18 Dicembre 2019 - 12.46

EDITORIALE – 21 dicembre 2019: la fine della Lega Nord

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“E’ mia ferma intenzione di impegnarvi in battaglia. Patrioti padani, decisero di lottare contro l’Italia colonizzatrice, combatterono con coraggio, invincibili ed indomiti, e guadagnarono la loro libertà.  Viva la Padania, Viva la libertà”.  
Sembrano parole uscite da una cronaca di storia medioevale.
Ed invece furono pronunciate, davanti ad un mare di bandiere bianco-verdi con il simbolo del “Sole delle Alpi”, da Umberto Bossi poco più di una decina di anni fa.  Se volete vederlo lo trovate in rete digitando “Bossi come Braveheart”.
In effetti le parole dell’allora leader della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania assomigliano molto a quelle della voce fuori campo, che nel film Braveheart  così commenta lo scontro fra gli inglesi e gli scozzesi di William Wallace, appunto il “Cuore impavido” della storia: “Nell’anno del Signore, 1314, patrioti scozzesi, affamati e soverchiati nel numero, sfidarono il campo di Bannockburn. Si batterono come poeti guerrieri. Si batterono come scozzesi. E si guadagnarono la libertà”.
Erano gli anni ruggenti della Lega.
Quelli in cui ogni anno il leader si recava sul Monviso alle sorgenti del Po per raccogliere in un’ampolla l’acqua del dio “Eridano”, che veniva poi versata da riva degli Schiavoni nella laguna di Venezia, a suggello del legame che legava tutti i popoli della Padania, dalle Alpi al mare Adriatico.  Erano gli anni delle adunate oceaniche nel pratone di Pontida, in cui sopra un mare di camicie verdi garrivano le bandiere di tutte le “nazioni padane”. Gli anni in cui giganteggiava la mitica figura di Alberto di Giussano. Gli anni in cui Bossi riuscì a costruire una pseudo “cultura” incardinata su termini quali “tradizione, terra, radici, territorio”, concetti cha avevano il preciso scopo di evocare un presunto mondo contadino o montanaro del passato, posto in un “mondo di prima”, quando tutto era migliore perché c’era solo la “nostra gente”.
Solo per ricordare, la Lega nacque nel 1989, e all’inizio propose una federazione della macro-regione Padania con il resto della Repubblica italiana.  Dopo la rottura tra la Lega , Forza Italia ed Alleanza Nazionale, il movimento virò decisamente verso la scelta secessionista, tanto che nel 1997 l’iniziale denominazione “Lega Nord” divenne “Lega Nord per l’indipendenza della Padania”.
In vista delle elezioni del 2001 Bossi si riavvicinò nuovamente ai partiti di centro destra abbandonando l’idea della secessione in favore della “devoluzione”, cioè un significativo trasferimento delle competenze legislative ed amministrative dallo Stato centrale alle Regioni, in materie come la scuola, la polizia locale, la sanità.  Venne proposta anche una riforma costituzionale che prevedeva fra l’altro anche la ”devolution”, che però venne bocciata al referendum del 2006.
Da abile navigatore Bossi spostò allora il cavallo di battaglia della Lega, individuandolo nel “federalismo fiscale”, che in parole povere voleva dire una maggiore autonomia di entrate e di spese per gli enti locali.
Vi starete certamente chiedendo perché stia parlando della creatura di Umberto Bossi  con toni da epitaffio.
Perché  la “Lega Nord per l’indipendenza della Padania”,  così come l’abbiamo conosciuta, sta veramente vivendo le sue ultime ore.
E l’epilogo della storia sarà sabato 21 dicembre 2019 a Milano, quando 500 delegati si riuniranno alle ore 8,30 all’Hotel Leonardo da Vinci, per sancire la fine definitiva della formazione “nordista” a favore di un Partito a vocazione nazionale.
Premetto che questo passaggio epocale si svolge senza alcun clamore, quasi “in sordina”.
Il sito ufficiale Legaonline infatti non fornisce nessuna indicazione; proprio non ne parla, probabilmente considerandolo un mero atto interno al Partito.
Per cui, tutto quello che leggerete di seguito deriva dalle notizie pubblicate sui media,  sui giornali od agenzie di stampa come l’AdnKronos.
Media che non avrebbero a loro volta saputo nulla dell’appuntamento se non ne avesse dato notizia l’ex assessore lombardo all’Agricoltura Gianni Fava, che, forse non tutti ricordano, è stato l’unico leghista doc a sfidare apertamente Salvini, contestandone la “svolta nazionale” e l’abbandono dei temi cari ai fazzoletti verdi di Pontida. Fava si era addirittura candidato contro Salvini alle primarie del maggio 2017 per la scelta del Segretario nazionale, poi stravinte dal “capitano”.
A parte l’anomalia di un Congresso che si terrà il sabato prima di Natale, quali sono le motivazioni che hanno spinto Salvini a convocarlo ?
