19 Gennaio 2019 - 9.58

EDITORIALE – É finita l’era degli smartphone?

Riuscireste a vivere senza il vostro smartphone?
Mi sembra di sentire il vostro “No”.
Probabilmente neanche la nostra “Siora Maria” ed il nostro “Sior Bepi” saprebbero farne a meno.  Magari non usano i modelli più sofisticati e costosi, ma al giorno d’oggi se vogliono dialogare con i figli, e magari vedere le ultime foto dei nipotini, almeno whattapp lo hanno dovuto imparare.
Eppure, se ci pensate bene, sono trascorsi solo 12 anni dal 9 gennaio 2007, quando Steve Jobs presentò il primo Iphone della Apple, e sembra che sia passata un’era geologica.
Tanto che ci sembra di averlo sempre avuto in tasca; ma non è così.
Io credo che i meno giovani di noi, quelli per intenderci che hanno imparato a scrivere con il pennino e l’inchiostro, e che andavano a vedere la televisione a casa dei pochi che ce l’avevano, non smettano ancora di stupirsi ogni volta che aprono il proprio telefonino. Ammesso che si possa chiamarlo ancora così, visto che ormai gli smartphone offrono performances simili ad un personal computer, tanto che la possibilità di telefonare sembra diventata quasi secondaria.  E non stiamo parlando di Matusalemme, bensì delle tante “Siore Maria” e dei tanti “Sior Bepi” che hanno circa 65 anni.
In meno di un decennio, gli smartphone sono diventati centrali nelle nostre vite. Per buona parte di noi, soprattutto le ultime generazioni che ci sono nate con lo smartphone in mano, questi apparecchi rappresentano non solo il punto di accesso ad Internet, ma anche alle nostre reti sociali, da quelle familiari a quelle più estese dei social network.  E a dirla tutta, con tutti i rischi derivanti da eccessi di condivisione con sconosciuti, e purtroppo anche con qualche malintenzionato.
Nei primi 5 anni, dal 2007 al 2013, c’è stato un vero e proprio boom a livello mondiale delle vendite, che non hanno subito flessioni neppure durante gli anni più difficili della crisi economica.
Nulla sembrava poter fermare una “rivoluzione” che ha dato vita ad una vera e propria nuova economia, con miliardi di utili e milioni di nuovi occupati, soprattutto in Cina.   E che ha portato la Apple a diventare nel 2018 la prima società americana nel mondo, con una capitalizzazione a Wall Street di 1.000 miliardi di dollari. Con l’evidente spostamento del business dall’economia tradizionale (automobili, costruzioni ecc.) a quella dell’informatica diffusa.
Una crescita inarrestabile, spinta della frenesia di rincorrere gli ultimi modelli, soprattutto i top di gamma, per quanto costosi.  Ricordiamo tutti le code di giovani, e non solo, che bivaccavano davanti ai punti vendita la notte precedente il lancio di un nuovo telefonino, per poter accaparrarselo per primi.
Improvvisamente le cose stanno cambiando.
La rincorsa all’ultimo modello è diventata meno frenetica, lo smartphone sta via via perdendo l’immagine di uno status symbol, le necessità di nuova tecnologia stanno diventando meno impellenti.
E per la prima volta anche i dati delle vendite confermano queste tendenze.
Qualche avvisaglia in realtà c’era già stata: tra il 2013 e il 2014 la crescita delle vendite di smartphone ha iniziato a rallentare, passando dalla doppia alla singola cifra percentuale.
Ma è stato il 2017 il vero anno di svolta.  Nel 2017 infatti per la prima volta  le consegne di nuovi smartphone sono diminuite, e si sono venduti meno dispositivi venduti rispetto all’anno precedente.   I dati del 2018 non sono ancora definitivi, ma sembrano in linea con questa tendenza.
Ma cosa sta succedendo?  Il giocattolo si è rotto?  E se sì, perché si è rotto?
Il primo motivo è che, anno dopo anno, le innovazioni introdotte nei nuovi smartphone sono via via andate diminuendo, e di conseguenza gli ultimi modelli sono diventati meno attrattivi rispetto al passato.
Restando sull’Iphone, che si può considerare quasi l’ “archetipo” degli smartphone, a parte i primi modelli che erano una novità assoluta, ancora nel 2008 chi aveva acquistato l’Iphone 3 e poi era passato all’Iphone 4 poteva notare ancora differenze sostanziali (schermo più grande, batteria più affidabile ecc.).  Lo stesso non si può dire per i modelli successivi. Tra il mod 7 del 2016 e gli ultimi (mod. X ecc.) le differenze sono molto meno evidenti, in quanto l’Iphone 7 era già un ottimo apparecchio per potenza e qualità. Di conseguenza la “voglia” di cambiare telefono è diventata meno pressante. Paradossalmente si potrebbe dire “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”, in quanto il calo di interesse nei consumatori è un po’ colpa della Apple, per l’assoluta qualità raggiunta con i modelli precedenti agli attuali.
Il secondo fattore è la diretta conseguenza del primo, ed attiene al generale calo delle vendite.
E questo calo è sicuramente dovuto alla cosiddetta “saturazione” del mercato, conseguenza del fatto che ormai quasi tutti possiedono uno smartphone vecchio di qualche anno, ma sono poco o per nulla propensi a spendere soldi per cambiarlo.
Non va infine trascurato l’imporsi sul mercato di nuovi marchi rispetto ai due players principali, Samsung ed Apple. Marchi come Huawei, Oppo, Vivo, e Xiaomi, che fanno concorrenza offrendo al mercato smartphone che funzionano bene, che hanno un design ormai decisamente cool, e che soprattutto costano molto ma molto meno.  Anche perché, a dirla tutta, i cinesi non si fanno problemi a copiare i modelli di punta delle case più quotate.
E di conseguenza sempre più persone si chiedono: perché non provarli? Per restare fedeli a marchi che mi propongono modelli con poca innovazione e sempre più costosi?
Forse è un po’ presto per intonare un “de profundis” per Apple e Samsung, ma questi giganti dovranno realizzare che man mano che il settore diventa maturo, gli smartphone diventano sempre più un prodotto come un altro, un oggetto di uso comune, la cui marca non è più un valore aggiunto.   In economia è un processo noto, inevitabile nell’economia di consumo, ma sicuramente preoccupante per Samsung ed Apple, che devono parte delle loro fortune proprio al valore reputazione del marchio.  Così è avvenuto ad esempio per gli apparecchi televisivi; pensateci bene.
Ritengo che i produttori di smartphone si dovranno rassegnare a questa realtà molto diversa rispetto a quella di solo qualche anno fa.
E non è detto che queste nuove tendenze siano negative. Probabilmente si è troppo “idealizzato” questo dispositivo, inducendo nei nostri ragazzi una vera e propria dipendenza.
Quindi un po’ più di “moderazione” non potrà che fare bene, riportando lo smartphone al ruolo che gli spetta, quello di un meraviglioso strumento utile, se non indispensabile, ma pur sempre uno strumento.
VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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