vincere il premio Nobel per la Fisica avendo “perso tempo” al liceo studiando materie umanistiche quali greco e latino, filosofia e storia?Ricorderete certamente le polemiche seguite alla proposta della Commissione per la riforma dell’esame di maturità di escludere il tema di storia dalle tracce per il tema di italiano.Evidentemente al Ministero dell’Istruzione hanno maturato l’idea che la storia non sia più degna di essere una “scienza”, bensì una materia da marginalizzare nell’ambito della “cultura della memoria”, dell’erudizione gradevole, dell’intrattenimento colto; insomma un qualcosa da relegare fra gli interessi del singolo individuo, soprattutto se non più giovane.Evidentemente la storia non è “rock”, forse perché non allineata con il sistema di valori che fa del mercato la principale unità di misura di tutti gli ambiti della vita, e del denaro, non importa come acquisito, la misura del successo individuale.Ed in quest’ottica diventa allora chiaro il perché della proposta della citata Commissione per la riforma della maturità.  Al Ministero hanno constatato che nell’ultimo decennio i ragazzi che hanno scelto la traccia del tema storico sono stati solo il 3%, ed invece di pensare a come rilanciare lo studio di questa disciplina, hanno immaginato bene di “cassarla”.   E’ in fondo l’applicazione alla cultura della logica del consumo; se la gente non compra più un bene, si smette di produrlo.   Ma la testa dei nostri ragazzi non è un carrello della spesa.Dato l’approccio attuale, la storia è lentamente diventata una disciplina di poco valore in un società che tende alle semplificazioni. Ed il risultato è che viene sostituita da una babele di opinioni prive di argomenti, generalizzazioni, aneddoti, impressioni.La storia mal si adatta alla “velocità” della comunicazione attuale, alla superficialità dei social network tipo Facebook. Senza indulgere sulle parole di Cicerone “Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis”, che tradotto significano “ testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria e messaggera dell’antichità”, è evidente che la si rifiuti in tempi in cui si  rimettono in discussione i vaccini, lo sbarco sulla luna, persino la sfericità della Terra.Si potrebbe sicuramente discutere sulla metodologia con cui la storia viene insegnata nelle scuole.E fatalmente si arriva alla domanda; a cosa serve studiare tutte quelle date, quelle guerre, quelle invasioni, quella sequela di sfighe e di morti del passato?  Molto meglio passare le ore ad imparare cose più “spendibili” nel mondo del lavoro!La risposta è semplice.La storia non è infatti una sequela di sfighe.  E’ lo strumento per capire come l’uomo si è mosso nei secoli, rendendosi conto che molti problemi dell’oggi hanno radici lontanissime.Scoprendo così, ad esempio, che molte contrapposizioni nel mondo islamico hanno radici secolari, e risalgono alla frattura religiosa creatasi alla morte di Maometto (623 d.C.) per individuare il suo successore. I musulmani si divisero fra coloro che sostenevano Abu Bakr, amico del profeta, e quelli che invece propugnavano l’elezione di Alì, cugino e genero del Profeta.  I primi vennero chiamati “sunniti”, e gli altri “sciiti”.   E questa  contrapposizione, con il corollario di  stragi e guerre sanguinose, continua da allora.  Ecco spiegato l’odio che divide ancora ai giorni nostri l’Iran sciita dell’ Arabia Saudita sunnita. E analogamente come i conflitti del Medioriente  si spiegano anche alla luce dei movimenti dei popoli, con la conseguente lotta per la terra che si trascina dai tempi di Sansone e dei Filistei, per arrivare agli ebrei, agli arabi, ai crociati, ai turchi, agli inglesi, ai francesi.Come sarebbe possibile capire e spiegare la politica anti curda, per usare un eufemismo, del Presidente turco Erdogan, senza conoscere le vicende storico politiche della penisola anatolica e delle terre che costituiscono il Kurdistan?Senza l’aiuto della storia sarebbe impossibile!Ma si potrebbe continuare all’infinito con esempi del genere.Perché noi dipendiamo dalla storia, dalle scelte dei nostri antenati, da antiche migrazioni, da vittorie o sconfitte nelle guerre.E poi basta semplicemente girare per le nostre città, dove tutto è storia, dai monumenti ai castelli, dai palazzi ai dipinti nelle chiese, dalle basiliche alle strade.Senza aver studiato la storia non si riesce a rispondere ai tre quesiti su cui si dibatte l’uomo da secoli: “chi siamo, cosa vogliamo, dove vogliamo andare?”E forse, ma non è purtroppo scontato, essa può servire ad evitare errori del passato, rendendoci più ricchi, più consapevoli e responsabili.Lo studio della storia è importante anche per la dimensione metafisica dell’uomo.  E’ infatti il ricordo del passato che ci differenzia dall’animale.I nostri amici animali infatti vivono solo la dimensione del presente, vivono l’attimo, il momento, senza essere in grado di collegarlo al prima, ed al poi.L’uomo che non conosce la storia è un uomo senza memoria, come il nostro cane od il nostro gatto.Non va poi sottaciuto che la cancellazione della memoria storica è comune a tutti i regimi illiberali, a tutte le dittature.A partire dai giacobini francesi che durante la rivoluzione cambiarono il calendario e le festività, ai regimi totalitari novecenteschi, fascismo, nazismo e comunismo, che tendevano a far coincidere la storia con il loro presente, cancellando le culture ed i riti del passato, in quanto non funzionali all’”uomo nuovo” cui volevano  dare vita.E questo tzunami antistorico trovò l’apoteosi nella rivoluzione culturale della Cina di Mao Tze Tung, ed in quella cambogiana dei Khmer rossi, che  non solo eliminarono tutti i libri del passato, ma si accanirono finanche con coloro che portavano gli occhiali, in quanto considerati pericolosi lettori, e quindi difensori di una cultura e di una storia passata. Come siano andate a finire queste vere e proprie aberrazioni  è cosa nota, ma l’importante è sottolineare che alla loro caduta i popoli si riappropriarono del loro passato, di un giudizio critico non imposto dal regime, in parole povere della libertà.Quindi i signori del Ministero, che forse la scuola l’hanno vista solo da studenti, devono capire che anche solo ventilare di eliminare una materia fra quelle da portare all’esame comporta automaticamente l’affievolirsi dell’interesse dei ragazzi, che in una comprensibile logica utilitaristica preferiscono concentrarsi nello studio di quelle su cui verteranno le prove.Come non chiedersi a questo punto: senza memoria storica come saranno gli italiani di domani?Cittadini privi delle chiavi di lettura del mondo in cui vivono.  Un esercito di creduloni, di cittadini manipolabili, facili vittime di ogni fake news lanciata in Rete, alla mercé di ogni teoria complottistica. A meno di non accettare che questo risponda ad un disegno; quello di creare uomini e donne sempre più simili ai robot, programmati per svolgere attività scelte da altri, privi di bagaglio emotivo, privi di orientamento spaziale e temporale.Perché, voglio ribadirlo, se si cancella il passato si rende il presente definitivo, ed il presente diventa qualcosa che può essere solo accettato, e non cambiato.In conclusione, tornando al tema iniziale, i genitori devono far capire ai ragazzi che l’uomo è un essere “a tutto tondo”.E soprattutto che non esistono materie di serie A e materie di serie B.Per cui alla domanda: “perché studiare il latino quando è la programmazione il linguaggio dominante nel mondo contemporaneo?” si deve rispondere così. Perché la programmazione senza latino è solo routine, e gli algoritmi senza filosofia sono macchine stupide.Bisogna in estrema sintesi rifiutare l’idea che esista una guerra ideologica, una sorta di antitesi, fra tecno-scienza e umanesimo.Acquisendo la consapevolezza che a nulla vale immagazzinare enormi quantità di dati tecnologici, se poi si è privi di un orizzonte interpretativo in grado di attribuirne un senso.   E che la conoscenza tecnologica e scientifica consente sì di dominare i complessi processi dell’oggi, ma è solo la conoscenza umanistica ad essere in grado di collocare queste informazioni in un quadro più ampio.La conoscenza del passato, della storia, è uno degli strumenti che consente questa sintesi.E la partita non è del tutto perduta se qualche giorno fa al teatro Verdi di Padova c’era una coda infinita di cittadini in attesa di entrare per poter assistere ad una lezione di storia del Prof. Alessandro Barbero. 

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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