20 Settembre 2016 - 18.53

EDITORIALE- Ciampi, perché Salvini sbaglia

image
di Marco Osti

Cittadini ed esponenti delle istituzioni hanno sfilato a Roma davanti alla bara dove riposa Carlo Azeglio Ciampi e il Paese ha vissuto un giorno di lutto nazionale, che in questo caso, oltre al dolore per la scomparsa di un uomo di grande levatura politica, risuona anche del profondo orgoglio di averlo avuto tra le sue figure più eminenti.
Ciampi è stato esattamente quello che ogni italiano, quando chiacchiera nei bar o scrive sui social media, dice di volere da un uomo delle istituzioni.
È stato capace nel suo lavoro, dimostrando competenza professionale, rigore e senso del dovere in ogni incarico che ha assunto.
È stato un uomo dello Stato e politico, prima in Banca d’Italia, fino a diventarne governatore, e poi in ruoli fondamentali come ministro del Tesoro, presidente del Consiglio e della Repubblica, dimostrando sempre onestà e rettitudine morale.
È stato autorevole negli incarichi che ha ricoperto, consentendo all’Italia di essere una voce ascoltata a livello internazionale, anche su materie, come quelle economiche, dove avrebbe potuto essere lasciata ai margini.
È stato quello che cittadini chiedono a chi ricopre incarichi pubblici e spesso loro non riescono a essere nella loro vita privata e lavorativa.
Per questo Carlo Azeglio Ciampi, prima di tutto, deve essere ricordato come un esempio da seguire, per la sua dedizione al Paese e per il senso di responsabilità con cui ha sempre operato, anteponendo il bene collettivo a quello individuale.
Non è un caso che probabilmente sia stato il presidente della Repubblica più amato dagli italiani, dopo, ovviamente, l’inarrivabile Sandro Pertini, con cui aveva infatti molti tratti in comune.
Il passato partigiano, l’umanità e la disponibilità nei confronti di tutti i cittadini, soprattutto i più umili e disagiati, il rigore intellettuale e morale, che rendeva ancora più potenti e incisive le invettive contro chi anteponeva agli interessi del Paese se stesso e un effimero tornaconto economico o politico.
Dispiace, nel coro unanime di cordoglio e riconoscimento del valore di Ciampi, avere ascoltato il commento fuori luogo di Matteo Salvini, che lo ha apostrofato traditore, sotto il profilo politico, per essere stato tra le figure che hanno determinato il passaggio dell’Italia all’euro.
Un giudizio del tutto fuori luogo, non solo per essere stato espresso nel giorno della morte, e quindi umanamente del tutto evitabile, ma soprattutto perché non vero.
L’ingresso dell’Italia nell’Unione Monetaria ancora oggi divide molti e può essere un argomento di discussione nel dibattito pubblico, ma non può in alcun modo configurarsi con un’azione ignobile e criminale come il tradimento, che di per sé è assoluta e non tale da prestarsi a valutazioni e opinioni.
Ciampi peraltro ha dimostrato con i fatti di non meritarsi un commento così lesivo della sua dignità.
Anzi. Da presidente del Consiglio nel periodo post Tangentopoli prese le redini del Governo e salvò l’Italia dalla bancarotta, come ha ricordato il presidente della Repubblica Mattarella, con un’azione caratterizzata dal rigore e dal dialogo con le parti sociali, che consentì un periodo di decisioni condivise e lungimiranti, grazie alle quali l’Italia si proiettò fuori da un periodo economicamente disastroso e poté sedere con gli altri Paesi europei nella prima fascia di quelli che avrebbero adottato l’euro.
Un obiettivo storico e di eccezionale valore per un uomo come Ciampi, che ha sempre creduto nell’Europa unita come fattore determinante di pace, tra popoli che solo pochi decenni prima si erano scontrati in una guerra sanguinosa, nata su idee di supremazia e nazionalistiche che oggi purtroppo stanno riemergendo.
Quell’obiettivo, come detto, può oggi vedere qualcuno in disaccordo, ma certamente nasceva dall’idea di portare l’Italia al centro di un processo epocale e storico e di renderla protagonista di un percorso di grande valore umano e politico.
Quanto di più lontano dal tradimento, che certo non può essere evocato da chi in quegli anni gridava inneggiava alla “Padania Libera”, era disinteressato al destino dell’Italia e solo oggi si ricorda dell’importanza dell’unità del proprio Paese, con posizioni nazionalistiche evidentemente in contrasto con quelle secessioniste che evocava allora.
In quel tempo invece Ciampi dimostrava cosa significa mettersi al servizio dello Stato e lo fece con l’amore per l’Italia e gli italiani che l’hanno sempre contraddistinto e di cui diede un segno tangibile quando ripristinò il 2 giugno come Festa della Repubblica.
Un messaggio simbolico di unità a un’Italia lacerata e smarrita, che ha ridato agli italiani l’orgoglio del proprio Paese.
Tutti dobbiamo essergliene grati e come cittadini provare ogni giorno a essere all’altezza del suo esempio.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA