26 Gennaio 2017 - 10.43

ATRO CHE DEMOCRAZIA: L’ODE DI GRILLO PER L’UOMO FORTE

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Beppe Grillo ha indicato la via per la concreta soluzione dei problemi italiani e mondiali.
Avere al potere uomini forti, come sono, secondo il comico genovese, assurto a capo politico, il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump e quello russo Vladimir Putin.
Dopo anni in cui il capo popolo dei pentastellati ha discettato di democrazia diretta e votazioni online, alla fine emerge il vero volto di quello che può produrre un movimento populista.
Una profonda e viscerale passione per il potere e il suo esercizio senza condizionamenti, esattamente come viene gestito lo stesso Movimento 5 Stelle, dove chiunque osa opporsi alla volontà dei vertici, da nessuno eletti a tale ruolo nell’organizzazione, viene epurato, esposto al ludibrio dei seguaci ed espulso.
In fondo Grillo non lo ha mai nascosto il suo lato intransigente a qualsiasi forma di opposizione, come dimostrano la sua avversione per qualsiasi giornalista non gli dia ragione e molte sue affermazioni durante i comizi, in cui spesso ha rivendicato la volontà di avere oltre il 50 per cento dei consensi, per poter agire indisturbato, forte di una maggioranza che non obblighi ad alleanze.
Del resto chi sostiene un’idea politica fondata sulla convinzione di avere sempre e comunque ragione, in merito a qualsiasi argomento, dalla politica economica alle scie chimiche, non intende trovare soluzioni condivise con altri, non vuole ascoltare pensieri, idee e proposte differenti, non ha interesse per il confronto e il dialogo.
Ha un solo obiettivo: ottenere il potere per usarlo indisturbato.
Le proposte che vengono avanzate sono quindi quelle che più possono raccogliere consenso, rimestando, se necessario, in qualsiasi angolo recesso della rabbia e della delusione delle persone, anzi, alimentandole scientemente, individuando colpevoli da additare e da abbattere, nella convinzione che si è unici detentori della superiorità morale per poter risolvere i problemi.
In questa concezione onnipotente ciò che vale per se stessi viene proiettato sullo stesso popolo, convincendolo di valere più degli altri, di essere depositario di quella stessa superiorità, non si sa da chi attribuita.
Non serve, a chi si considera designato di una investitura assoluta, integrarsi con gli altri, aprire dialoghi con altri popoli, perché si può fare bene da soli, chiusi nella propria realtà.
Così nascono i nazionalismi e le idee che uno Stato e il suo popolo si sentano e rivendichino di essere superiori agli altri.
É la stessa logica che in Europa ha generato la Brexit decisa in Gran Bretagna, che guida le politiche anti immigrati di paesi come l’Ungheria, che è presente nelle proposte che vedono vicini Marine Le Pen, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, e che trova ancora più rilievo nella politica di Trump, il quale prefigura scenari nazionalistici, intende attuare misure di protezionismo economico e di forte avversione agli immigrati, con grande diffidenza verso tutto ciò che è straniero e nei confronti di accordi di collaborazione consolidati e storici, come dimostrano le sue dichiarazioni di fastidio nei confronti della Nato.
Sono le tipiche dinamiche del populismo, quello di cui si imbevono nazionalismo e accentramento del potere nelle mani del leader, il quale decide senza opposizioni, perché lui, e solo lui, è investito dal popolo e può parlare e agire per il popolo, in una rievocazione moderna di quelle teorie superomistiche di Nieztsche che sembravano sepolte dalla storia.
Proprio la strumentalizzazione delle concezioni antidemocratiche e di esaltazione della volontà di potenza del filosofo tedesco favorì la salita al potere di Hitler in Germania nel 1933, che avvenne, è bene non scordarlo mai, attraverso una elezione democratica su cui costruì il culto di se stesso, richiamando la sua investitura direttamente dal popolo, esattamente come molti altri dittatori nella storia.
Eccolo il populismo nella sua perversa degenerazione, quello che Papa Francesco analizza come conseguenza della paura e della richiesta delle persone di trovare una identità in qualcuno che li rappresenti e che ha indicato come condizione per la presa di potere del Führer.
Solo Matteo Salvini, che di essere un populista si vanta, può auspicare, come ha detto in una intervista, che il Santo Padre non abbia fatto tale dichiarazione, di cui la storia ha invece ormai sancito la validità.
Le affermazioni di apprezzamento di Grillo per Putin e Trump, confermano quindi solo quanto era già evidente, e forse solo non chiaramente espresso, e non è un caso che in quest’ambito c’è chi prefigura una possibile alleanza tra lo stesso Grillo, Salvini e la Meloni, per governare in Italia, nell’eventualità si dovesse votare con il sistema proporzionale.
Tutti quanti accomunati dall’idea che la soluzione ai problemi del mondo sia garantita da un leader forte, che parla in nome del popolo.
Tutti affascinati dalla stessa logica che ha prodotto lo sviluppo dei nazionalismi e le peggiori sciagure del Novecento.
Tutti pronti a immaginare un’Europa divisa da muri reali, economici e ideologici e sostenitori di chi negli altri Paesi declama le loro idee e gli stessi progetti politici.
Come se la storia del secolo scorso nulla avesse insegnato.
Con l’aggravante che gli Stati Uniti, questa volta, per almeno quattro anni, non sono pronti ad attraversare l’Oceano per venire a salvarci da possibili derive autoritarie, perché il loro presidente, il loro uomo forte al potere, pensa come loro, è convinto di rappresentare tutto il popolo, a prescindere dai voti ottenuti, ed è, di fatto, uno di loro.

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