5 Febbraio 2019 - 12.05

ECONOMIA – Calcio, business o passione

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Come sono lontani i tempi in cui le partite di serie A e di serie B venivano giocate tutte di domenica e tutte in contemporanea. Come sono lontani i tempi di novantesimo minuto e della domenica sportiva. Adesso invece le partite vengono spezzettate dal venerdì al lunedì, non si capisce più quando una squadra gioca e chi ha giocato. La domenica sera è impossibile vedere le sintesi dei goal a tarda ora perché dopo aver trasmesso il posticipo iniziano i vari commenti ed il telespettatore di addormenta prima di riuscire a vedere tutte le sintesi delle partite.

Meglio una volta o meglio adesso? Diciamo per praticità che i tempi sono cambiati. Oggi, soprattutto il calcio, compreso tutto quello che gli ruota attorno, non è solo sport e passione, ma prevalentemente business ed industria, basti pensare che rappresenta una delle più importanti industrie d’Italia, con un giro d’affari di oltre 15 miliari ed in costante aumento rispetto gli anni precedenti.

D’altronde lo sport nazionale è una macchina da guerra capace di raggiungere milioni di persone, capace di produrre fatturati elevati anche in momenti di crisi, poco importa la poca moralità di compensi e stipendi fuori dal mondo reale dei comuni mortali.

Il modello più virtuoso in assoluto rimane quello Inglese, non solo per i top club quali Chelsea o Manchester United, ma anche per le squadre minori. In Italia la Juventus è il club con il fatturato più importante costantemente in crescita, grazie ai vari accordi commerciali siglati, all’affermazione a livello sportivo in Italia con la vittoria di scudetti e coppe Italia, ed ai risultati ottenuti in Champions League nonostante non ci sia mai stata la vittoria finale. Ciò nonostante si trova all’undicesimo posto in Europa distante anni luce dai bilanci delle principali squadre inglesi e spagnole. Per far capire la disuguaglianza attualmente in essere basti pensare che un club inglese mediamente arriva a fatturare oltre 230 milioni di euro a stagione, contro i circa 100 milioni di euro di un club italiano. C’è un evidente gap da colmare per le società di calcio italiane rispetto ai benchmark europei, dove i maggiori gap risultano essere i ricavi da matchday e quelli commerciali.

Il mondo del calcio, anche se a volte criticato, è un importantissimo fattore di crescita per l’economia interna di un Paese, che può incidere anche in maniera determinante sulla crescita del Prodotto Interno Lordo ( PIL ), senza dimenticare le entrate fiscali di cui può beneficiare anche l’Erario e quantificate in circa 9 miliardi annui.

Non basterebbero poche righe poi per parlare dell’indotto nascosto che parla di diritti televisivi, vendita di materiale o di gadget, di scommesse per capire la montagna di soldi che gravitano attorno a questo mondo.

Ecco perché, al di là di facili proclami populisti, anche se giusti, che sparano a zero contro i compensi percepiti da giocatori e manager, la miopia dei nostri governanti nel non agevolare tutti i club, non solo quelli professionistici, un po’ come accade in Inghilterra, per far sì che il sistema calcio porti un ulteriore spinta per la crescita interna, perché purtroppo che piaccia oppure no oggi il calcio è prevalentemente Business schiavo degli interessi di chi pensa di sfruttare il pallone per il proprio guadagno.

 

 

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