25 Ottobre 2020 - 8.45

Covid, la guerra dei dati: Palù sconfessato dall’Istituto Superiore di Sanità

Abbiamo avuto già modo di rilevare, fin dall’inizio della pandemia, la prima ai tempi dei social media, come i veri protagonisti della ribalta mediatica siano diventati gli “esperti”. Virologi, epidemiologi, infettivologi, immunologi imperversano da mesi sui nostri schermi e sulle pagine della carta stampata. Impossibile sfuggire al loro discettare, a meno di non rinunciare del tutto all’informazione.
Le loro interviste sono via via diventate “virali”, e basta ascoltare con attenzione i discorsi dei “Sior Bepi” e delle “Siore Maria” per sentire precisi richiami, che parafrasando l’ “ipse dixit” di antica memoria, si esprimono con citazioni del tipo: “Lo ga dìto Burioni…”, “Gheto sentìo Crisanti?”
In una prima fase avevamo tutti un atteggiamento pseudo religioso nei loro confronti. D’altro canto da oltre un secolo l’Europa ed il mondo non si trovavano alle prese con una pandemia provocata da un virus che si insinua nel corpo quando compiamo l’unico atto veramente indispensabile per la vita; respirare.
Abbiamo così finito, ribadisco sempre nei primi tempi, con assumere un atteggiamento “deferente”, immaginando questi uomini di scienza, freddi e compassati, come macchine infallibili, che a differenza di noi piccoli uomini, giganteggiavano dall’alto delle loro “verità”.
A mano a mano che passava il tempo abbiamo dovuto un po’ ricrederci, non solo perchè abbiamo potuto constatare che non tutti i “vaticini” erano supportati da basi scientifiche, ma anche perchè abbiamo dovuto assistere a momenti di “scadimento”.
In fondo ha prevalso la logica dello “star system” che ha sovraesposto questi luminari, la cui presenza nei talk show, tutti i giorni a tutte le ore, è tale che viene normale chiedersi dove trovino il tempo per fare il loro lavoro nei laboratori di ricerca o nelle corsie degli ospedali.
Ma si sa che il successo mediatico espone a certi pericoli, esaltando il narcisismo sempre presente negli uomini di successo.
Se poi consideriamo che la medicina non è una scienza esatta, e che il Covid-19 è un virus finora totalmente sconosciuto, è comprensibile che possano determinarsi diversità di opinioni, ma non è accettabile che queste si traducano in attacchi personali, talvolta offensivi.
Credo ricordiate lo scontro fra il prof. Roberto Burioni e la collega Maria Rita Gismondo dell’Ospedale Sacco di Milano sulla “letalità” del coronavirus, o quello che ha opposto sempre Burioni al prof. Giulio Tarro, con scambio di battute al vetriolo.
E’ chiaro che i conduttori di talk show, o i giornalisti in genere, vanno a nozze quando percepiscono queste divergenze, e sono maestri nel provocare questi personaggi ad accendere ed alimentare polemiche contro loro colleghi.
Ed il massimo lo si raggiunge quando nel corso della stessa trasmissione si riesce a contrapporre due scienziati su posizioni diverse.
Lo spettacolo che ne esce è forse un po’ deprimente per chi crede nel valore della ricerca medica, perchè in certi momenti sembra di assistere alle dissertazioni dei medici al capezzale di Pinocchio, o di Don Ferrante sulle cause della peste nei promessi Sposi.
Ma poco conta; fra una battuta e l’altra, fra una previsione e l’altra, “the show must go on”, alla ricerca del miglior indice di ascolto.
Va inoltre rilevato che questi studiosi sono come le “perturbazioni intense”, vanno cioè ad ondate. Nel senso che le televisioni, non si capisce bene perchè, in certi periodi privilegiano un esperto, onnipresente, per poi “mollarlo” passando subito ad un altro, in un bailamme mediatico senza fine.
L’ultima di queste “cadute di stile” l’abbiamo registrata con una battuta del prof. Giorgio Palù, che in un’intervista televisiva, a proposito del prof. Andrea Crisanti ha detto: “Lui è un mio allievo, accademicamente l’ho chiamato io ma non è un virologo. Non ha mai pubblicato un lavoro di virologia. Si tratta di un esperto di zanzare”.
La colpa di Crisanti era quella di aver denunciato, come ha sempre fatto, che a suo avviso la mancanza di programmazione sui tamponi avrebbe portato ad un inasprimento delle misure di contenimento molto prima di Natale.
Fra l’altro, con quello che vediamo in questi giorni, mai previsione fu più azzeccata.
