6 Maggio 2020 - 10.17

Dopo il coronavirus: addio ai soldi in contanti?

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Ricordate le polemiche che negli ultimi mesi dello scorso anno hanno accompagnato il varo del decreto Legge n. 124 del 26 ottobre 2019?Starete certamente pensando; ma quale legge in Italia non vede le forze politiche accapigliarsi? Lo so bene, ma io mi riferisco in particolare all’ art.18, che ha nuovamente abbassato le soglie per l’utilizzo del contante, che dai 3.000 euro attuali diventeranno 2.000 dal 1° luglio 2020, per posizionarsi poi a 1.000 euro a gennaio  2022. La legislazione in tema di “schei contanti, nel nostro Paese ha assunto i toni di una saga, di una “fiaba del Sior Intento” infinita, che vede la contrapposizione di due linee di pensiero; quella che considera l’uso del contante come un mezzo per ridurre l’area dell’evasione, del sommerso, e del riciclaggio, e quella che ritiene questi limiti da un lato inutili, e dall’altro limitativi della libertà individuale del cittadino.  Da qui il balletto, il tira e molla, l’alza e l’abbassa, che dura da decenni, e che ha visto in Monti e Renzi due campioni delle due teorie in lizza.

Bene, dove non è riuscita l’esigenza dello Stato di fare cassa, dove aveva sostanzialmente fallito la cultura digitale, ha potuto il coronavirus.

Infatti, secondo uno studio recente, durante il confinamento a casa, lockdown per i patiti degli inglesismi, risulta che persino le botteghe tradizionali, dal macellaio al panettiere al fruttivendolo abbiano visto più che triplicati i pagamenti digitali. 

Questa tendenza è stata confermata fra gli altri dalla società di consulenza Nomisma, che ha riscontrato un netto calo dei pagamenti in contanti, quantificati in un meno 40%, ed un contemporaneo incremento di quelli digitali, utilizzati anche per le piccole spese quotidiane prima regolate “schei in man”. 

A questo fenomeno si è aggiunto anche un netto incremento degli acquisti on line, che sicuramente hanno contribuito all’incremento dei pagamenti digitali. 

Ad onor del vero la tendenza alla crescita dei pagamenti effettuati con dispositivi elettronici è in atto da qualche anno, ed a favorire questo cambiamento ha contribuito anche la maggiore diffusione dei pagamenti contactless o tramite smartphone. 

Ma questa propensione alla dismissione del contante non spiega l’impennata di questi ultimi due mesi, in cui ha giocato sicuramente qualche altro fattore.

E fra questi sarei portato a puntare il dito soprattutto sulla “paura del contagio”.

In pratica, di fronte ad una pandemia sulla quale anche la scienza ufficiale non riesce a fornire alcuna certezza, si è diffuso il timore che il Covid 19 possa annidarsi un po’ ovunque, e quindi anche nei soldi, sia monete che banconote.

Che  per la modalità di trasmissione “da mano a mano” i soldi siano da sempre considerati come una sentina di batteri e virus è un dato di fatto, e non si tratta di una diceria o di una sensazione.

Credo che ciascuno di voi ricordi bene gli inviti, spesso urlati, della propria mamma a “non mettere i soldi in bocca”, pratica piuttosto comune nella fase dell’infanzia, quando la bocca è utilizzata per prendere coscienza con le cose.

Di conseguenza quando la pandemia da coronavirus si è palesata come la prima epidemia a diffusione mondiale di questo secolo, quando qualche studio ha dimostrato che le goccioline di saliva, con la loro eventuale carica virale, permangono dell’aria per un certo periodo di tempo, e che le stesse persistono anche sulle superfici delle cose, il cittadino comune ha fatto due più due, ponendosi la fatidica domanda: si può trasmettere il coronavirus attraverso banconote e monete?

Se cercate una risposta convincente e “definitiva” siete fuori strada.

I  nostri studiosi hanno mostrato in generale un certo scetticismo, pur non escludendo rischi.  Tanto per citare un solo parere, il prof Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità sul tema ha dichiarato:  “Da quello che sappiamo rispetto alle precedenti malattie infettive respiratorie, Mers e Sars, infatti, il nuovo coronavirus si trasmette molto più velocemente e la via di trasmissione da temere è soprattutto quella respiratoria, non quella da superfici contaminate. E’ comunque sempre  opportuno ricordare l’importanza di una corretta igiene delle superfici e delle mani. Anche l’uso di detergenti a base di alcol sono sufficienti a uccidere il virus”. 

