29 Novembre 2018 - 17.57

ECONOMIA – Mai dire patrimoniale

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Di Fabio Rossi

Come una malattia, nessuno la vuole ma a volte arriva. Come una spada di Damocle sulla testa dei cittadini italiani, nel momento di bisogno delle casse pubbliche ricompare nella scena politica ed economica creando non pochi pensieri nelle famiglie.

Ritorna prepotentemente di scena quindi l’ipotesi di un prelievo forzoso in caso di apertura di un contenzioso tra Roma e Bruxelles. Anche se sono ormai passati 25 anni, i meno giovani, si ricordano benissimo la patrimoniale del 6 per mille sui conti correnti e la relativa svalutazione della lira italiana che condusse le finanze pubbliche ad un passo dal baratro.

Erano necessari 8 mila miliardi di lire per completare una manovra correttiva da 30 miliardi di lire, Amato il governo e i tecnici del tesoro non trovarono altra soluzione, se non quella del prelievo forzoso. Una mano nel cuore ed una nel portafoglio. Purtroppo la cosa che porta più desolazione e che i nostri governanti, a distanza di anni, non hanno imparato la lezione di allora.

Anche se l’attuale Governo giallo verde a più riprese ha escluso il rischio di dover procedere con una patrimoniale, a priori non la si può escludere. Proprio perché in Italia le famiglie hanno parecchi risparmi ed importanti patrimoni immobiliari, che di fatto rappresentano un’importante protezione per lo Stato in caso di shock futuri, l’ipotesi di mettere mano nelle loro tasche per sanare parte dei debiti pubblici non è cosa remota.

L’abbassamento del rating, lo spread che è tornato a livelli preoccupanti, la legge di bilancio che tarda ad essere approvata, sono tutti fattori di malessere che fanno giocoforza tornare la memoria a quanto accadde durante il governo Amato nel 1992.

A onor di cronaca l’unica cosa che può rassicurare, sono le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel dichiarare che in caso di necessità o di difficoltà verranno adottati dei tagli alla spesa per rientrare negli obiettivi prestabiliti.

La speranza rimane quella che i conti, quelli veri, siano fatti con competenza e conoscenza. Non fosse così i risparmi degli italiani rappresenterebbero una indispensabile e fondamentale fonte di finanziamento per lo Stato, nonostante le rassicurazioni dell’esecutivo.

La mano nel fuoco quindi non la si può mettere. Troppo facile nel momento dello sbaglio far ricorso a balzelli più o meno furbi come ad esempio l’imposta di bollo dello 0,20% sui risparmi, introdotta dall’allora Governo Monti nel momento del bisogno, poi diventata perpetua.

Abbiamo uno Stato che spende tanto e male e che si indebita senza riuscire a trovare una soluzione. Di contro le famiglie che risparmiano accumulando delle ricchezze da utilizzare in caso di necessità. La cicala e la formica. Siamo ammalati ma speriamo di non dover ricorrere alla stessa medicina utilizzata nella notte tra il 9 ed il 10 luglio 1992.

Risparmio vuol dire sacrifici, rinunce, e buona gestione delle finanze familiari. Se chi ci amministra per incompetenza e supponenza non riesce a far bene il suo lavoro, dovrebbe rispondere con più responsabilità delle sue incapacità, senza dover far ricadere colpe nei confronti dei tanti che quotidianamente fanno sacrifici per mantenere la posizione di privilegio di chi non ha titolo per averla.

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