4 Ottobre 2017 - 20.23

ARZIGNANO – Il recupero del Ponte Romano dopo anni di abbandono

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Arzignano riscopre il ponte romano di località Canove, grazie ad una serie di interventi di riqualificazione dell’area. Un primo passo importante è stato fatto nelle scorse settimane, in vista dell’evento Archeologia in bicicletta, ideato dal Museo di Archeologia e Scienze Naturali “G. Zannato” di Montecchio Maggiore in collaborazione con il Comune di Sovizzo, il Comune di Arzignano e il Comune di Montecchio Maggiore (evento poi annullato e rinviato a causa del maltempo).
L’area è stata ripulita dalla folta vegetazione che ne impediva la fruibilità e metteva a rischio i basamenti del manufatto romano. Il Comune di Arzignano sta così accogliendo la richiesta della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, che ha effettuato una ispezione del sito nel 2015 e, successivamente, all’inizio di quest’anno.
Si tratta di un importante monumento di età romana, presumibilmente imperiale o tardo imperiale, sottoposto a vincolo archeologico e costituito da due coppie di piloni in blocchi lapidei che presumibilmente sorreggevano un ponte passerella collegato ad un antico asse stradale. Il ponte è stato rinvenuto nel 1966 durante alcuni scavi di ghiaia e fu messo a giorno negli anni successivi. Successive analisi dimostrarono che si trattava di un ponte romano unico nel suo genere, dotato di particolari accorgimenti che permettevano di portare l’acqua nelle campagne circostanti. Fino a poco tempo fa l’area non era praticabile per la proliferazione incontrollata della vegetazione arborea e arbustiva che ne impediva la vista e ne minava le fondamenta.
L’amministrazione, accogliendo la richiesta della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, ha dapprima pulito l’area, quindi ha deciso di finanziare un intervento di consolidamento grazie ad una convenzione con il privato proprietario dei terreni sui quali l’importante sito insiste.
“Pochi in passato hanno avuto la fortuna di vedere quest’area archeologica, considerata tra le più rilevanti del Settentrione” dichiara l’assessore ai Lavori Pubblici Angelo Frigo. “L’amministrazione ha deciso di recuperarla per restituirla non solo ai cittadini di Arzignano ma a tutti coloro che intendono scoprirla. Grazie all’impegno della Soprintendenza e agli stimoli del museo Zannato di Montecchio abbiamo deciso di stanziare le risorse per ripulire l’area e intervenire e restaurare le colonne dell’antico ponte. Questa amministrazione è sempre stata sensibile verso la tute la del proprio patrimonio culturale, basti pensare ai restauri recentemente fatti al Castello e Porta Cisalpina, ma anche per costruire una strada che tolga il traffico dalla piazza medievale. Vogliamo continuare a lavorare per tutelare la storia ed il patrimonio artistico ed architettonico della città”.
“Riteniamo doveroso intervenire in quel sito che di fatto è stato dimenticato per decenni”, commenta il Sindaco di Arzignano Giorgio Gentilin. “Un sito che le precedenti amministrazioni hanno ignorato e che dall’inizio del mio primo mandato avevo in animo di valorizzare perché fa parte della cultura del nostro territorio. Il ponte romano di via Canove ad Arzignano è un sito che merita di essere visitato e conosciuto per la sua bellezza ed importanza, anche in vista di una sua promozione, che il Comune di Arzignano ha già in animo di realizzare. Invito quindi tutti i cittadini a considerare questo luogo straordinario come tappa delle loro visite o passeggiate nel territorio”.

NOTE STORICHE – Estratto da
V. GALLIAZZO, I ponti romani, Canova, Treviso 1995 (pagg 227 e segg)

