16 Luglio 2018 - 11.04

ECONOMIA – Voucher sì voucher no

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Come sempre il troppo storpia. Qualsiasi cosa anche la più utile se utilizzata in eccesso o in maniera non corretta rischia alla fine di diventare dannosa. E’ un po’ quello che è successo con i voucher, nati come strumento per incentivare e regolarizzare alcune forme di lavoro, utilizzati poi un po’ da tutti a volte anche in maniera furba disincentivando la stabilità di un rapporto lavorativo a favore della precarietà.

I voucher o buoni lavoro, per chi non conosce la materia, sono sostanzialmente degli strumenti che permettono di regolamentare e regolarizzare un lavoro occasionale rispettando le norme di legge. Inizialmente in fase di sperimentazione servivano prevalentemente per il lavoro occasionale in agricoltura e per determinate categorie di lavoratori quali studenti e pensionati.

Possono essere paragonati a buoni di lavoro perché effettivamente sono dei soldi. Venivano acquistati dal datore di lavoro ed in base alla prestazione lavorativa consegnati al lavoratore. Generalmente il valore nominale era di 10 euro di cui 7,50 netti andavano a favore del lavoratore mentre la differenza andava ai contributi previdenziali.

L’aspetto positivo di questo strumento di pagamento era la possibilità di evitare le lungaggini burocratiche derivanti da un’assunzione, evitando inoltre che qualche furbacchione prendesse delle scorciatoie non contemplate pagando il lavoratore in nero, consentendo di conseguenza di tenere nella legalità le retribuzioni occasionali.

Come sempre sarebbe stato meglio scoraggiare l’abuso e non l’uso evitando la loro soppressione. Fissare un tetto all’utilizzo dei voucher, incentivando l’azienda capace poi di assumere il lavoratore, non sarebbe stata cosa sbagliata.

Altrettanto vero è che dietro i voucher può esserci la forma estrema del precariato, da contrastare in tutte le maniere, poiché crea un danno enorme a quelle aziende oneste e serie che usano forme di lavoro contemplate dai contratti flessibili alterando al ribasso le ragioni della concorrenza.

Al nuovo governo spetta adesso trovare l’equilibrio corretto, con le giuste limitazioni ed i dovuti controlli evitando quel vuoto normativo lasciato a seguito dell’abolizione, su come retribuire i lavori saltuari. La speranza come sempre è che l’ingegno di pochi furbi non vada a compromettere per tornaconto personale la bontà di uno strumento utile a molti.

 

 

 

 

 

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