20 Luglio 2018 - 16.34

EDITORIALE – Front Office? Un ‘baraccone’ che non serve ai vicentini: a meno che…

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di Stefano Diceopoli

“Ciao, dove stai andando?”
“Eh, passo in anagrafe e poi salgo un attimo negli uffici in Piazza Biade, che devo fare delle carte.”
Fino allo scorso maggio, passando in centro, avreste potuto cogliere questa conversazione fra due amici che si incontrano al bar, fra due signore impegnate intanto a scegliere una blusa sui banchi del mercato. Oggi no, la stessa conversazione potrebbe essere declinata così:
“Ciao, dove stai andando?”
“Ah non so! Mi hanno detto che per fare delle carte, adesso, devo andare in via Torino, in un posto che si chiama ‘Front-Office’, un posto strano…”
Eh già, ai vicentini già girano le scatole parecchio quando si cambiano le loro abitudini e girano ancora di più se un posto, che in ogni altro posto d’Italia tutti chiamerebbero “Uffici Comunali”, diventa improvvisamente un luogo anglofono e lo chiamano “Front-Office”. Anche solo linguisticamente è un luogo che crea repulsione, irritazione, senso di estraneità.
La vecchia amministrazione ci ha speso quasi un milione di euro, ha preso in carico e ristrutturato il piano terra dell’edificio di via Torino, vi ha collocato tutti i diversi servizi al cittadino e concentrato gli sportelli, chiamando la nuova realizzazione Front-Office. In realtà la giunta Variati ha anche messo a bilancio altri 800 mila euro per ristrutturare anche il primo piano dello stesso stabile, immaginando un ampliamento degli uffici stessi.
E’ arrivato il 10 giugno, le elezioni le ha vinte Francesco Rucco con la sua coalizione e si è trovato davanti questo ingombrante scatolone riempito di dipendenti comunali e di cittadini che dire scontenti e piuttosto riduttivo. Cosa fa, il nuovo sindaco? Prende quegli 800 mila euro e li sposta da una parte all’altra del bilancio: 100 mila per i giardini delle scuole, 100 mila per gli alberi e 600 mila li mette su un progetto dell’assessore Claudio Cicero che punta a fare in modo che l’ingresso ad ovest della città non debba più sembrare quello della Sarajevo post-bellica, ma qualcosa di almeno decente. Un segnale politico preciso, lanciato dopo una campagna elettorale nel corso della quale tutti gli esponenti della coalizione vincente si erano dati appuntamento davanti al Front-Office per dire: “Se saremo eletti, gli uffici torneranno in centro e non certo qui”. Ma un conto è essere in campagna elettorale e un conto del tutto diverso è governare. Tornare indietro molto spesso è molto più difficile che andare avanti. Annullare la scelta fatta dai predecessori, smontare gli uffici e riportarli in Piazza Biade potrebbe essere rischioso: ci si espone a spese difficili da giustificare, si potrebbe incorrere nei rigori della Corte dei Conti. Insomma servirebbe una idea che per il momento non si vede all’orizzonte, a meno che…
A meno che non spunti, esattamente, una idea che fino ad ora non è stata presa nemmeno in considerazione e che pure era stata timidamente proposta circa un anno fa: cambiare tutte le carte in tavola, prendere il coraggio a due mani e andare a trattare per trasferire il Municipio nella sede che fu della Banca Popolare di Vicenza, ora Intesa San Paolo, in via Battaglione Framarin. Facile? Nemmeno per idea.
Il sindaco buono, il mite Francesco Rucco, dovrebbe riprendere la borsa da avvocato, fare un viaggio a Milano e rimanere lì fino a quando non si sia trovata una soluzione. Bisognerebbe ottenere che la banca, che ha acquistato la Popolare per pochi centesimi, accettasse di vendere anche parte del complesso di via Framarin al Comune per una cifra simbolica. Ma le banche, si sa, non sono enti di beneficienza e allora bisognerebbe trovare il modo per rendere il tutto appetibile. Ma c’è anche la vecchia questione del Fondo Immobiliare da smaltire. E allora, se la cessione di spazi, edifici e immobili era apparso conveniente fino allo scorso anno a chi voleva realizzare in città alberghi di lusso e centri commerciali, per quale motivo non si potrebbe cercare proprio in Intesa il partner ideale per far ripartire il progetto?
E’ complesso, certo. Ma se uno deve progettare il futuro deve avere anche delle prospettive alte. Se il Municipio potesse trasmigrare per intero di fronte al Teatro Comunale, se quell’edificio avesse spazio anche per la nuova sede della Polizia Locale, se al piano terra gli sportelli di una banca potessero diventare i nuovi “Uffici Comunali” – e nessuno si sogni di chiamarli ancora Front-Office – allora si potrebbe cercare la quadratura del cerchio. E lo stabile di via Torino? Beh, si troverà pure un modo per usarlo, facendone la sede di qualche servizio specifico. Tutto, purché il Front-Office se lo riprendano gli inglesi…

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