28 Agosto 2017 - 13.53

AUTONOMIA VENETO,UN REFERENDUM INUTILE DA 12 MILIONI DI EURO

Il presidente Roberto Maroni vagheggia di una Lombardia a statuto speciale, Luca Zaia sogna un Veneto che assomiglia al Trentino o a Bolzano. I due governatori leghisti del Nord Est hanno organizzato un referendum per il 22 ottobre prossimo, invitando i cittadini a votare Si ad una maggiore autonomia per il Lombardo-Veneto.
Non ci sono voluti discorsi, scontri politici, campagne elettorali per mettere in chiaro che ciò che la coppia Zaia Maroni sta organizzando rimarrà semplicemente un sogno. E’ bastata una decisione, peraltro asettica e neutra, arrivata dal ministero dell’Interno: non si dovrà portare la tessera elettorale quando ci si presenterà alle urne il prossimo 22 ottobre. Non ci sarà il timbro ad ufficializzare la consultazione popolare come accaduto in passato per referendum di livello nazionale – pur se falliti per mancanza di quorum.
A prima vista potrebbe sembrare una decisione priva di conseguenze, e invece è decisiva. In questo modo la consultazione di veneti e lombardi, che poteva essere politicamente forte, diventa poco più che un sondaggio d’opinione, una consultazione semiclandestina, la conta per alzata di mano della riunione di condominio, un pari e dispari fra amici.
“Se saremo tanti a votare al referendum – diceva Zaia qualche settimana fa – allora dimostreremo di essere un popolo e di poter rivendicare dei diritti”. Oggi il valore simbolico della consultazione è stato disinnescato e la forza di andare a battere i pugni sul tavolo del governo sembra essere molto meno impetuosa. Senza dimenticare che per questo sondaggio informale finiremo comunque per spendere qualcosa come 12 milioni di euro.
Chi ha pensato a questa soluzione è ovviamente un fine politico. L’idea del referendum, infatti, aveva sparigliato le carte della politica veneta. Il fronte del centro-sinistra si era ritrovato impreparato e spaccato, costretto ad ammettere che l’autonomia è un valore e che nessuno si sognerebbe nemmeno di schierarsi per il no. E infatti si era assistito al balletto del Pd, per mesi incerto sulla posizione da prendere e alla nascita di un comitato per l’astensione che di fatto rappresenta la posizione più “estremista” che il Veneto riesca ad esprimere.
Adesso si può arrivare anche al plebiscito, ma lo Stato ci sta già dicendo: “Non illudetevi, non vi mettiamo nemmeno il timbro sulla tessera elettorale, il vostro voto non vale un accidenti!”
Sul voto la Lega si sta impegnando molto, con tutti i propri esponenti lanciati in una campagna elettorale senza tregua a partire dal primo settembre e questo potrebbe anche distrarre il carroccio da impegni più seri: scegliere i candidati per le comunali e quelli per le prossime politiche. Anche nel campo del carroccio, infatti, il peso politico dei parlamentari, nazionali o europei, non è stato tale da portare grandi risultati sul territorio, tantomeno sul fronte del referendum.
Nel frattempo, quello stesso Stato dal quale il Lombardo-Veneto vorrebbe affrancarsi, zitto-zitto che cosa ti combina? Mette in campo i Prefetti e organizza i bandi per l’accoglienza dei richiedenti asilo e nel Vicentino stanzia 75 milioni di euro per una quota di 2900 persone. Una cifra enorme: ho sentito la senatrice Erika Stefani andare in televisione e parlare di una cifra che basterebbe a costruire ex-novo 14 scuole. Dagli stessi schermi televisivi il consigliere comunale Raffaele Colombara parla di una cifra pari all’intero bilancio del comune di Vicenza. Sono talmente tanti soldi da far gola a chiunque, sono talmente tanti soldi che c’è da star certi che ci sarà la corsa ad accaparrarseli. A Parigi si tiene un vertice europeo sui migranti, ma se le premesse sono queste, c’è da star certi che molto poco è destinato a cambiare a livello locale.
Il clima non è buono e la paura dei cittadini non va sottovalutata. Nelle città italiane nascono nuove strutture e il paesaggio si modifica grazie all’istallazione di barriere di cemento destinate ad evitare attentati come quello messo a segno sulle Ramblas. Ci si dimentica che quell’assalto è probabilmente figlio di un fallimento, dal momento che i terroristi avevano ammassato bombole di gas in un edificio e che non l’hanno usato solo perché sono stati a loro volta vittime dell’esplosione che avrebbero voluto provocare. La paura si farà sentire nella cabina elettorale: al momento del referendum e soprattutto al momento del voto amministrativo e politico. E chi per primo troverà il modo per rassicurare la gente, avrà vinto.

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