7 Dicembre 2019 - 11.43

EDITORIALE – A chi conviene il proporzionale?

di Stefano Diceopoli

Da oltre un anno sia il Governo giallo-verde prima, sia quello giallo-rosso adesso, mostrano di non essere d’accordo quasi su nulla.   Ne deriva una continua instabilità, difficoltà nel varo delle leggi, polemiche continue sui giornali e sui social media, attacchi personali fra i leader, ammiccamenti di chiaro contenuto elettoralistico.   Il clou lo abbiamo raggiunto quando certi provvedimenti governativi, a volte importantissimi quale la legge finanziaria,  sono approvati con la formula paradossale “salvo intese”, un “unicum italiano”, che tradotta in parole povere vuol dire semplicemente “abbiamo varato un testo sul quale non siamo d’accordo”. Questa situazione mostra quotidianamente una maggioranza sull’orlo del baratro, e lo sport nazionale è diventato indovinare quanto potrà ancora andare avanti l’Esecutivo.Non badate alle risse sui singoli provvedimenti, ai bracci di ferro sulla plastic tax o quant’altro.   Sono in realtà specchietti per le allodole, in quanto al momento il collante del Governo Conte-bis resta quello della paura dell’avanzata della coalizione di centro destra, che i sondaggi danno prossima, se non superiore, al 50%.In realtà ci sono altri indicatori sullo stato di salute di una coalizione di Governo, ed in particolare uno; la legge elettorale. E questo indicatore, quasi una sorta di “cartina di tornasole”, si palesa quando a livello politico si comincia a ragionare su un cambiamento delle regole con cui andare al voto.Credetemi, quello è il momento in cui i vertici politici dimostrano di considerare chiusa l’esperienza di Governo, e cominciano ad attrezzarsi per il futuro.E, stando a quanto riportato sui media, sembrerebbe che questo momento sia arrivato.Tranquilli, non ho intenzione di intrattenervi approfonditamente sul tema, che è particolarmente tecnico, e richiede approfondite conoscenze di diritto parlamentare, costituzionale, ed elettorale.Ma un concetto dobbiamo comunque introdurlo, vale a dire la sostanziale distinzione fra i due principali sistemi di voto, quello proporzionale e quello maggioritario.Si definisce proporzionale qualsiasi sistema per il quale l’assegnazione dei seggi avviene in modo da assicurare alle diverse liste un numero di posti proporzionale ai voti conquistati.Diversamente si definisce maggioritario qualsiasi sistema elettorale nel quale i seggi non sono distribuiti sulla base dei voti effettivi ricevuti dalle liste, ma vengono assegnati con un premio di maggioranza a favore della lista o della coalizione che ha ricevuto più consensi.Esistono poi numerose varianti, che vengono generalmente definiti “sistemi misti”, e che mirano a coniugare gli aspetti positivi generalmente riconosciuti ai due modelli principali, vale a dire stabilità del Governo e rappresentatività del Parlamento, cercando nel contempo di eliminare o ridurre significativamente gli aspetti ritenuti negativi, penalizzazione delle minoranze e ingovernabilità. Chiarito il perimetro su cui ci muoviamo, qui ci fermiamo, evitando di approfondire le caratteristiche delle varie leggi elettorali che sono state via via introdotte e cambiate nella nostra Repubblica, spesso identificate con nomi improbabili: Mattarellum, Porcellum, Consultellum, Italicum, Democratellum, Speranzellum, Grechellum, Provincellum, Legalicum, per finire con il Rosatellum.Scommetto che non ve li ricordavate, ma come vi dicevo è materia per “tecnici”, e con i libri su questa tema si potrebbero riempire intere biblioteche.Tornando a noi, al ragionamento iniziale, perché è possibile che a questo punto la corsa verso le elezioni subisca veramente una spinta inarrestabile?Partiamo da un’iniziativa della Lega, che nei mesi scorsi, dopo la sua uscita dal Governo, ha iniziato l’iter per un referendum mirante a trasformare il vigente Rosatellum in un sistema maggioritario “puro”, all’inglese, con soli collegi uninominali.  Il nuovo sistema che potrebbe uscire dal referendum secondo l’ex ministro Roberto Calderoli potrebbe essere chiamato “Popolarellum”, confermando così la predilezione per i nomi latini relativamente alla materia elettorale.   Otto Consigli Regionali, Veneto, Sardegna, Lombardia, Friuli, Piemonte, Abruzzo, Liguria e Basilicata hanno votato la richiesta, la Corte di Cassazione ha già espletato il vaglio preliminare previsto dalla normativa, e adesso toccherà alla Corte Costituzionale pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum.  