11 Dicembre 2018 - 10.43

ECONOMIA – La Rivoluzione Francese

di Fabio Rossi

 

Tirare troppo la corda si finisce con il romperla. Ormai è evidente che in tutta Europa, movimenti e correnti populiste stanno prendendo sempre più spazio, quasi a demarcare prepotentemente l’insoddisfazione del popolo nei confronti di quelle politiche fatte solo di austerità che ad oggi non hanno mai portato i benefici sperati o meglio sbandierati da chi ne è stato fautore.

Quello che sta succedendo in Francia non è da sottovalutare. La protesta dei gilet gialli, potrebbe diventare anche una protesta su scala mondiale, contro quel capitalismo sfrenato, fatto da burocrati incapaci di rinunciare a dei loro personali privilegi. Una rivoluzione quasi pacifica, per recuperare concreti e reali spazi di democrazia e di identità nazionale contro il nemico che si chiama Unione Europea.

Sono emersi prepotentemente dal nulla, grazie al tam tam di Facebook, ma in sole due settimane i gilet gialli sono riusciti a bloccare le strade in tutta la Francia, fino a mettere in ginocchio Parigi nell’ultimo fine settimana, e costringere Macron ad ammettere di aver fatto degli errori per poter disinnescare la protesta. La classica goccia che ha fatto traboccare un vaso già fin troppo pieno è stata l’aumento delle tasse sul gasolio. La rabbia è scaturita in una feroce protesta nazionale.

Per il momento il movimento non ha ne un’organizzazione formale ne un leader riconosciuto, tantomeno fa riferimento ad un partito politico o a delle sigle sindacali. Sono sostanzialmente persone  preoccupate di non arrivare a fine mese e che non vedono spiragli nell’attuale situazione politica, in questo caso francese.

Se il fattore scatenante la protesta è stato l’annuncio fatto dal Governo Macron di un aumento delle accise sui carburanti, la vera scintilla è stata la rabbia di una Nazione nei confronti di un sistema dove regna la disuguaglianza e l’eccessiva tassazione, senza avere dei ritorni a vantaggio del bene comune.

Ci sono anche delle analogie con i movimenti di protesta del 68 in Italia, ma oggi rispetto allora si protesta più per motivi di sussistenza piuttosto che di ideologia. Troppe tasse, un inesorabile declino degli standard qualitativi di vita ed una classe politica troppo egoistica, hanno dato anima ad un malessere generalizzato tra la popolazione francese.

Non c’è da stare allegri e sereni neanche a casa nostra. Se pensiamo cosa sta succedendo in Francia dove le tasse sono comunque più basse che in Italia e dove gli stipendi medi sono più alti avremmo forse buoni motivi per protestare. La speranza che le tante buone promesse fatte dal nostro governo si traducano in realtà, senza causare ulteriori danni alla nostra economia, altrimenti si rischierebbe anche da noi l’insorgere di una nazione tradita un’altra volta nella sua intimità.

 

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