9 Settembre 2019 - 14.00

BUSINESS – Perché la frutta nei supermercati non è mai matura?

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Dati gli attuali modelli di vita non c’è da meravigliarsi se molti nostri bambini sono convinti che le uova ed il latte nascano nei supermercati.
D’altronde, agli occhi di un’anima innocente che non è mai stata in una stalla, od in frutteto, il luogo di origine di certi prodotti viene identificato in uno scaffale.
Come dargli torto?


Ma con gli anni, e con l’educazione, queste credenze infantili rientrano.
E sicuramente sono più comprensibili di quelle di milioni di adulti che negli States credono che il latte al cioccolato (il famoso milkshake) venga munto da vacche con il mantello marrone.
Ma in questo scorcio di fine estate, stagione regina dei sapori dell’orto e del frutteto, a mio avviso viene spontaneo porsi una domanda.
Perché la frutta che troviamo negli scaffali della grande distribuzione non è mai matura?
Non so voi, ma ogni volta che mi trovo a scegliere la frutta cerco, quasi sempre invano, quella che al tatto si presenta più morbida.
Ma non per una forma maniacale o per snobismo; semplicemente perché una pesca che ha la consistenza di una palla di cannone non può avere gli stessi sapori e gli stessi profumi di un frutto maturo.
Giorni fa ad una commessa che stava disponendo i prodotti sugli scaffali ho chiesto: ma lei se lo ricorda quando la frutta in vendita era matura?
Risposta; un sorriso di comprensione ed uno sguardo che diceva tutto.  Ho ovviamente abbozzato, perché non potevo certo pretendere che quella signora  sputasse nel piatto dove mangia.
Un’altra volta ho posto la stessa domanda al Responsabile di un punto vendita, il quale mi ha guardato intensamente e mi ha detto: “ma non vorrà mica che noi ci prendiamo in corpo la frutta marcia o in decomposizione?”
Per carità, dal punto di vista aziendale il ragionamento fila, se non che ne deriva un corollario ben preciso; quello che a noi poveri consumatori  non resta che o mangiare frutta insapore perché non pervenuta naturalmente a maturazione sulla pianta, oppure lasciarla “maturare” nella fruttiera, ma avendo ben presente che quella non è maturazione, bensì un naturale processo di decomposizione.
Tanto è vero, ma credo ve ne siate accorti con l’esperienza, che la frutta “maturata”, si fa per dire, nella fruttiera , si ammorbidisce  solo in superficie, dando vita a chiazze più scure, ma non in centro.
Ma perché succede questo?
Perchè i gestori dei supermercati sono degli orchi che godono nel rifilarci frutta che attenta alla saldezza della nostra dentatura?
Ovviamente no; le ragioni stanno tutte nel business che sta dietro il commercio dell’ortofrutta.Al riguardo può essere interessante in primis capire (basta andare su wikipedia) la differenza fra frutti climaterici e frutti non climaterici.


In parole povere quelli climaterici sono quelli che, producendo naturalmente l’etilene, l’ormone vegetale che provoca la maturazione, sono in grado di maturare anche dopo essere stati staccati dalla pianta.
Questa caratteristica naturale viene sfruttata dalla grande distribuzione.  Che chiede che i frutti siano raccolti acerbi, in quanto la maturazione (sic!) avviene successivamente, in modo artificiale, a temperature più elevate e con somministrazione atmosferica di etilene esogeno.
Solo dopo questa maturazione “in frigo, e con l’aiuto della chimica, il frutto per Lor Signori è pronto, e viene commercializzato.
Questa è anche la conseguenza dell’allungamento della filiera, perché con una filiera corta si poteva ancora raccogliere frutta “quasi” matura”, con le moderne tecniche di mercato solo roba stra-acerba.
E quindi, poichè i supermercati desiderano che la frutta si conservi il più a lungo possibile sugli scaffali, obbligano i fornitori a raccoglierla acerba, incuranti del fatto che non sarà altrettanto buona, dato che gli zuccheri non si sono completamente sviluppati.
E poi c’è la legge del mercato, che ci dice che le primizie si vendono magari a 2 euro il chilo, ma lo stesso frutto in piena produzione, e arrivato a maturazione, a 10 centesimi.
Questo fa si che le mele che acquistiamo in questo periodo sono quelle raccolte ad ottobre dell’anno scorso, dopo essere state “parcheggiate” per 9 mesi in atmosfera controllata.
Quindi abbiamo capito come la questione sostanziale sia la “distribuzione del prodotto”, non il “fuori stagione” o la soddisfazione del consumatore.
Tutto questo comporta inoltre una standardizzazione della produzione, a scapito di specie vegetali che, per calibro, o per questioni estetiche, non “figurano bene” sugli scaffali dei supermercati.
Per avere un’idea del fenomeno basti ricordare che alla fine dell’ 800 in Italia si contavano circa 8.000 varietà di frutta; oggi siamo a meno di 2.000, e di queste ben 1.500 sono considerate a rischio estinzione.
Per non dire che dietro questo business c’è anche uno sfruttamento dei produttori, che in cambio della certezza di vendere i propri prodotti sono costretti ad accettare prezzi stracciati e tempi di pagamento, per usare un eufemismo, “non immediati”.


Ma d’altronde, contrariamente a quanto comunemente si crede, quella della grande distribuzione non è principalmente un’attività commerciale, bensì finanziaria, in quanto il vero guadagno deriva dai tempi di pagamento dei fornitori, notevolmente postergati rispetto all’incasso della vendita delle merci vendute nei punti vendita.  In parole povere: acquisto oggi la merce, che vendo in tempi ragionevolmente brevi, e pago i fornitori qualche mese dopo l’incasso; qui sta il guadagno vero, e qui sta il vero business!
Bene, vi stare chiedendo.  Dopo questa tiritera, cosa si può fare per riuscire a gustare frutta con il sapore, la consistenza ed il profumo di altri tempi, che sono semplicemente quelli prima dell’avvento dei centri commerciali?
Non è un problema di facile soluzione, soprattutto perché ci siamo abituati a trovare tutto in un unico punto vendita, e questo si concilia bene con i ritmi della vita di oggi.
L’alternativa vera sarebbe ricorrere a punti vendita alternativi al “super” o all’ “iper”, anche se per esperienza personale ho trovato che la frutta che si vende nei mercatini di paese, quanto a caratteristiche organolettiche, non è poi tanto diversa da quella offerta dalla grande distribuzione.
Resterebbe, per chi può, l’opportunità di rivolgersi direttamente ai produttori.
Andare dai contadini, per capirci, per acquistare la frutta raccolta nella stessa giornata o al massimo il giorno prima.  Per riscoprire i sapori della frutta maturata sugli alberi, e non nei frigoriferi, e con l’aiuto della chimica.
Io però sono convinto che noi consumatori avremmo comunque un’arma, che però dovrebbe essere utilizzata in modo massivo, e su tutto il territorio nazionale.
Quale?


Ogni volta che ci trovassimo di fronte a frutta con la consistenza dei “balini da sciopo”, dovremmo cercare il responsabile del supermercato, dicendogli: “vede, io quella frutta non matura non la compro, lo dica ai suoi capi”.
Credetemi che, se facessimo tutti così, basterebbe  poco tempo per modificare le dinamiche della grande distribuzione, che, come detto, è attenta soprattutto agli “schei”.  Sono certo che, di fronte ad una netta presa di posizione dei consumatori, i “signori del supermercato” dovrebbero o rinunciare ai loro lauti guadagni, oppure cercare di offrire prodotti più consoni alle esigenze dei clienti.
Ne guadagneremmo un po’ tutti.  Pensateci!

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