Il pronunciamento è previsto per il prossimo 15 gennaio 2020,  e la relativa sentenza dovrà essere depositata entro il 10 febbraio. Da sempre la classe politica ha evitato di affidare al popolo la scelta del sistema con cui eleggere i propri rappresentanti in Parlamento.Troppi gli interessi in gioco, per cui meglio decidere nelle segrete stanze del potere.In questa logica, capite bene che l’attuale maggioranza 5Stelle-PD non accetterà mai l’eventuale Referendum “leghista”, e poiché bisogna bloccare questa iniziativa, i due Partiti pur litigando su tutto, sono riusciti a trovare un’intesa sulla riforma elettorale.La novità è che pare, e sottolineo pare perché a Roma le cose possono cambiare dalla sera alla mattina, abbiano trovato un accordo su un sistema proporzionale  alla “spagnola”, cioè con soglia di sbarramento dal 4% al 7/8%, a seconda di quanto saranno grandi le circoscrizioni elettorali.In prima battuta, osservo che effettivamente avremmo molte cose da copiare dalla Spagna, il cui spread ad esempio naviga ben 100 punti sotto il nostro, ma forse non il sistema elettorale, che negli ultimi due anni ha portato gli iberici alle urne per ben 4 volte. Sia chiaro che al momento stiamo parlando di illazioni, di fughe di notizie, e quindi i dettagli non sono ancora noti. Comunque se proporzionale fosse, sarebbe un ritorno alla Prima Repubblica, e risulterebbe alla fine che gli elettori italiani che da anni votano per eleggere direttamente il governo di Comuni e Regioni, verrebbero privati della possibilità di eleggere il Governo nazionale; dovranno scegliere una delle liste in campo, e saranno poi i Partiti a decidere dopo il voto con chi fare il Governo.Osservo che non esiste un sistema elettorale “ideale”, e che quello proporzionale l’abbiamo già provato in Italia, finendo poi per convertirlo progressivamente in un sistema misto.E per di più allora c’erano i grandi Partiti usciti dalla guerra, con il loro carico di idealità, mentre oggi siamo di fronte a movimenti “liquidi”, spesso senza strutture, che talvolta prendono le loro decisioni fondamentali affidandosi alla Rete.Ma c’è una domanda che resta nell’aria.Il Movimento 5 Stelle si capisce perché prediliga il proporzionale.  Perché vuole restare l’ago della bilancia, visto che Di Maio teorizza ancora la “terza via”, diversa da destra e sinistra.  Oggi, stando ai sondaggi,  il M5S naviga intorno al 15%, e per restare un attore sulla scena politica, senza essere costretto ad allearsi con qualche altra forza, tipo il PD, deve eliminare la parte maggioritaria.Ma perché il Partito Democratico, che fino ad ora si era sempre chiaramente espresso a favore di un sistema maggioritario di lista a due turni, si sarebbe convertito al proporzionale?   Le evidenti difficoltà a costituire alleanze con i Pentastellati, unitamente alla crescita della destra, ha sicuramente convinto Zingaretti che è meglio puntare, in funzione anti-Salvini,  sul sistema spagnolo, che argina la frammentazione favorendo i partiti medio-grandi,  e che fra l’altro ha anche il pregio di mettere in difficoltà Italia Viva di Matteo Renzi. Ed il Centro- destra?Oggi le intenzioni di voto degli italiani sembrerebbero attribuire al trio Salvini-Meloni-Berlusconi un pacchetto di voti non lontano dalla maggioranza assoluta.E’ chiaro però che l’eventuale modifica in senso proporzionale, rendendo inutili le coalizioni pre-elettorali, e costringendo quindi i Partiti a presentarsi da soli, determinerebbe una dispersione dei voti fra le varie liste, rendendo più difficile raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi.  Sarebbe un netto cambio di prospettiva, in quanto le eventuali alleanze anche le forze di Centro destra le dovrebbero fare a bocce ferme, dopo il voto.  Anche se non lo dirà mai, la cosa potrebbe non dispiacere a Berlusconi, che ormai guida il partito più piccolo del centro destra, con il rischio di rimanere stritolato fra gli arrembanti Salvini e Meloni.  Il proporzionale consentirebbe cioè al “Cavaliere” una maggiore possibilità di movimento politico, potendo far valere il suo pacchetto di seggi. E’ chiaro che stiamo arrivando alla resa dei conti finale, fra un Salvini che sta spingendo per  il maggioritario  tout court, e Pd e 5Stelle che pur di frenare il “Capitano” sono disposti a ritornare alle “pastette”, ai “ricatti”, ai “giochini” della Prima Repubblica.  Quando i Governi di facevano e si disfacevano nelle segrete stanze delle Segreterie, al riparo dagli occhi indiscreti degli elettori, ed i Presidenti del Consiglio erano ostaggi di Partiti e Partitini.Questo conferma che gli interessi del Paese, fra cui il principale è sicuramente la stabilità dei Governi, non è in cima alle priorità dei nostri leader politici, che dimostrano così di essere molto più attirati dalla conservazione del loro orticello di potere.A questo punto i giochi sembrerebbero essere fatti, e la maggioranza attuale dovrebbe presentare il testo del progetto di riforma entro questo mese.  A quanto è dato sapere resterebbe ancora da definire la soglia di sbarramento; le proposte sarebbero una per il 4% ed una per il 5%, e sarebbe ancora da stabilire se si tratterà di una soglia nazionale o circoscrizionale. Resta una considerazione finale.La legge elettorale non è una legge qualunque.  In uno Stato democratico è la norma che detta le regole della rappresentanza, e dovrebbe scaturire da un accordo ampio fra tutti i Partiti rappresentati in Parlamento. Intendiamoci, modificarla anche se a danno di qualcuno non è illegale, è solamente inestetico. Non è etico modificare le regole di un gioco quando si sta giocando, senza l’assenso di tutti i giocatori. In conclusione ritengo profondamente sbagliato fare riforme elettorali a colpi di maggioranza, ed inoltre prima i Partiti prenderanno coscienza che non è più possibile andare avanti con un bicameralismo paritario, meglio sarà per l’Italia.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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