Per completezza di informazione va detto che in difesa di Crisanti è intervenuto il prof. Fulvio Ursini, ordinario di Chimica Biologica all’Università di Padova, con queste precisazioni: “Abbiamo assistito in questi giorni ad un violento attacco riportato dai media al prof Andrea Crisanti da parte del prof. emerito Giorgio Palù, attualmente in quiescenza. L’accusa che lui rivolge a chi considera un suo “allievo” è di non aver competenza per operare nell’ambito della virologia e quindi della pandemia da SarsCov2. Questo senza peraltro argomentare rigorosamente su specifici fatti, dati, inadempienze o errori….. Il concetto di “zanzarologo” è prima di ogni altra cosa sbagliato, ed è stupefacente che provenga da uno scienziato. È inoltre inammissibile scientificamente che si voglia generare un monopolio culturale sull’area complessiva della pandemia da parte di chi autoreferenzialmente se ne ritiene titolare sulla base di un curriculum in cui sono presenti lavori su virus”.
Parole, queste di Ursini, pesanti come le pietre!
Ma il prof. Palù ha innescato altre polemiche, a seguito di una sua intervista comparsa venerdì 23 ottobre su uno dei più diffusi quotidiani nazionali.
L’argomento ovviamente non poteva che essere quello dell’esplosione dei contagi in tutto il Paese, che ha già portato al coprifuoco in alcune Regioni, e quasi sicuramente determinerà un’ulteriore stretta a livello nazionale.
Cosa ha detto il prof. Palù?
A proposito dell’aumento dei casi di infezione: “Ecco, parliamo di casi, intendendo le persone positive al tampone. Fra questi, il 95 per cento non ha sintomi e quindi non si può definire malato, punto primo. Punto secondo: è certo che queste persone sono state “contagiate”, cioè sono venute a contatto con il virus, ma non è detto che siano “contagiose”, cioè che possano trasmettere il virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento, con i test a disposizione, non è possibile stabilirlo in tempi utili per evitare i contagi”.
A onor del vero, qualche polemica c’era stata anche a fine agosto, perchè il nostro professore aveva dichiarato che non ci sarebbero stati i presupposti per una “seconda ondata”.
Previsione questa non azzeccata, come da lui stesso ammesso nell’intervista di venerdì. E ci mancherebbe, di fronte ad oltre 19mila nuovi casi in un giorno!
Ma sono state le affermazioni sul problema della contagiosità degli asintomatici ad aver scatenato numerose critiche.
E ciò perchè la tesi di Palù contrasta con i dati pubblicati lo scorso 17 ottobre sul portale Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità. In un documento denominato “Epidemia COVID-19-Aggiornamento nazionale 13 ottobre 2020”, consultabile in Rete da chiunque, si può leggere il numero degli asintomatici riscontrati a pagina 19, precisamente nella tabella numero 17, che riporta le «percentuali di casi di Covid19 diagnosticati in Italia per lo stato clinico al momento della diagnosi e settimana di diagnosi”. Dal grafico in questione si può ben notare che i dati pubblici attualmente a disposizione non sostengono un numero pari al 95% di asintomatici tra i casi positivi al test del tampone. Non solo, ma si possono anche rilevare diverse tipologie di positivi già note e che possono, come gli asintomatici, trasmettere il virus: gli asintomatici (poco oltre il 50%) e i paucisintomatici (15-20%).
Capite bene che posizioni così divergenti, di cui non si sente certamente il bisogno, determinano il solo risultato di creare, ad essere buoni, confusione fra i cittadini, che alla fine non sanno più a chi credere, e possono di conseguenza essere portati a minimizzare i rischi.
Pur rispettando le tesi del prof. Palù, temo che possano essere interpretate dai non addetti ai lavori, cioè da tutti noi, come un invito a non preoccuparsi, tanto infettarsi non vuol dire necessariamente essere pericolosi per gli altri. Il che, di questi tempi, è estremamente pericoloso.
Di questo rischio sembrano prendere coscienza molti scienziati, fra cui spicca l’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano Massimo Galli, anche lui ormai noto volto televisivo.
Il quale, nel pieno della seconda ondata, ha lanciato un appello unitario agli scienziati in cui dice: “Basta dividerci, Dobbiamo fare presto ed individuare un metodo con cui procedere insieme per evitare il disastro”.
Si tratta chiaramente di un invito ai colleghi a spezzare le catene delle divisioni, in nome di un approccio condiviso al dramma dell’emergenza epidemica in corso.
C’è da augurarsi che l’appello del prof. Galli sia fatto proprio da tutta la comunità scientifica, (compreso il Prof. Palù) che in questi lunghi mesi è apparsa purtroppo spesso divisa, spaccata fra “ottimisti strumentalizzabili dal negazionismo” e “pessimisti al limite del catastrofismo”.
Ne guadagnerebbe tutto il Paese.
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA