27 Maggio 2018 - 14.07

EDITORIALE – Governo, M5S e Lega verso lo scontro istituzionale

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Oggi sono 84 giorni che i cittadini italiani hanno espresso il proprio voto alle elezioni politiche, il Parlamento, seppur insediatosi, di fatto non è mai diventato operativo e il Paese è ancora senza un Governo.

Ora, dopo un iter lungo e travagliato, il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno indicato al presidente delle Repubblica il nome del premier a cui sono pronti a dare la fiducia e Mattarella ha quindi affidato l’incarico a Giuseppe Conte.

Tutto sembra però di nuovo fermo, perché al dicastero dell’Economia la futura maggioranza vuole Paolo Savona, che sarebbe inviso al Capo dello Stato per le posizioni anti europeiste che ha spesso manifestato.

I partiti pronti a formare il Governo giudicano la posizione del presidente della Repubblica una impropria ingerenza e la diatriba ha assunto rilievo costituzionale rispetto alla formazione dell’Esecutivo, in merito alla quale la Costituzione dispone che il presidente della Repubblica nomini il presidente del Consiglio e, su sua proposta, i ministri.

Su questo passaggio si gioca lo scontro in atto.

Movimento 5 Stelle e Lega sostengono che Mattarella deve sostanzialmente solo ratificare quello che loro, tramite il premier, desiderano.

Altri partiti e il presidente della Repubblica respingono l’impostazione per cui il Capo dello Stato sia un mero notaio, asserendo che, nel passaggio costituzionale richiamato, l’atto di nomina gli attribuisce, in termini estensivi, il potere di non adottare soluzioni per cui nutre riserve.

Il piano formale apre uno scenario che può riservare anche sviluppi molto preoccupanti, addirittura di tenuta democratica, se Di Battista, grillino senza cariche e ruoli, dato che non si è candidato alle elezioni, attribuisce a Mattarella “veti inaccettabili” e Salvini sostiene che “se salta tutto la frattura è con gli italiani”, come se Lega e Movimento 5 Stelle rappresentassero tutti i cittadini e non solo la percentuale che li ha votati.

Del resto le due compagini che oggi richiamano il presidente Mattarella a rispettare la Costituzione, quando lui, in realtà, ne è il primo garante, sono state le prime a determinare processi anomali, a porre in essere forzature istituzionali e a smentire loro stessi proclami.

Movimento 5 Stelle e Lega, tra le altre cose, compongono una maggioranza diversa da quella che i loro elettori immaginavano, non si sono accordati su un programma di Governo, ma hanno stipulato un Contratto, non si sa sancito da chi, hanno indicato un presidente del Consiglio mai votato dagli italiani, nonostante questo fosse da loro ritenuto grave quando fatto da Governi precedenti, e hanno deciso i nomi dei ministri per conto del premier incaricato, alimentando più di un dubbio sull’autonomia del prossimo presidente del Consiglio, che dovrebbe poter decidere la propria squadra e proporla al Capo dello Stato.

Lo scontro istituzionale che si sta profilando è quindi potenzialmente preoccupante, ma la sua portata non è solo formale, perché va oltre questo aspetto.

L’impostazione di Governo, infatti, sulla base del Contratto sottoscritto tra Movimento 5 Stelle e Lega, apre scenari che possono spostare l’asse politico dell’Italia nello scacchiere internazionale e mettere in dubbio trattati e accordi con altri Paesi, e propone soluzioni il cui costo è sostenibile solo attraverso un incremento del debito, peraltro non smentito da M5S e Lega, per ora nemmeno con certezza quantificabile.

Si parla già anche di un maxi condono fiscale, sulla linea di quelli tanto, giustamente, vituperati, di precedenti governi Berlusconi.

Per questo motivo le due forze che comporrebbero la maggioranza, in caso il Governo prendesse vita, insistono per avere quale ministro dell’Economia una persona perlomeno euro critica e, nello specifico, contraria alle politiche di rigore finanziario ed economico, che vedono la Germania tra i primi sostenitori.

Solo contestando questa impostazione europea il Contratto di Governo potrebbe essere realizzato.

La proposta di M5S e Lega nega infatti le logiche di controllo della spesa pubblica portate avanti negli ultimi anni e, a prescindere dai giudizi europei, espone l’Italia alla speculazione internazionale, che già in questi giorni ha causato forti ribassi sui mercati e una impennata dello spread dei titoli di Stato italiani, rispetto a quelli di altri Paesi europei, riportandolo ai livelli del 2014.

Salvini e Di Maio contestano le ingerenze europee e criticano le dinamiche speculative, ma queste, soprattutto le ultime, esistono comunque e si deve necessariamente tenerne conto, perché i loro effetti solo in prima istanza colpiscono i grossi centri economici finanziari o le banche, ma inevitabilmente si scaricano sugli italiani e, soprattutto, su quelli meno ricchi.

Questa situazione legittimamente e responsabilmente preoccupa il presidente della Repubblica, la cui tenuta sull’interpretazione del suo ruolo, in merito alla nomina di un ministro, assume quindi un’accezione più estesa e più alta, di monito rispetto a scelte che rischiano di esporre l’Italia a scenari internazionali sconosciuti e a una lacerazione del tessuto sociale del Paese.

Una valutazione che gli compete in pieno, dal punto di vista politico e istituzionale, dato che la Costituzione sancisce anche che il presidente della Repubblica è “il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”.

 

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