15 Luglio 2020 - 9.39

Covid-party: la mamma dei cretini è sempre incinta

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di Stefano Diceopoli

Un proverbio molto usato recita che “la mamma dei cretini è sempre incinta”.  Proverbio che consente oltretutto infinite varianti, ottenute sostituendo “cretini” con idioti, stupidi, ebeti, imbecilli, e via cantando.Sono certo che, continuando a leggere, di epiteti ve ne verranno in mente tanti, perchè la notizia di cui parleremo oggi ha dell’incredibile.

Con l’affermarsi dell’uso di parole anglosassoni, anche nella nostra lingua con il tempo si è alquanto diffuso il termine “party”, con il quale si etichettano occasioni di intrattenimento e di divertimento.   Dai cocktail party, in cui si consumano alcolici in piedi, siamo arrivati anche ai “droga party”, riunioni in cui si eccede nell’uso di sostanze stupefacenti, talvolta opportunamente interrotti dall’irruzione delle forze dell’ordine.Ma debbo confessarvi che mai e poi mai avrei pensato che menti bacate avrebbero pensato all’organizzazione di “Covid 19 party”.

Si, avete letto bene, si tratta di feste in cui l’ospite d’onore è il coronavirus.

E’ l’ultima moda made in Usa, un’alternativa alle classiche serate in discoteca, il cui obiettivo dichiarato è quello di ritrovarsi in gruppo in barba alle norme sul distanziamento sociale, mescolando insieme soggetti sani e persone positive al virus, nella speranza di essere contagiati e, guarendo, diventare immuni.Avrete capito che l’idea che sta alla base di queste teste bacate è quella di procurarsi, attraverso il contagio, gli anticorpi che costituirebbero una sorta di passaporto di immunità, per poter riprendere uno stile di vita senza alcuna limitazione.L’idea di farsi contagiare di proposito non è una pratica nuova in America.