Persino l’ Organizzazione Mondiale della Sanità, coinvolta sul problema non ha saputo fare di meglio che scrivere questa precisazione: “Ce l’hanno chiesto, ma abbiamo solo spiegato, specialmente in questo periodo, di lavare le mani dopo aver toccato i soldi. Il denaro passa di mano con frequenza e può catturare ogni tipo di batterio o di virus. Lavarsi le mani, se si toccano i soldi e soprattutto se si mangia subito dopo, è una buona pratica di igiene, non solo adesso ma in generale”.

Caspita, non so voi, ma io mi sarei aspettato qualcosa di più dalla massima autorità mondiale in materia sanitaria, rispetto alla mera conferma di indicazioni che sono da sempre patrimonio delle mamme italiane, vale a dire che “i soldi  sono un ricettacolo di germi e sporcizia”.

Una volta acceso il faro sul denaro contante, del problema se ne sono fatti carico anche gli Stati.

E così abbiamo appreso che Cina e Corea del Sud hanno  attivato procedure di ritiro e disinfestazione delle banconote in circolazione, arrivando addirittura alla “quarantena” per una o due settimane per il denaro proveniente dalla provincia di Wuhan e dalle altre zone più colpite dall’epidemia.

Questa pratica è stata poi adottata anche da altre Banche centrali, fra cui, a quanto è dato sapere, anche Banca d’Italia.

E così i soldi che ci sono passati per le mani, adesso rimangono stoccati per 7/10 giorni, prima di essere reimmessi in circolazione dopo opportuna sanificazione. 

Date queste incertezze, il cittadino medio ha concluso che in ogni caso forse è opportuno, e più sano, entrare in contatto il meno possibile con monete e banconote.

Da qui il calo delle transazioni per contanti, e l’impennata dell’utilizzo di carte e di strumenti elettronici.  Anche perchè per procurarsi il contante è necessario prelevarlo da un bancomat, con tutti i rischi di infezione connessi al toccare la tastiera o lo schermo dell’apparecchiatura.

Intendiamoci, anche in assenza di certezze assolute, il buon senso spinge a considerare come possibile contrarre il virus di Wuhan toccando il denaro, ma a voler essere onesti non è che la cosa cambi di molto usando le plastic card, visto che c’è addirittura chi sostiene che il virus permane sulla plastica  per tempi maggiori rispetto ad altri materiali, fra cui la carta delle banconote.

E allora? Di cosa stiamo parlando?

Non c’è dubbio che la soluzione meno “rischiosa” per un eventuale contagio sta nei pagamenti via “contactless”, che richiede comunque di avvicinare la carta, o meglio ancora in quelli “da remoto”, che possono essere effettuati con lo smartphone anche senza avvicinarsi alla cassa.

Ma non si può non considerare che, non solo in Italia, le carte di credito e gli acquisti online, che presuppongono una carta di credito collegata, sono anche una questione di inclusione sociale: ci sono cittadini che non hanno un conto corrente e una carta non per scelta, ma per indigenza o per questioni culturali o generazionali.

In particolare i più anziani, molti dei quali continuano a ritirare la pensione agli sportelli delle Poste, e per rendersene conto basta mettersi davanti ad un ufficio o postale nei primi 3/4 giorni di ogni mese.

Per concludere non c’è dubbio che il lockdown è stato finora un test globale impressionante; acquisti online, fatti ovviamente con carta di credito, consegne a domicilio pagate in anticipo, con il pacco lasciato al piano terra, senza nessun contatto con il corriere, e nei supermercati e nei negozi di alimentari un forte incoraggiamento ad usare i pagamenti digitali. Senza contanti, senza contatto.

I pagamenti elettronici rispondono alle attuali esigenze di distanziamento sociale, e quindi è presumibile che la tendenza all’abbandono del contante prosegua ancora per lungo tempo, almeno fino a che il virus sarà definitivamente contenuto.

E’ quindi prevedibile che queste nuove abitudini tenderanno a rimanere nel tempo, e sicuramente ad affermarsi in via definitiva nella maggioranza della popolazione.

Vedremo gli sviluppi futuri, e poiché ormai un po’ tutti cominciano a prendere coscienza che il mondo dopo il coronavirus non sarà più quello di prima, può essere che se “prima” ti potevano capitare esercizi commerciali che non accettavano la tua carta di credito, “dopo” potrebbero diventare una “eccezione”  quelli che accettano contanti.

Una minore circolazione del contante non sarebbe una tragedia, anzi, vorrebbe dire pagamenti più efficienti e tracciati, in un Paese come il nostro vorrebbe anche dire dare un colpo significativo all’economia sommersa, quella che riesce a stare alla larga dai radar del fisco.

Alla fine forse dovremo prendere atto che  il Covid 19 ha determinato una vera e propria rivoluzione culturale per un popolo, come il nostro, da sempre portato a pagare “schei in man”.

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