1 Novembre 2019 - 21.03

EDITORIALE – DALLA RELIGIONE ALLA POLITICA, PASSANDO PER HALLOWEEN

Non tutti sanno che l’attuale festa di Ognissanti, che si celebra il 1 novembre di ogni anno, risale al VII secolo, quando Papa Bonifacio IV trasformò il Pantheon di Roma, edificato dai romani come tempio dedicato a tutte le divinità passate, presenti e future, in un santuario cristiano. Successivamente, il 13 maggio 609, lo consacrò alla madre di Dio e a tutti i santi martiri.
Da allora, “la festa di tutti i martiri”, fu celebrata il 13 maggio. In seguito Papa Gregorio III (anno 741) scelse il 1° novembre come data dell’anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro con le reliquie “dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo”, e la ricorrenza di Ognissanti venne decretata festa di precetto da Papa Gregorio IV nell’anno 835.  La festa in ricordo dei defunti, il 2 novembre, venne invece introdotta dalla Chiesa nel X secolo.
Il richiamo alla festività che celebra tutte le figure che si sono distinte  nell’amore per Dio e per il prossimo,  spesso testimoniando le virtù cristiane in forma eroica, ci serve per guardare alla realtà di oggi, che vede una ripresa dell’uso dei simboli cristiani da parte di molti politici.
Mi rendo conto che il vostro primo pensiero va a Matteo Salvini, ma nella storia il capo della Lega non è certo il primo ad utilizzare croci o immagini sacre, ostentando la propria religiosità, facendone il cardine della propria narrazione basata sul buon padre di famiglia e difensore dei valori cristiani.
Non dimentichiamo che in occasione delle elezioni politiche del 1948, le prime dell’Italia post fascista, in cui si scontravano le due “chiese” democristiana e comunista, per convincere i cattolici a non votare per socialisti e comunisti quel “geniaccio” di Giovannino Guareschi coniò lo slogan: «Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!»
Probabilmente ha ragione chi afferma che religione e politica non potranno mai essere del tutto separate.
Ed il motivo sostanziale è che la religione, la cui etimologia deriva dal latino “res ligare” (legare le cose, tenere assieme) ha sempre svolto la funzione sociale di tenere insieme una comunità umana.
Lo vediamo molto bene anche adesso come negli Stati a maggioranza musulmana ci sia un’immediata identificazione fra islam e politica, con la conseguenza che la religione condiziona intimamente e pesantemente le istituzioni statuali.
Ma ciò è accaduto fin dagli albori della nostra civiltà.
Già i re sumeri, la più antica civiltà che si ricordi, erano contemporaneamente sovrani e sacerdoti, e fra le cariche di Giulio Cesare c’era anche quella di Pontifex Maximus, la più alta autorità religiosa romana.   Titolo che detenne anche il primo imperatore, Ottaviano Augusto, e  tutti gli imperatori che gli successero, fino al  376 d.C. quando fu assunto dai vescovi di Roma (definiti da allora “Sommi Pontefici”).
E come dimenticare la visione di Costantino, che, secondo la tradizione, la notte prima della decisiva battaglia con Massenzio, nel cielo notturno vide una croce luminosa con la scritta “in hoc signo vinces” (letteralmente “sotto questo segno vincerai”).   Sui contenuti di questa visione si è molto discusso nei secoli.  Illusione, suggestione, abile strategia, comunque la si veda una cosa è certa, che Costantino sapeva perfettamente che il potere politico ha in qualche modo bisogno di una investitura “sacrale”.
Si tratta dell’uso della religione come “Instrumentum regni”, cioè come mezzo di condizionamento e controllo delle masse popolari.
Concetto magistralmente descritto dal grande giornalista Indro Montanelli, che era solito raccontare che i democristiani come Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti ogni mattina andavano a messa.   Solo che mentre De Gasperi parlava con Dio, Andreotti con il prete, ben sapendo che questi oltre che pastore delle anime, lo era anche dei voti.
Ma tornando all’oggi, durante la campagna elettorale in Umbria, appena finita, abbiamo visto Di Maio invocare il patrono di Terni San Valentino, Matteo Salvini baciare il rosario, Giorgia Meloni  citare ad ogni piè sospinto Dio, Patria e Famiglia. Non dimenticando il premier Conte che porta sempre con sé un’immagine di Padre Pio, mostrata nella trasmissione “Porta a Porta” di Bruno Vespa.
Il fenomeno è a mio avviso interessante, perché negli ultimi decenni l’utilizzo di simboli religiosi da parte dei politici era diventato inusuale.
