18 Aprile 2018 - 11.00

EDITORIALE – Italia in stallo politico, chi di populismo ferisce …

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È al limite dell’imbarazzante vedere oggi Salvini e Di Maio invocare senso di responsabilità per trovare una soluzione che consenta la formazione di un Governo, richiamando reciprocamente se stessi, le loro forze politiche e gli altri partiti ad anteporre gli interessi prevalenti del Paese a quelli personali o di schieramento.

Il leader leghista, durante la campagna elettorale, e prima, per mesi, ha alimentato negli italiani ogni sorta di paura sociale e di rabbia contro la classe politica e gli avversari, proponendo per vari problemi soluzioni e immagini drastiche, come, sull’immigrazione, l’uso di ruspe, espulsioni e confini blindati.

Il pentastellato fa parte di un Movimento che ha avviato il suo percorso politico con l’idea di abbattere un sistema e gli altri partiti politici, di assumere il potere senza dover fare alleanze con chicchessia, cacciando tutti i critici interni al credo dei suoi leader e accusando gli avversari di essere moralmente indegni.

In entrambi i casi si è fatto uso del populismo nella sua peggiore rappresentazione, quale strumento per influenzare le persone e creare un costante clima di tensione e antagonismo.

Un populismo che è quindi dilagato, fino a diventare parte integrante dello scenario politico.

È stato cavalcato con convinzione e perseveranza da Fratelli d’Italia, attraverso le invettive di Giorgia Meloni; da Forza Italia, anche con trasmissioni nelle televisioni di Silvio Berlusconi in cui l’urlo è stato imposto al ragionamento; dal Partito Democratico, che ha trovato sul punto gli elementi basilari per le sue fratture interne.

Ora, raggiunto lo scopo di ottenere consenso alle urne, il populismo si cerca di abbandonarlo.

Così nel dibattito politico sono scomparse questioni come l’immigrazione e la sicurezza, spesso unite in unico detonatore di tensioni anche violente, non si parla più dell’Europa e delle banche, quali cause di ogni male del Paese e quelli che prima erano antagonisti politici indesiderabili sono diventati interlocutori da cui ci si aspetta assunzione di serie responsabilità.

Mediaset, con un colpo di spugna imbevuta di pragmatismo ha cancellato dal suo palinsesto campioni del giornalismo urlato come Paolo Del Debbio, Maurizio Belpietro e Mario Giordano, finora utilizzati per riempire le loro trasmissioni di attacchi contro chiunque, soprattutto in tema immigrazione, e per invocare cambiamenti radicali. Un martellamento costante, in scena tutti i giorni, in ore di largo ascolto, che ha portato nelle urne conseguenze, ma non quelle attese ai piani alti aziendali, perché la rabbia non è stata convogliata nel voto a Forza Italia.

In realtà il germe del populismo è stato sparso da tutti a piene mani per troppo tempo e ormai ha attecchito nelle persone, è sfuggito di mano, è andato oltre e ha prodotto una furia iconoclasta che si è abbattuta su chi ha provato a sfruttarlo, come Berlusconi e il Pd, in quanto vissuti dagli elettori come parti integranti del sistema, quindi conservatori e da superare, e si sta ora ritorcendo su chi l’ha a lungo cavalcato quando prova a cambiare registro, modalità e messaggi.

Così nessuno dei politici che devono accordarsi, a cominciare da Salvini e Di Maio, può cedere troppo all’altro e ogni giorno tutti guardano i social tanto usati come megafono dei loro strali, per sondare gli umori dei rispettivi popoli, quelli che hanno riempito di idee di rivalsa, quelli ai cui occhi hanno delegittimato personaggi e partiti con i quali oggi dovrebbero allearsi.

Ne emerge uno scenario desolante in cui Di Maio non può accordarsi con Berlusconi; Berlusconi non lascia campo libero a Salvini; Salvini tentenna a mollare il centrodestra per continuare a essere leader di una coalizione e non di un solo partito; Fratelli d’Italia tenta la mediazione per evitare che tutti si accorgano della sua marginalità; il Pd si defila e tutto il Paese assiste attonito.

È vero che ognuno di loro aspirava ad avere la maggioranza assoluta, per non doversi accordare con altri, e per questo forse qualcuno farebbe della democrazia un unico involto da gettare nella spazzatura, ma per fortuna esiste e continua a dettare le sue regole.

Tra i suoi capisaldi ci sono il diritto di ognuno di esprimere idee diverse, il dialogo, il confronto costante e il compromesso tra le varie istanze, che presuppone il riconoscimento dell’avversario politico.

Tutto ciò che in campagna elettorale è stato dimenticato e emarginato oggi viene quindi a chiedere il conto, imponendo di trovare una maggioranza con chi si è prima insultato, dileggiato e delegittimato.

Tra le soluzioni per uscire dallo stallo attuale c’è anche quella del possibile ritorno al voto.

Si ricordino i protagonisti politici, ma soprattutto gli italiani di quanto sta accadendo e che il populismo è un’arma molto pericolosa, perché può portare consenso, ma di fatto ha in sé un germe, che nega la democrazia nelle sue fondamenta e ne impedisce il suo esercizio in modo costruttivo.

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