30 Marzo 2020 - 9.21

Coronavirus, uscirne migliori è un tributo a chi non ce la fa

Questo periodo della nostra storia, in cui l’umanità sta attraversando quella che Papa Francesco, in una piazza vuota di persone, ma colma di sentita e silenziosa partecipazione, ha definito “una tempesta inaspettate e furiosa”, ci pone in una condizione sconosciuta alle ultime generazioni delle società occidentali, democratiche e più evolute economicamente e socialmente.Tutti noi, con sgomento finora sconosciuto, viviamo un tempo che pare sospeso tra la paura e la fragilità di ognuno di fronte all’ignoto e alla malattia, lo sconcerto per la perdita (temporanea) di alcune libertà individuali, il dolore per le vittime di un virus che colpisce senza distinzioni, e si accanisce sui più fragili, e la speranza che arrivi quella soluzione che la nostra fede nel progresso e nella tecnologia e nella scienza considera, non solo certamente raggiungibile, ma dovuta.E qui siamo sospesi, tra questa attesa e il terrore che possa non accadere e tutti noi si venga proiettati in epoche della storia, lontane solo qualche decennio, in cui la vita era una conquista quotidiana, l’indigenza e la fame diffuse, le possibilità e le conoscenze per curarsi incerte, l’aspettativa di raggiungere una serena vecchiaia molto limitate.La convinzione della ragione, per la quale siamo ormai abituati a risolvere ogni problema con una innovazione o un algoritmo, ci indica che l’emergenza sanitaria finirà, la circolazione del contagio sarà interrotta e si troverà un vaccino per il virus e cure per i suoi effetti.È questione di tempo, e quanto questo sarà lungo è comunque un fattore determinante, ma avverrà.In ogni caso dopo nulla sarà più come prima.Ognuno di noi sarà diverso, saranno diversi i rapporti economici e sociali, sarà diverso l’approccio ai problemi.Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, mentre richiamava i Paesi europei a ritrovarsi nei principi solidaristici e comunitari di quell’Unione che hanno fondato, ha detto che “Il senso di responsabilità dei cittadini è la risorsa più importante su cui può contare uno stato democratico …”.Un’affermazione che segna il distinguo tra un Paese libero, in cui la responsabilità non è imposta, ma attribuita al libero arbitrio di ogni cittadino, che la esercita in nome del bene collettivo.Un concetto in tempi attuali quasi rivoluzionario, perché nella sua accezione più profonda rende tutti partecipi di un unico progetto comune e pone tutti sullo stesso piano, per la parte che ognuno può svolgere e per quanto può offrire, smentendo chi alimenta divisioni, distingue tra tipologie di cittadini, attribuisce meriti e colpe, modifica idee e proposte in base alle emozioni o a qualche sondaggio.Nella fatica di ogni singolo individuo si scorge l’unità del Paese e la difficoltà di rimediare alle tante sfide quotidiane, piccole e grandi, che si devono affrontare, in una continua riscoperta di quanto non esistano nemici utili da additare e soluzioni semplicistiche e immediate per problemi complessi, come per molto tempo imbonitori di vario genere e populisti imbevuti di qualunquismo, sovranismo o onniscienza hanno fatto e vogliono far credere.Le soluzioni ai molteplici problemi arrivano, imparando progressivamente, affrontandoli con determinazione e l’umiltà di non sapere, sviluppando il confronto con le diverse opinioni, favorendo il dialogo e la comprensione delle varie proposte, coniugando le diversità di legittimi interessi contrapposti.Uscire da questa situazione drammatica migliori come individui e collettivamente è il tributo più alto che possiamo portare alla memoria di chi purtroppo non vedrà la fine dell’emergenza e per dare un senso e un valore al loro sacrificio.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
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