19 Marzo 2017 - 11.45

Banche Venete: col 65% di adesioni alla transazione partirà il rilancio

L’Offerta Pubblica Transattiva per le banche venete sta andando verso il raggiungimento dell’obbiettivo minimo di previsione: i soci hanno risposto in maniera tiepida ma alla fine funzionale al target del 60 per cento che consentirebbe di sgravarle dal mattone del contenzioso. Alla fine, vale a dire mercoledì prossimo, anzi, probabilmente le due banche arriveranno a sfiorare il 70 per cento delle adesioni. Quindi un primo fardello sarà smarcato e l’operazione salvataggio possibile attraverso la fusione dei due Istituti come già nelle volontà di Viola e Mion.
La formale richiesta di ricapitalizzazione precauzionale che è stata fatta venerdì dalle due banche venete, laddove ribadisce che i due istituti sono solvibili, dice quindi tra le righe una cosa importante e cioè che, poiché per determinare la solvibilità non è dirimente il risultato dell’Offerta pubblica transattiva, bensì lo sono gli indici patrimoniali, in primo luogo l’Lcr e la capacità di poter ripianare le perdite pregresse, Popolare di Vicenza e Veneto Banca possono permettersi di accettare un esito dell’Opt fermo attorno al 60-70% di adesioni. Comunque, come riportato dal Sole 24 ore, il rischio litigations sarebbe ridotto notevolmente e si potrebbe procedere poi ad una valutazione più serena anche del rischio cause (i reclami – non le cause – sono all’incirca 10mila a Vicenza e 6mila a Montebelluna). Secondo gli ultimi dati a disposizione, le adesioni sono al 56% del perimetro quote per Veneto Banca e al 53% per la BpVi, percentuali che salirebbero al 60% circa per entrambe le banche sulla base degli appuntamenti già fissati in filiale per i prossimi giorni.

Intanto, anche se i tempi per la fusione si allungano, il progetto è stato ulteriormente caldeggiato – e allegato – anche nella missiva dell’altro giorno alla Bce. La quale sembra aver chiesto due piani industriali separati solo per necessità, visto che le due banche non sono ancora fuse. Ma la richiesta disgiunta sembra non aver nessuna influenza sul piano di fusione. Che resta l’ultima e definitiva “spiaggia” per le due ex popolari. E che passerà inequivocabilmente attraverso la razionalizzazione dei costi – ora le due banche spendono all’anno all’incirca 200 milioni solo di consulenze – e gli esuberi, destinati a salire rispetto ai 1.500 ipotizzati solo qualche mese fa.

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