458 Arzignano. Località Costo. Ponte con probabili soprastrutture di legno su un torrente locale ora scomparso. Serviva un tracciato viario locale.
Ad oltre km 1 ad Est del centro abitato in mezzo alla campagna tra il torrente Agno che scorre a circa m 600 ad Est e il torrente Poscola che sta a circa m 800 ad Ovest (quale dei due corsi passasse sotto il ponte nell’antichità è incerto). Rinvenuto nel 1966 durante scavi di ghiaia e messo a giorno poi negli anni successivi, questo manufatto fu inteso per un’opera idraulica romana di incerta destinazione. A nostro avviso invece, dopo una attenta ispezione, tale struttura appare come un singolare ponte romano che aveva particolari accorgimenti per portare l’acqua nella campagna circostante, senz’altro un unicum nel quadro degli antichi ponti romani. Costruito per un torrente che scorreva da N-N-E verso S-S-O, il presente manufatto mostra ancora in opera la probabile spalla sinistra e 2 pile per una lunghezza totale di oltre m 21 ed una larghezza massima di circa rn 4. Più in particolare la spalla frammentaria e variamente sbrecciata mostra con i muri d’ala una forma arcuata la cui corda appare di ben m 11,70; costruita su una palificata di costipamento di pali di rovere (ognuno dei quali ha un diametro di circa cm 30), essa mostra attualmente in opera il suo probabile nucleo in opera a sacco con ciottoli fluviali cementati da abbondante e dura calce (un grosso blocco staccato di esso sta nell’alveo). A circa m 8 dalla spalla e a m 4 dal blocco rovinato si trova la prima pila ora su un moderno basamento, ma che in origine probabilmente poggiava su una palificata di costipamento. Attualmente la pila mostra di essere costituita di uno zoccolo formato da un filare di 2 soli lastroni rettangolari larghi m 1,25 accostati per il lato minore, mentre l’alzato, di pianta lievemente minore, piuttosto di essere come al solito con un unico corpo, è invece dato da… due pilastri alti circa m 3,80, ognuno dei quali poggia su una sola lastra dello zoccolo: il pilastro a monte ha pianta pentagonale larga in 0,93 e lunga 111 1,54 ed appare costituito di 8 grandi conci sovrapposti e sagomati in modo da formare a monte un rostro a diedro acuto smussato nel vertice; quello a valle invece è a pianta quadrata con lato di cm 90 (3 pedes) e mostra 7 conci sovrapposti di varia altezza (quello superiore ha pianta più larga degli altri); nel mezzo la pila è invece vuota e libera e i due pilastri stanno alla distanza di m 1,31. La seconda pila è pressoché identica alla prima e dista da questa m 7,73. Tutti i conci sono di pietra bianca di Chiampo, bene squadrati, con facce a vista ruvide e sono posti in opera a secco con piani di giunto perfetti: molti di essi mostrano incavi per l’alloggiamento di grappe e forse dei perni saldavano i conci con lo zoccolo. Nessuna traccia invece appare della spalla sinistra. A monte del manufatto e ad una distanza media di circa m 2,05 – 2,40 dallo zoccolo delle pile stanno a congrua distanza 3 pali di rovere fortemente infitti nell’antico alveo con allineamento lievemente obliquo; altri 4 pali si presentano invece quasi allineati lungo una linea che segue i muri d’ala: tutti mostrano un diametro medio di cm 30. Questo eccezionale manufatto ha tutte le caratteristiche di un ponte con pile e spalle di pietra su cui dovevano poggiare le travature orizzontali del piano di calpestio di legno. La relativa altezza delle pile sul piano di campagna fu superata creando delle poderose rampe sulle spalle che finirono per invadere l’alveo del torrente, richiedendo così dei poderosi muri d’ala tanto a monte quanto a valle.
I due pilastri di ciascuna pila di ciascuna pila potrebbero intendersi come la traduzione in pietra delle stilate o palafitte a sostegno di un ponte ligneo e al tempo stesso i rispettivi varchi lasciati liberi in ogni pila potrebbero essere degli espedienti messi in atto per permettere il flusso dell’acqua deviandola verso la campagna circostante con tavolati appoggiati internamente contro i singoli pilastri posti a valle: forse per trattenere e regolare l’impeto della corrente si creava un modesto sbarramento a monte, trovando appoggio nei pali infitti ivi rinvenuti. Si tratterebbe dunque di un ponte viario trasformabile in ponte di sbarramento e di irrigazione in momenti di necessità (si vedano il Ponte della villa di Nerone presso Subiaco al numero 73, il Ponte di Montignies-Saint-Christopbe in Belgio al numero 465 e il Ponte in un argine di contenimento a monte di Aezani in Turchia al numero 840).

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