7 Novembre 2017 - 10.29

EDITORIALE- Far west Vicenza, la politica del tutti contro tutti

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Stefano Diceopoli

Eccoci a fare il punto sulla politica cittadina dopo che sono accaduti molti fatti. Sul fronte del centro-sinistra ci sono tre candidati alle primarie che hanno raccolto complessivamente circa sei mila firme e che adesso affronteranno un mese di campagna prima di arrivare alle elezioni fissate al tre di dicembre. Se tutti coloro che hanno messo la firma per questo o quel candidato tornassero a votare alle primarie vere, ci sarebbe un risultato che tutti giudicano buono, soprattutto in un periodo nel quale le elezioni vere vedono cadere a picco le percentuali di partecipazione (come accaduto in Sicilia e soprattutto ad Ostia).
Nel frattempo il Partito Democratico sembra aver deciso di fare di tutto per non portare a casa un risultato positivo. Basta guardare al disastro che hanno combinato con la questione del voto agli stranieri: hanno sospeso il segretario cittadino, senza contraddittorio, messo nell’angolo i tre rappresentanti nominati all’interno della commissione per le primarie. Al centro del contendere la decisione di limitare il corpo elettorale delle primarie fino a farlo coincidere con quello che poi, a primavera 2018, avrà diritto al voto per il sindaco. Certo si poteva allargare quel corpo elettorale anche ai 16enni, anche agli stranieri residenti regolari e il beneficio quale sarebbe stato? Avere qualche migliaio o centinaio di votanti in più alle primarie? Vi pare che il gioco valesse la candela di mostrare tanta divisione e acredine all’interno della coalizione di centro-sinistra? Vi pare davvero che ai cittadini possa interessare? Mah…
Viene poi in considerazione la decisione di Achille Variati di appoggiare apertamente il suo vice, Jacopo Bulgarini d’Elci, fin dal suo scendere in campo. L’ottimo Jacopo è per definizione il delfino di Achille, nessuno avrebbe potuto avere dubbi circa il fatto che, volendo rappresentare la continuità con gli ultimi dieci anni di governo della città, sarebbe stato lui ad ottenere l’appoggio di Variati. Ma era davvero il caso di farlo sapere subito, di prendere le distanze dagli altri due candidati? Era davvero opportuno schierare le truppe in modo così evidente? Giacomo Possamai, candidato ufficiale del Partito Democratico, il partito del sindaco uscente, non avrebbe potuto pretendere che Variati rimanesse neutrale, almeno fino al tre di dicembre? E Otello Dalla Rosa che pur viene dal PD, anche se ha decisamente forzato la mano con la sua Vinova, non avrebbe meritato altrettanto rispetto? Ognuno dei tre oggi cerca di accreditarsi come possibile sindaco, ma la stoffa del leader rimane appiccicata alla giacca di Variati e successori veri non se ne vedono.