Il motivo principale è che Salvini, dopo la svolta nazionale peraltro vincente, non può restare Segretario di un partito che all’art.1 dello statuto indica come finalità del movimento l’ “indipendenza della Padania”.
Soprattutto dopo che lo statuto della “Lega per Salvini premier” è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 dicembre 2018.
Serve quindi un atto politico solenne che sancisca anche formalmente la transizione verso il nuovo soggetto politico, che alle ultime elezioni ha già eletto 180 parlamentari provenienti da ogni parte d’Italia, sud ed isole comprese.
Ma a quanto si apprende dai media, il soggetto politico “Lega Nord” non verrà cancellato, in quanto è il soggetto debitore verso lo Stato dei famosi 49 milioni di euro di contributi elettorali, su cui si è concordato con la Magistratura la rateizzazione in 75 anni.  Un po’ come succede nei salvataggi delle banche, la “Lega bossiana” verrebbe trasformata in una sorta di bad bank.
Alla fine quindi la vecchia Lega non morirà, anche se svuotata del tutto, e tutti i poteri verranno trasferiti alla nuova “Lega per Salvini premier”, di cui uno dei fondatori è Roberto Calderoli.
Il quale sembra sia l’ideatore ed il gestore di tutta l’operazione, basata su modifiche statutarie che prevedono in particolare il superamento dell’art. 33 dello Statuto della Lega Nord, nel senso di consentire la doppia iscrizione.  Quindi, dopo l’assise milanese, i tesserati della Lega Nord potranno iscriversi e confluire anche nella “Lega per Salvini premier”.   Nel contempo dovrebbe essere abolita anche la distinzione fra “Associato ordinario militante”, titolare di diritto di voto, e “Associato sostenitore” che finora poteva diventare leghista membro effettivo solo dopo una prolungata anzianità di tesseramento. In pratica: largo ai nuovi venuti, gli aspiranti leghisti non più solo delle tredici regioni già inserite nella Lega Nord, ma di tutta l’Italia.  Alla fine tutti i militanti transiteranno così nel partito sovranista di Salvini. 
Il Capitano promuove quindi il passaggio alla Lega 2.0, mettendo in soffitta riferimenti nostalgici e divisivi al Nord e all’indipendenza della Padania. Tecnicamente il nuovo Partito dovrebbe essere una federazione di partiti regionali, autonomi da un punto di vista finanziario, che si chiameranno “Lega Lombardia Salvini premier”, “Lega Sicilia Salvini premier” e così via. Ognuna autonoma statutariamente e finanziariamente.
Bisogna riconoscere che, se queste illazioni verranno confermate, si tratta di un’operazione molto intelligente.
Salvini infatti riuscirebbe in tal modo a trasferire nella nuova formazione politica i poteri oggi da lui stesso detenuti nella Lega Nord, unitamente a tutti gli iscritti.
Questo passaggio potrebbe anche servire a sbloccare l’organizzazione delle strutture territoriali, avviando una nuova stagione congressuale a livello locale. Da due anni infatti tutti i congressi locali sono bloccati e le strutture commissariate.
Da quanto scrivono i media sarebbe tutto deciso, ed il congresso del 21 dicembre di fatto sarebbe solo una ratifica.  Una pratica da sbrigare in un paio d’ore, nulla di più.
D’altronde la Lega di Salvini non ha più nulla della vecchia lega Nord di Bossi. E’ cambiato anche il colore di riferimento, il verde simbolo delle valli, sostituito dal blu dei sovranisti.
Ma soprattutto è cambiata l’anima.
Per decenni il progetto leghista di Bossi ha guardato alle periferie degli Stati nazionali, sostenendo ed affiancando ogni tentativo di acquisire maggiore autonomia dal potere centrale e forme di autogoverno.   Al centro della visione leghista c’erano la Valle d’Aosta, i cantoni svizzeri, la Bretagna, le Fiandre, la Scozia, i Paesi Baschi, la Catalogna.
La lega di Salvini si muove invece in una logica nazionalista, ed i suoi nuovi punti di riferimento sono il Front National della Le Pen, ed addirittura la destra estrema spagnola di Vox.
E’ avvenuta una sorta di “mutazione genetica”, e bisognerà vedere se, alla lunga, le idee seminate da Bossi ritroveranno la forza di sbocciare nuovamente; e quindi se Salvini potrà offrire il fianco a chi nelle Regioni della ex Padania non rinuncia all’idea del diritto delle comunità a governarsi autonomamente. Tipo i milioni di veneti che hanno votato nel referendum a favore dell’”Autonomia”, e che i Governi di Roma continuano ancora a prendere in giro senza alcun ritegno.
Al momento comunque, chi ha ancora in casa il fazzoletto verde, o la bandiera con il sole delle Alpi e con Alberto da Giussano, dovrà giocoforza metterli in naftalina.
Per sempre?   Chissà!

a me

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