In passato, prima che ci fosse il vaccino, molti genitori erano soliti portare i loro figli ai cosiddetti “varicella party” per farli venire a contatto con altri bambini malati, nella convinzione che fosse più pericoloso contrarla da adulti.Ma purtroppo per questi dementi, è ormai assodato che il coronavirus non si comporta come la varicella e può essere letale anche per i giovani, senza considerare che sopravvivere ad un contagio non è garanzia di immunità duratura, anzi.   E’ proprio di questi giorni la pubblicazione di uno studio britannico, ripreso dalla Bbc, secondo cui il livello di anticorpi, prodotti dal corpo umano a seguito dell’infezione da coronavirus, può drasticamente diminuire nel giro di pochi mesi, esponendo di fatto a un possibile secondo contagio, se possibile con sintomi ancora più gravi.A maggior ragione quindi i “Covid party” sono la plastica rappresentazione di una folle idiozia. Come per tutte le mode c’è sempre un luogo in cui qualcuno ha partorito l’idea, e magari con una variante “ludica” per rendere la cosa più interessante, nel senso che il primo dei partecipanti che si becca il Covid vince un premio in denaro. A quanto è dato sapere sono stati i ragazzi dello Stato di Washington ad organizzare i primi covid 19 party ma, come succede in tutti i casi di sfide al “sistema”, la “nuova moda” si è rapidamente diffusa in altri Stati Usa, dall’Alabama alla Florida.In Michigan si sono registrati 43 nuovi casi tra i partecipanti ad una di queste feste che si sono svolte per celebrare il 4 Luglio, giorno dell’Indipendenza americana.In Texas un trentenne, invece del premio in denaro, alla fine ha trovato la morte. La vittima, poco prima di morire, aveva confessato ad un’infermiera il suo errore: “Pensavo che questo virus fosse una truffa, ma non lo era”. A raccontarlo ai media è stata Jane Appleby, responsabile medico del Methodist Hospital di San Antonio, dove il paziente è deceduto. La dirigente non ha rivelato quando si è svolto il party, né quanti invitati ci fossero, o dopo quanto tempo l’uomo è stato ricoverato: “Ho voluto condividere questa storia per ammonire tutti, a partire dai giovani, specialmente qui in Texas, uno degli Stati con un crescente numero record di contagi”. La Appleby ha poi reso noto che solo nel suo ospedale diversi pazienti tra i 20 ed i 30 anni sono ricoverati per complicazioni legate al Covid 19. Ma ha dell’incredibile anche il caso di una diciassettenne, Carsyn Leigh Davis, che è morta in Florida dopo aver contratto il Coronavirus, e la cui madre Carole è stata accusata di averla portata a un Covid-Party in chiesa, e aver  poi provato a curarla con farmaci non approvati dai protocolli medici.  La ragazza era sopravvissuta al cancro contratto in giovanissima età, ma era immunodepressa.Carsyn è morta il 23 giugno, due giorni dopo il diciassettesimo compleanno, dopo aver contratto il Coronavirus. Rebekah Jones, ex data scientist della Florida, ha detto che nel suo report il medico legale ha scritto che Carsyn due settimane prima di morire aveva partecipato a un evento a Miami, in una chiesa con un centinaio di altre persone, in cui nessuno portava le mascherine. Durante i nove giorni successivi la madre Carole Davis, di professione infermiera, le ha somministrato farmaci, idrossiclorochina (che negli Stati Uniti è stata tolta dai farmaci per curare il Coronavirus dopo che Donald Trump ne aveva comprato 63 milioni di dosi) e ossigeno tramite una macchina portatile di proprietà del nonno.   Per completezza di informazione va ricordato che i genitori di Carsyn hanno rifiutato il ricovero il 19 giugno, tre giorni dopo è stata intubata, e i sanitari hanno provato a curarla con il plasma. ma le sue condizioni erano troppo critiche e il giorno dopo è deceduta. Capite bene che, pur maturati in situazioni diverse, i casi del ragazzo texano di trent’anni e della diciassettenne non sono molto diversi, perchè entrambi maturati in ambiti culturali, se così li possiamo definire, di aperta contestazione antiscientifica. Carole Davis, la cui pagina Facebook riferiscono le cronache è un florilegio di teorie della cospirazione “QAnon” (teoria in base alla quale esisterebbe un’ipotetica trama segreta organizzata da un presunto “Stato profondo” contro Donald Trump ed i suoi sostenitori)  e di disinformazione NO-vax, dopo la morte della figlia avrebbe dichiarato a News-Press: “Siamo incredibilmente rattristati dalla sua scomparsa in giovane età, ma siamo confortati dal fatto che non abbia sofferto”, sottolineando che la figlia era una “patriota cristiana”.Non credo sia un caso che certi fenomeni trovino l’humus favorevole nell’America di Donald Trump, che non è sicuramente un uomo di fede, ma ha capito che negli Usa la questione religiosa è ancora viva, e ha lavorato sulle paure del cristianesimo bianco, sia cattolico che protestante evangelico, di vedere un Paese più multi confessionale e multi culturale all’interno dello stesso mondo cristiano.La saldatura di certo antiscientismo ed antivaccinismo con estremismi religiosi, costituisce senza dubbio la base “culturale” di questi Party al Covid negli Stati Uniti.Il problema, soprattutto per ciò che attiene i Covid Party, sta nel fatto che le persone contagiate hanno un’età compresa fra i 15 ed i 25 anni. E purtroppo, pur non parlando apertamente di Party al coronavirus, abbiamo visto anche nelle nostre città movide sfrenate ed assembramenti senza alcun rispetto del distanziamento sociale e dell’uso della mascherina. Francamente pensavo che il lungo lockdown  avrebbe spinto ad una maggiore cautela anche i nostri ragazzi, ma evidentemente non è così.E lo dimostrano le dichiarazioni di Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, che segnala un calo dell’età media dei positivi.I giovani, pur subendo conseguenze meno gravi, non sono al riparo dal contagio come credono.  Tanto è vero che nell’ultimo mese sono quintuplicati gli infetti tra gli under 18, passando dal 2% al 9,43% dei nuovi casi; quasi uno su dieci.E anche nel nostro Veneto si conferma questa tendenza, come reso noto dall’Azienda Zero il 14 luglio , secondo cui l’età anagrafica dei nuovi contagiati si è abbassata: il 34,13% degli infetti, la percentuale più alta, si ha ora tra i 45 ed i 64 anni. La speranza è che la sudditanza psicologica dalla cultura statunitense, cominciata nel dopoguerra, non induca qualche “genio” nostrano a copiare la moda dei “Covid Party”, organizzando follie del genere anche in Italia. “Pensavo che questo virus fosse una truffa, ma non lo era”; queste parole pronunciate dal trentenne texano prima di morire di coronavirus rappresentano  un monito che i  nostri ragazzi dovrebbero sempre avere ben presente.   Perchè nessuno di noi, anche se giovane o adolescente, è invincibile.Stefano Diceopoli

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