Nel campo del centro-destra non va affatto meglio. La Lega, ormai orfana dell’indicazione di origine geografica “Nord”, si sfrega le mani per aver portato a casa un risultato importante dal referendum per l’autonomia. Si parla di circa metà del Veneto che ha deciso di votare e di votare si. Si tende a dimenticare che l’altra metà non è andata a votare, e che quindi ci si trova davanti ad una società spaccata a metà. Ci si dimentica che il risultato del referendum adesso andrà portato alla discussione con un governo che, essendo praticamente in dirittura d’arrivo, potrà semplicemente far finta di nulla e lasciare la palla a coloro che arriveranno dopo le politiche del prossimo anno, ci si dimentica che la strada della Catalogna è irta di ostacoli, ci si dimentica che parlare di autonomia, sognando lo statuto speciale, può essere disastroso. Eppure, la sensazione di forza della Lega sta avendo subito un effetto importante sulla corsa elettorale amministrativa: “vogliamo un candidato della Lega a Vicenza e Treviso”, si comincia a sentir dire dalle fila del Carroccio e basta con queste follie dei tavoli di discussione.
Si tratta di un punto di partenza che non può che indispettire i possibili alleati, a cominciare da Forza Italia. Il rientro sulla scena politica di Silvio Berlusconi e l’effetto che questo ha avuto in Sicilia, sta galvanizzando anche l’umore degli azzurri che, alla Lega, rispondono: “Bene, allora andiamo al primo turno ognuno con il suo candidato e poi vediamo lì come va a finire.” In questo modo la prospettiva è di trovarsi con candidati di partito che si affrontano fra loro in campagna elettorale e che poi dovrebbero convergere su chi prende più voti al primo turno. Ma sono davvero sicuri, a Vicenza, di poter arrivare con un candidato che si assicura il passaggio al ballottaggio? Del resto il famoso candidato che arriva dalla società civile e che mette d’accordo tutti i partiti del centro-destra pare essere sfumato. Il nome credibile era quello del primario di nefrologia Claudio Ronco. Lui è rimasto alla finestra per mesi, ha forse sperato che il suo progetto di portare il reparto di nefrologia nell’ambito universitario venisse finalizzato. Avevano tutti promesso di si, la decisione sarebbe dovuta arrivare da quella Regione che oggi è governata proprio da coloro che si mettevano in fila al suo uscio per chiedergli di candidarsi, ma poi non si è mai arrivati alla firma definitiva. Lui ha preso cappello e non ha detto finora né si né no, ma tutti lo danno ormai fuori dai giochi. Nel campo del centro-destra solo lui avrebbe potuto avere la stoffa del leader, senza di lui non rimane stoffa, ma nemmeno trama e tantomeno telaio. Il che non significa, però, che alla fine la semplice voglia di cambiare non finisca per portare molti voti a questo raggruppamento, nell’ambito del quale Giorgio Conte appare finora l’unico candidato deciso a correre in ogni caso. Giorgio Conte l’esperienza politica per fare il sindaco, ovviamente la possiede. Su di lui, semmai, pesa proprio quell’esperienza. Lo si vede come rappresentante di una politica del passato, amico di Gianfranco Fini, erede di Alleanza Nazionale. Una esperienza che lo vede, nel centro-destra, in buona, anzi ottima compagnia.

E poi ci sono loro, l’oggetto misterioso. M5S, acronimo che sempre più va letto come Mistero dei 5 Segreti, piuttosto che come Movimento 5 Stelle. Liliana Zaltron, candidata sindaco delle passate elezioni aveva preso una batosta colossale, in consiglio comunale è stata eletta solo lei in compagnia di Daniele Ferrarin. Non si ricorda una iniziativa che i due abbiano portato avanti insieme, sembrano avere idee opposte, e sulla gestione del movimento a livello locale non si capisce cosa stia accadendo.
L’effetto trascinamento delle elezioni più recenti, però, non va trascurato. Il movimento grillino nel frattempo ha conquistato Roma, Torino e una serie di città in giro per l’Italia. Arriva a scampoli di distanza nella corsa Siciliana, candida Di Maio come premier e se si arriva al ballottaggio in genere vince.
Daniele Ferrarin ha condotto alcune battaglie che nessun altro voleva o poteva sostenere: si è schierato con il movimento disobbediente al momento di contestare la realizzazione di Borgo Berga, si è avvicinato a posizioni così di sinistra da non trovare uguali. Liliana Zaltron non ha condiviso e si è posizionata su una opposizione molto più blanda. Si dice che non le dispiacerebbe riprovare la corsa fallita cinque anni fa, sperando che l’onda lunga del cambiamento possa favorirla adesso.
Il candidato uscirà al solito da una consultazione in rete, sempre che il risultato sia gradito a Grillo e ai suoi, ma anche qui non c’è alcuna certezza di poter trovare un leader.

Non è troppo tardi. Un vero leader, uno che potesse disporre di un seguito personale guadagnato in uno qualsiasi dei campi dell’impegno economico, sociale, politico della città potrebbe ancora presentarsi e chiedere il voto dei vicentini. In fin dei conti c’è da sperarci. Comunque la pensiate, qualsiasi sia il vostro orientamento politico, credo che affidare la città di Vicenza ad un vero leader, ad una persona che si metta a disposizione del bene pubblico con competenza e capacità di farsi ascoltare, sia interesse di tutti. Andare alle elezioni per scegliere il meno peggio, invece, è una sconfitta in partenza.

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