In parte ciò era dovuto ad una maggiore laicizzazione del potere pubblico, in parte anche alla percezione che il voto cattolico fosse sempre più “evanescente”.
Però in questi ultimi anni, con l’imporsi sulla scena di giovani politici populisti e sovranisti, sembra ritornata l’idea che la simbologia religiosa cattolica sia utile ad ottenere il consenso popolare.
Per la verità il primo a muoversi con questo nuovo approccio è stato Matteo Salvini che, ad esempio, al raduno di Milano con gli altri leader sovranisti prima delle elezioni europee, chiese la protezione dei sei patroni di Europa “San Benedetto da Norcia, Santa Brigida di Svezia, Santa Caterina da Siena, i Santi Cirillo e Metodio, Santa Teresa Benedetta della Croce”, affidando loro il futuro, la pace e la prosperità. E come dimenticare il suo appello al cuore immacolato di Maria in occasione della crisi politica di agosto da lui provocata?
Questa ostentazione di simboli religiosi in contesti politico-istituzionali ha dato la stura a feroci polemiche, e ridato fiato all’eterna disputa sulla laicità dello Stato. Con la gerarchia istituzionale cattolica nettamente ed apertamente ostile, in quanto considera la Lega un partito che si dichiara cattolico, ma che agisce contro i principi della fede, in primis in tema di migrazioni. 
Con le polemiche, sono quindi ritornate di attualità immagini ormai consegnate alla storia, come quella del leader sindacale polacco Lech Walesa, che durante i negoziati con il Governo era solito indossare il distintivo con la Madonna nera di Czestochowa, o di George W. Bush che apriva le riunioni mattutine alla Casa Bianca con una preghiera.  Certo questa pratica suscitava le ironie e le critiche di parte dell’opinione pubblica americana, ma gli valse la rielezione alla Presidenza, nonostante la tragica avventura irachena, grazie al voto trasversale di circa settanta milioni di cristiani evangelici.
Non c’è dubbio che la nuova realtà politica europea, con il sovranismo avanzante anche se non ancora vincente, porta a nuovi approcci comunicativi.
Ecco quindi che i simboli religiosi diventano simboli dell’unità nazionale contro le dinamiche della globalizzazione ed il centralismo della Ue.  L’esigenza dei leader come Salvini è quella di sacralizzare i confini degli Stati, di cui si intende riaffermare la sovranità, e per fare questo è inevitabile il ricorso sempre più frequente, evidente, invadente, al trascendente religioso.
D’altro canto la Lega, allora Lega Nord, fu il primo partito ad attingere a piene mani all’immaginario mitico religioso.
Bossi per anni perseguì un celtismo paganeggiante che aveva un forte impatto emotivo su militanti e simpatizzanti.
Ricordate il rito di attingere l’acqua alle sorgenti del fiume sacro Po, per riempire un’ampolla, che nelle mani del “sacerdote” Bossi, novello druido, si trasformava in una reliquia da riversare nella laguna di Venezia?
In fondo Salvini ha trovato un terreno già concimato, ed ha trasformato con una manovra ardita il neo paganesimo bossiano in un ritorno alla “religione”, attingendo ai valori profondi della tradizione cristiano occidentale.
Il dilemma è se questa nuova tendenza configuri un uso politico della religione, ovvero un uso religioso della politica.
A ben vedere quella della rivendicazione dell’eredità cristiana dell’Europa è il sintomo di un malessere che affligge la cultura e la politica del nostro Continente.  Una sindrome che parte della constatazione di un “declino dell’Europa”, che si cerca di contrastare col “ricostituente” di un ritorno all’antico, ai valori di un passato che si descrive molto più bello di quanto non fosse in realtà.
Come andrà a finire lo sapremo vivendo.
In questi giorni, dimenticando queste nuove tendenze mistico-politiche, vale la pena di celebrare in serenità Ognissanti, e la successiva commemorazione dei defunti.
Riscoprendo queste nostre tradizioni secolari, che oggi vengono in un certo senso falsate da nuove “festività” che nulla hanno a che spartire con l’Europa, e mi riferisco in particolare ad Halloween.  Festività pagana, che nella forma attuale nasce negli Stati Uniti a partire da metà ottocento, per poi attecchire sempre più su vasta scala nella cultura europea secolarizzata, creando un vasto mercato di consumo, dalla cinematografia ai fumetti, dai costumi ai gadget di ogni tipo.
Bisogna insegnare ai nostri bambini  che nei primi due giorni di novembre  si celebrano “tutti i Santi” e si ricordano i defunti, ricorrenze intrise di sacralità, che non possono essere banalizzate in una “zucca”, e svilite nel dilemma “dolcetto o scherzetto”.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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